È una giornata primaverile la domenica che mi vede partire con Gina alla volta del golfo di Policastro per mettere il sigillo all’impresa di percorrere l’intero anello del Cammino del Parco del Cilento, Vallo di Diano e Alburni correndo per strade e sentieri che collegano paesi e borghi situati lungo il percorso.
Alle 10:00 del mattino sono pronto per andare a ricongiungermi sotto l’Arco Naturale di Palinuro con il percorso che lì mi ha portato scendendo lungo la Costa Cilentana.
Il tratto pianeggiante che ho davanti a me mi aiuta a prendere il ritmo, mentre l’attraversare il centro abitato di Policastro mi distrae dall’impegno che ho davanti.
Arrivo a Scario dopo aver costeggiato le numerose recinzioni che proteggono le decine di villette costruite nella lingua di terra situata tra la strada e il mare. È incredibile come sia stato possibile “contaminare” un tratto di mare sottraendolo alla vista di chi si sposta lungo il litorale.
Solo quando arrivo nel piccolo borgo di marinaro posso rivedere il mare.
Non ho tempo per soffermarmi e, una volta individuata la scorciatoia che sale dritta verso il capoluogo, la imbocco senza tentennamenti. Conosco già la pendenza che ho davanti e decido di risalire verso il monte Ciolandrea che domina il golfo, per cui mi metto al passo per evitare di arrivare stremato in quota sull’altopiano situato tra San Giovanni a Piro e Lentiscosa.
Con il mare alle spalle e il monte Bulgheria che si erge maestoso verso il terso cielo, entro nel centro abitato dove ho già partecipato più di una volta alla più antica delle gare podistiche del Cilento: La Corsalonga Sangiovannese che nel 2018 è giunta alla 36^ edizione.
Mi fermo a fare qualche foto al golfo reso famoso in Italia dalla spedizione di Carlo Pisacane e poi punto dritto verso Lentiscosa.
La strada che punta verso nord è bagnata dal sole che scalda senza bruciare. Il mio passo è agile e sicuro. Saluto le poche persone che incontro, chiedo informazioni ad un trattorista impegnato a dissodare un piccolo vigneto, ascolto il “ruggito” delle motoseghe impegnate nella potatura degli ulivi …
Intanto, eccomi in cima al valico ad ammirare l’altro mare: quello del mito.
Qui ha inizio la discesa che mi porterà alla “marina” passando per Lentiscosa che vedo incastonata sulla pendice del monte.
Non mi da fastidio correre lungo i tornanti che rendono la strada più lunga ma la discesa gradevole. In oltre, mi consente di ammirare il panorama sia verso Nord sia verso sud.
A monte risuonano campanacci che rivelano il lento moto dei bovini che affondano le carnose labbra a scovare i primi fili d’erba.
L’ingresso del centro abitato è segnato da una piazzola panoramica dove scorgo anche l’auto di Gina che vendo intenda a parlottare con una signora del posto. Mi fermo per scattare foto e per abbeverarmi visto che la temperatura provoca una certa disidratazione.
Riparto ed entro nel sonnolento centro abitato, mi affaccio nella chiesa parrocchiale, chiedo informazioni sulla strada più breve per raggiungere la “Marina” e mi inoltro per una stradina che punta dritto verso il promontorio della Masseta.
Scendo ancora a “briglia” sciolte facendomi trascinare dalla forza di gravità e dalla voglia di riconquistare il litorale. A questo punto mi rendo conto che posso chiudere il cerchio andando a ricongiungermi al “Cammino del Nord” interrotto a Palinuro sotto l’Arco naturale.
Vedo Marina di Camerota che si avvicina anche se la strada mi porta con la sua lunga ansa ancora verso Sud.
Eccomi l’incrocio della stradina con il sentiero che porta alla Masseta. Volto a destra e riprendo la mia discesa libera fino al mare. A M. di Camerota, altra tappa del Circuito Cilento di corsa dove va in scena la “Corsa del Mito” che parte dal porto di Palinuro e giunge al porto di Camerota.
Mi rendo conto che mancano una decina di Km al mio traguardo. Evito di perdermi nelle strade del borgo marinaro che ancora si gode il tempo lento della bassa stagione e punto alla zona dei camping sulla SR 462.
Il percorso l’ho sempre fatto all’incontrario correndo la “Corsa del Mito”, ma mi rendo conto che il panorama è molto più suggestivo potendo scorgere Capo Palinuro che fa capolino tra gallerie e spiagge infinite.
Il mio pensiero va incontro al sogno che si avvera. Ripercorro le varie le altre 11 tappe che mi hanno portato fino a questo punto. Ognuna di esse hanno ancora molto da raccontare a me stesso e, forse, sarà interessante rifare il Cammino del Parco in modo più tranquillo per gustarne l’intenso sapore di verso che solo un mondo così articolato può trasmettere senza soluzione di continuità.
Penso anche ai tanti borghi che sono veri e propri scrigni da cui attingere perle di vita vissuta non solo del tempo andato ma anche di quello che resta del temo “moderno”.
Penso alla Costa e ai monti, ai fiumi che continuano a scorrere sotto i ponti, rivedo vigneti ed oliveti, le tre pianure coltivate intensivamente e le case “morenti” dei centri abitati che si reggono in piedi solo per carità di patria.
Penso ai volti della nostra gente che ho incrociato davanti ai portoni, nei giardini, ai tavolini dei bar, dai banconi dei negozi anchilosati come chi resiste perché non ha altro da fare …
Penso alle Grotte, ai monumenti, ai musei alle chiese e al nostro patrimonio UNESCO: Paestum, Velia, Certosa di San Lorenzo di Padula, il paesaggio del Parco e la Dieta Mediterranea …
Sballottato dai miei pensieri eccomi giunto sul ponte che scavalca il Mingardo. Peigo a sinistra costeggiandolo per giungere nella spiaggia dove c’è l’Arco naturale.
Vi arrivo in contemporanea con Ginetta.
È l’unico punto che raggiungo di corsa per la seconda volta durante il Cammino.
La giornata è ancora splendida: sole e mare si uniscono in un unico canto alla natura che è fa loro da madre.
Ci sediamo su un muretto a consumare un frugale panico, ma gli occhi sono fissi a scrutare quello che rappresenta l’impresa compiuta con la speranza che altri possano “accomodarsi” a gustare.