Il gruppo delle donne con Maria, la madre, è in prossimità dell’abitazione dove si trova Pietro. Sono le primi ad arrivare. Matteo e Giovanni, impegnati a chiarire alcuni punti relativi alla conversazione della sera precedente, sono ancora in cammino. Andrea e Filippo, inseparabili, deviano verso Gerusalemme per incontrare un gruppo di ellenisti prima di raggiungere gli altri. Sono gli stessi greci che avevano sollecitato Filippo a presentarli al Maestro; questi, pur consapevole che la loro richiesta era motivata soprattutto da curiosità, aveva accettato ritenendo di poter seminare in loro un seme che avrebbe portato in ogni caso frutti, situazione, pensa Filippo, che deve far riflettere tutti: se il nostro rigetto continua, egli ha fatto capire che il suo incontro di salvezza s’apre comunque all’anima greca nella cui profondità si cela la fecondità alla quale allude il chicco.
Il trambusto richiama l’attenzione di Tommaso. Chiede di attenderlo; gli rispondono che si sono divisi già in gruppetti e che lo avrebbero preceduto nella città santa.
“Andrea, – grida Didimo – vuoi accompagnarmi alla tomba?” La richiesta richiama l’attenzione di tutti gli altri. Che vuol fare? Perché al sepolcro? Le donne da lontano abbozzano un sorriso di riconoscenza; le loro preghiere sembrano esaudite.
Giovanni e Matteo si fermano e chiedono di accodarsi a Tommaso. Questi non dice nulla, ma fa intendere che non ha problemi a continuare il viaggio in loro compagnia. Didimo ha scelto Andrea come guida perché considera l’apostolo dotato di grande apertura mentale per un pescatore nato in Galilea; lo ammira perché sa che ha seguito il Maestro con prontezza, ha sempre parlato di lui con entusiasmo e ha saputo mantenere con lui un rispettoso rapporto di familiarità. Egli ritiene che per il suo viaggio interiore, alla ricerca di un chiarimento che faccia luce sui suoi dubbi, non ha bisogno di un correligionario che la pensi come lui, ma di un uomo che ha fatto molte esperienze e ha saputo mantenere una larghezza di prospettive culturali, dalle quali deriva anche un’invidiabile serenità. Tommaso sa che prima di essere chiamato da Gesù, Andrea aveva seguito il Battista; ciò conferma la bontà della scelta operata. Questa esperienza del fratello di Pietro gli dà la possibilità di conoscere anche i primi momenti dell’azione missionaria del Maestro, eventualmente i motivi che lo hanno indotto a staccarsi da Giovanni Battista e iniziare il ministero da solo, fatto di gesti, ma anche e soprattutto di un insegnamento diverso da quello del parente, profeta nel deserto.
Proprio questa particolare vicenda, che Andrea aveva condiviso col più giovane dei figli di Zebedeo, faceva sì che il pescatore godesse di una posizione di tutto rispetto tra i Dodici: primo discepolo di Gesù e colui che aveva invitato il fratello Pietro, dopo aver vissuto preziosi momenti d’intimità col Maestro, appariva una sorta di proto-apostolo, che ha conservato sempre una prospettiva di realismo. Tommaso ricorda quando aveva indicato a Gesù, circondato dalla folla affamata, il ragazzo con del cibo dopo che Filippo aveva detto
Senza mai temere di porre domande al Nazareno, egli ha accolto prontamente i suoi insegnamenti, anche quelli apparentemente più difficili e sorprendenti. Didimo ha impressa nella memoria la circostanza occorsa pochi giorni prima del suo supplizio, quando insieme a Pietro, Giacomo e Giovanni, Andrea stava ammirando la maestosità del Tempio. A Gesù, che ne prediceva il diroccamento, aveva chiesto:
Il gruppo degli apostoli è diretto verso Sion. Sono un po’ tristi al pensiero che questa volta sono soli, senza il Maestro, il quale era capace di rendere piacevole il cammino raccontando loro parabole o intrattenendoli spiegando quelle che avevano sentito durante i pellegrinaggi di missione, mentre osservavano le folle attonite.
Andrea, rivolto a Tommaso, è il primo a parlare: ”Dovete convenire che coloro che asseriscono di essere testimoni di quanto è capitato a Gesù il primo giorno di questa settimana ritengono che qualcosa di drammatico sia avvenuto non alla sua reputazione, ma alla sua stessa persona. La Maddalena crede che egli sia resuscitato dai morti, un fatto non osservabile; la donna lo afferma per fede. Noi dobbiamo sempre distinguere il fatto dalla fede. È difficile perché non abbiamo gli strumenti adatti per raccontare quest’esperienza. E’ necessario ricorrere a una nuova tecnica per descrive un fatto che risulta essere unico. Una cosa è certa: possiamo ancora verificare che la tomba è stata trovata vuota. E’ vero, Giovanni?”
“Sì, Andrea”. Risponde Giovanni, proseguendo: “Mi sono precipitato con Pietro e ho visto il sepolcro vuoto. Nessuno – né Maria, né Pietro, né tanto meno io – ha preteso descrivere come sia avvenuta quella che possiamo chiamare la Resurrezione. Devo confessarti che, personalmente, non è stata la tomba vuota a farmi sospettare che qualcosa di grande fosse capitato a Gesù. Io ho visto la strana posizione del sudario che aveva avvolto il suo corpo; per me questa è la prova. Altri sono stati convinti dalle apparizioni, anche se devo notare che all’inizio erano così scettici e pensavano di aver visto un fantasma. Noi tutti siamo convinti dall’esperienza quotidiana che i morti non risorgono. Tommaso, io credo perché ho visto l’assenza del corpo, mentre il lenzuolo ne disegnava ancora le forme, proprio la posizione indisturbata dei teli che lo avvolgevano svelano l’assenza del corpo, che non poteva essere stato trafugato, perché nessuno spoglia un cadavere e nessuno riesce a lasciare il sudario come se stesse ancora addossato al morto. Tutti sanno che la mirra, imbevendo i tessuti, aderisce al corpo e la pelle si lacera se si tenta di staccarne i lini. Inoltre, la tomba non è stata violata da mani violenti; spezie e lenzuolo sono più preziosi di un cadavere, in questo caso chi è alla ricerca di oggetti di valore avrebbe rubato i lini e gli aromi invece di un corpo ingombrante. Io ho visto veli senza corpo, subito dopo uno spazio vuoto e le bende del copricapo, ma senza la testa. Le stoffe erano riordinate, proprio come le avrebbe lasciate qualcuno che si spoglia dopo essersi alzato, e accasciate, cadute su se stesse come capita ad un sacco vuoto.
“Come tutti sappiamo, s’intromette Matteo, il Maestro è stato sepolto nello stesso giorno della morte secondo le prescrizioni della legge e, in verità, a presenziare al rito non siamo stati noi, ma qualche amico dell’ultima ora circondato da nemici sospettosi, che hanno preteso l’invio perfino di guardie. La paura ci ha fatto perdere la dimensione di fede in ciò che egli ha proclamato. Siamo tutti fuggiti, superando questo sentimento di rigetto solo quando Pietro ci ha confermato che qualcosa è accaduto nello spazio e nel tempo. Tuttavia, l’evento della risurrezione non ha testimoni, quindi ci obbliga ad una continua interpretazione perché la sua esperienza non s’identifica con la tomba vuota; né c’è stato qualcuno che ha visto il corpo di Gesù risorgere”.
Andrea s’inserisce nella conversazione: ”Ritengo che l’esperienza di mio fratello sia essenziale, anche se rimangono delle discordanze nei racconti che abbiamo sentito. A noi spetta il compito d’interpretarle, ma occorre superare la tentazione di voler concordare e spiegare tutte le implicite contraddizioni nell’analisi dei particolari. Non si può usare la sola ragione per dar conto di un’esperienza di fede. Non dobbiamo mai dimenticare che ci troviamo di fronte a una vicenda mai sperimentata, per questo facciamo fatica a trovare le parole adatte e, quindi, ricorriamo a espressioni, simboli, descrizioni, che risultano sempre un’approssimazione rispetto a ciò che i testimoni hanno effettivamente sperimentato. In ogni caso, dobbiamo convenire che fino ad ora risalta la coerenza interna di quest’esperienza unica. Maria Maddalena e Simon Pietro hanno parlato di apparizione utilizzando un termine che nel linguaggio sacro, al quale siamo abituati, rimanda all’Esodo, dove si legge che l’Altissimo è apparso ad Abramo per indicare che gli ha rivelato positivamente qualcosa di nascosto. Persiste, ovviamente, l’interrogativo sollecitato dalla nostra intelligenza e dal nostro bisogno innato di conoscere. Come ciò è avvenuto? A mio parere, in questo caso proprio l’assenza di una descrizione del fatto costituisce una prova in positivo della correttezza dei testimoni.”
“A questo proposito mi pare opportuno fare una riflessione evocando la concezione che il Maestro aveva del tempo”, asserisce Giovanni, stimolato dall’acuta considerazione di Andrea. “Quando ha parlato del Regno, Gesù ha sempre considerato la scansione temporale come una sorta di presente-futuro. Tutte le volte che noi gli abbiamo chiesto, preoccupati o eccitati, quando sarebbe venuto il Regno, egli ha sempre risposto con espressioni, figure e considerazioni che evocano l’apparente paradosso della simultaneità tra presente e futuro. In questa prospettiva, appunto quella escatologica se voi ricordate, ci ha insegnato a pregare Abba dicendo “venga il tuo regno”, senza preoccuparsi di calcolare il tempo in termini cronologici perché non può essere misurato usando concetti come prima e dopo. Il Regno futuro è già qui. E’ lui a dare inizio al banchetto delle nozze e noi, che abbiamo partecipato a tutto ciò, siamo dei privilegiati, proprio come egli ha detto:
“In Gesù la visione della storia si può sintetizzare in un passato di peccato per la colpevole distanza da Dio. Fatelo dire a me, che so cosa significa vivere in questo stato”, esclama Matteo. “Tale condizione può cessare perché il futuro del Regno è iniziato, come per me la nuova vita è cominciata quando il Nazareno mi ha chiamato. Perciò, passato e futuro nel Regno, secondo Gesù, non sono punti di una linea cronologica, ma categorie escatologiche della presenza di Dio con l’uomo. Il passato, l’alienazione del popolo da Dio hanno cominciato a esaurirsi rimpiazzati da un radioso futuro di presenza del Padre tra i seguaci di Gesù che vivono di giustizia e di pace. Il perdono del Padre, quello che io ho ricevuto tramite il Maestro quando è voluto entrare nella mia casa, segna un nuovo inizio per la storia dell’umanità e dei singoli che rispondono sì come noi abbiamo fatto. E’ il dono dell’escaton non più nel futuro, ma nel presente di Dio. A Gerusalemme ho sentito dire da alcuni che, mentre si squarciava il velo del Tempio, sono stati visti dei morti uscire dai sepolcri. Io vi riporto soltanto la voce. A me sembra più un attestato di fede verso questa nuova forma di tempo, vale a dire l’esistenziale presente-futuro che s’impossessa della nostra esperienza. Se è esatta la mia supposizione, allora Gesù sarebbe apparso a Simone dal futuro del Regno escatologico di Dio per invitare tutti noi a partecipare in lui di questo presente-futuro. Tommaso, ti rendi conto delle conseguenze? Su questo fondamento si radica la nostra missione apostolica: non conoscere verità occulte ai più, ma predicare il suo ritorno ai semplici, ai bambini, ai poveri di Adonai”.