Filippo, sempre attento a trovare le espressioni più appropriate quando si tratta di comunicare concetti difficili o idee mai espresse, afferma: “Nessuno di noi ha visto il processo della risurrezione. Possiamo soltanto ricorrere a qualche analogia per tentare di chiarircelo. Mi pare che l’immagine più adeguata sia quella del chicco, tante volte utilizzata dal Maestro nelle parabole, che si trasforma in stelo e spiga, una nuova vita. Dall’annunzio che hanno ricevuto le donne possiamo dedurre che sia qualcosa di già accaduto, perché il Nazareno non sta risorgendo e nemmeno risorgerà in futuro, ma è il Risorto, più che una speranza, una certezza”.
“Quel che ancora mi sconcerta è il fatto che egli sia apparso per prima a delle donne”, soggiunge Pietro. “Riuscite a spiegarvelo? Secondo la nostra prassi testimoniale la parola di una donna non ha valore giuridico, nessun tribunale l’accetterebbe come prova. Continuano a ripetere di essere andate alla tomba con l’intenzione di ungere il corpo di Gesù, non immaginavano nemmeno lontanamente quello che avrebbero sperimentato. All’inizio non hanno creduto alle parole ascoltate. Come potevano? Il sepolcro era l’unico legame che le univa al Nazareno defunto. La fredda esperienza della tomba dava loro la sensazione di una presenza, di poter mantenere un legame col Maestro che avevamo perso. Non hanno incontrato il Risorto, ma la sua tomba, che è il perno della loro testimonianza. Luogo tipico della morte, è testimone della risurrezione di Gesù. Le donne descrivono la sua trasformazione: è aperta. La pietra non separa il mondo dei vivi da quello dei morti. Quando arrivano il masso era già stato ribaltato; però non capiscono: il loro sguardo indagatore le induce a ritenere che forse sia stato fatto rotolare da un ladro o da profanatori di sepolcri. Ma notano che la tomba non solo è aperta, bensì anche illuminata. Il luogo per eccellenza delle tenebre brilla di un biancore inusitato, il colore del cielo. Solo allora sentono l’invito a non spaventarsi perché è risorto. In quel momento la tomba diventa per loro un luogo inutile: la morte è sconfitta dal vuoto di quel sepolcro. Da allora le donne lo vanno asserendo, il loro è il messaggio della tomba vuota: il sepolcro è stato trovato vuoto, la morte ha cominciato a morire. Per il Maestro risorto parla la sua tomba: essa è aperta, illuminata, vuota e Gesù ci attende, precedendoci, in Galilea”.
“Capite, cari fratelli”, interrompe Giovanni col sorriso stampato sul viso e gli occhi colmi di gioia. “Egli ci ha dato un appuntamento. Chi sembrava ormai appartenere soltanto al passato è invece avanti a noi, ci precede e dal suo futuro di Risorto invita a raggiungerlo per entrare nel Regno. Essere in questo futuro come discepoli è il modo migliore per esprimere la profondità della risurrezione. Fino ad ora la morte ha sempre e definitivamente relegato nel passato quelli che ghermisce. La loro storia sembra fissata per sempre in un bilancio definitivo; invece Gesù, appunto perché il Risorto, non è e non sarà mai bloccato nel passato della condizione di crocefisso. Crocefisso risorto ci precede nel futuro non in un posto a noi sconosciuto, oltre la nostra limitata esperienza di mortali. No! Le donne hanno riferito che ci attende in Galilea, luogo che evoca le immagini e i ricordi più belli del Maestro. Più vivo che mai, egli cammina avanti a noi, promessa di una vita piena e gioiosa, di qualcosa di bello che possiamo sperimentare andando verso di lui. Il messaggio è superiore alla nostra capacità di comprensione. Lo ammetto. Ci lascia di stucco pieni di spavento e di stupore, come le donne che all’inizio non hanno detto nulla perché impaurite. Certamente non possiamo rimproverarle; anche noi la scorsa settimana siamo fuggiti. Perciò, ora riprendiamo tutti la via della Galilea alla ricerca della vera vita con Gesù. È l’esperienza che siamo invitati a fare per testimoniarla agli altri”.
Matteo, che aveva fatto continui cenni di assenso mentre parlava Pietro, mostra di avere ben compreso il significato della pietra rotolata e commenta: “Netto ed evidente appare il contrasto con le guardie, che si affrettano ad allontanarsi dalla tomba per riferire ai sommi sacerdoti quanto è avvenuto; accettano una ricompensa in danaro, da loro ritenuta più importante di quanto è appena accaduto al Nazareno”.
“Ritengo” – commenta Giacomo il maggiore – che la vera differenza tra il messia, autorità terrena, e Gesù il Cristo sia proprio la croce e la resurrezione. Io l’ho capito solo adesso. Chi ha fatto conoscere Abba non può apparire come il messo della giustizia punitrice dell’Onnipotente, ma come la rivelazione dell’amore del Padre”.
“Fidarsi delle nostre parole”, gli fa eco il fratello, “significa prestare ascolto a dei testimoni. La resurrezione, anche se non abbiamo visto come è avvenuta, è un fatto reale; abbiamo avuto tante prove concrete che Gesù è davvero ritornato vivo in mezzo a noi. Siamo affascinati dalle sue parole di Maestro, ma il Regno di Dio non è una dottrina; esso è iniziato quando Gesù muore contro ogni nostra aspettativa e quando è ritornato in vita il terzo giorno contro ogni nostra attesa. Un fatto così unico è impossibile inventarlo quando un’intera città ha visto il Nazareno crocefisso spirare sulla croce”.
“Nonostante la difficoltà di linguaggio nel descrivere un fatto senza precedenti”, fa notare Filippo, “nel parlare di Gesù non noto differenza tra prima della morte e dopo la resurrezione, a proposito della quale tanti testimoni in situazioni diverse hanno sperimentato le medesime sensazioni: Pietro, Giovanni, le donne, Cleofa e l’amico, noi qui riuniti ad eccezione di Tommaso. Non sono state delle allucinazioni perché nessuno di noi si augurava o immaginava d’incontrare il Risorto. Anzi, eravamo addolorati e confusi; nei riguardi di Gesù nutrivamo solo la tristezza per il tragico distacco, mentre la paura di essere scoperti dai suoi nemici ci angosciava. Invece, da domenica scorsa nella nostra vita è ritornata la serenità, l’equilibrio, l’entusiasmo per la missione grazie ad una concreta esperienza. Domenica scorsa di mattino, quando andò al sepolcro con le spezie per ungere il corpo del Maestro, Maddalena certamente non pensava alla resurrezione, altrimenti non avrebbe speso quanto ha speso per unguenti che non gli sarebbero serviti. Né si sarebbe preoccupata, come ci ha riferito, del modo come rotolare la grossa pietra all’ingresso per procedere al rito. Quando Gesù è apparso, tutti hanno riferito che la prima reazione è stata quella di vedere un fantasma tanto evidente era la loro esperienza della morte e della sepoltura del Nazareno. Nessuno ha sospettato che Gesù potesse essere risorto. Egli ha dovuto aiutarci a far svanire i nostri dubbi facendosi toccare, parlando e assaggiando del cibo. Con cautela al nostro scetticismo si è sostituita la fede dopo che Gesù ha provato in tutti i modi a farlo accettare di là di ogni ragionevole dubbio”.
Filippo ha appena terminato la frase quando una luce improvvisa di diffonde per la sala. Nessuno ha sentito bussare, perciò gli apostoli non riescono a comprendere cosa stia accadendo. Le porte sono sempre chiuse per la persistente paura, nonostante le notizie ricevute. L’uscio é sbarrato, ma il Risorto lo attraversa e consente loro di uscire da quel luogo per seguire l’invito a recarsi in Galilea grazie al dono della sua vita e smettere finalmente di stare tappati dentro casa a ripetersi vicendevolmente ‘abbiamo visto il Maestro’ senza prendere decisioni perché ancora non hanno veramente compreso. Otto giorni prima le donne sono fuggite pur avendo visto un angelo, i discepoli hanno dubitato pur prostrandosi al Risorto, Cleopa e l’amico non l’hanno riconosciuto pur parlando da ore e camminando accanto a lui, gli stessi discepoli, contenti di vederlo, hanno ancora titubato; Egli stava davanti alla Maddalena e questa lo ha scambiato per il custode.
Entrato nella stanza, il Risorto si rivolge al discepolo più polemico e invita Tommaso a constatare: gli offre la prova che egli ha sollecitato la settimana precedente. Questi, consapevole di quanto sta avvenendo, come ha fatto anche
All’esclamazione di Tommaso il Risorto risponde con tono scettico per una fede appena professata: pensi di credere solo perché hai veduto? A questa professione contrappone quella di chi crede anche senza aver visto, completando in tal modo l’elenco delle beatitudini. Le testimonianze sull’esperienza del Risorto in tal modo trascendono la semplice visione. Persiste la difficoltà di credere anche dopo aver visto perché occorre sempre vivere come il Maestro ha mostrato, accettare il suo Spirito e aprire finalmente le porte, compiere, cioè, le scelte più radicali.
La luce di una particolare brillantezza, che a Pietro, Giacomo e Giovanni ricorda quella sperimentata sul Tabor, poco dopo sparisce. Lo sguardo di tutti è fissato su Tommaso. Questi si alza di scatto e guadagna la porta. Nessuno riesce a capire se sia un’ennesima protesta, una fuga, o il bisogno di star solo.