Tra giovani non ci si conosce mai abbastanza, e tra la sbadata padronanza dei nostri tempi, noi, che siamo i millennials, atrocemente cadiamo nell’errore di cercare un idolo che ci assomigli senza renderci conto che le nostre strade e le nostre piazze sono piene di belle menti e sensibilissimi animi.
Incontriamo Milena Cicatiello, poetessa capaccese di 28 anni con tante esperienze nel suo bagaglio che l’hanno poi condotta alla poesia. La sua bravura è stata attestata dalla classificazione in diversi concorsi a livello nazionale. Ma Milena è una ragazza dalle mille risorse, dedica infatti molto tempo al volontariato ed è sempre molto attenta alle vicende politiche locali e non solo.
Quando hai iniziato a scrivere?
Da piccola prima di iniziare a scrivere ho iniziato ad appassionarmi alla lettura, ho passato un’infanzia particolare, con la famiglia spesso ci trasferivamo da una città all’altra per necessità lavorative di mio padre, non riuscivo a stringere molte amicizie e quindi mi rifugiavo nei libri. Quando poi finalmente ci siamo stabiliti a Capaccio, grazie agli incoraggiamenti della mia maestra delle elementari, ho iniziato a scrivere. In quel periodo facevo parte della redazione del giornalino scolastico e la mia insegnante è stata preziosissima, resasi conto delle mie inclinazioni e mi ha fatto lavorare molto sulla scrittura. Dopo quel periodo molto florido, a causa di un evento un po’ traumatico mi sono chiusa in me stessa e ho smesso di scrivere per tutto il periodo delle scuole medie e superiori. Nel 2013, di seguito alla morte di mia nonna ho deciso di riprendere a scrivere, un altro trauma mi ha fatto tirar fuori la grinta, come se si fosse chiuso un cerchio del dolore.
A chi facevi leggere i tuoi primi scritti?
Ovviamente alle persone a me più care, la mia famiglia e i miei amici.
Quando ti hanno notata?
Nel 2017 ho iniziato ad iscrivermi a concorsi nazionali, ottenendo premi e riconoscimenti. Il primo è stato il Premio poetico nazionale “Amici di Ron”(Ron Hubbard) nel 2017 a Milano, in cui mi sono classificata terza su più di cinquecento partecipanti, da lì ce ne sono stati altri, l’ultimo lo andrò a ritirare a breve a Cosenza. In questi due anni ho ricevuto diverse proposte di pubblicazione ma la pubblicazione sarebbe stata a pagamento, da esordiente e da idealista l’idea di pagare non mi piaceva,ci tengo a precisare che è un mio pensiero personale, semplicemente aspettavo che la proposta fosse basata più sul merito.
Alla fine è arrivata la proposta “di merito” ?
A breve ci sarà la mia prima pubblicazione proposta dalla Bertoni Editore che ha sede a Perugia, ma ha altri uffici operativiin diverse regioni d’ Italia. La proposta mi è arrivata grazie al suggerimento arrivato da Ciro Cianni, un critico e un poeta di grande autorevolezza, che ha avuto la possibilità di leggere un po’ del mio materiale che ha condiviso con l’editore . Insiememi hanno fatto la proposta di pubblicazione.
Quali sono le tematiche che affronti nelle tue liriche?
Più che della condizione dell’uomo mi piace scrivere di umanità, spesso si parla dell’imperfezione umana come una di una cosa limitata, perché forse contrapposta alla ricerca dell’infinito. Paradossalmente gli dei perfetti, che hanno conosciuto l’infinito poi hanno provato gelosia della fallibilità dell’uomo. Essere umani significa avere la libertà di dare il giusto peso a tutti i fenomeni della vita, significa poter vivere. Un altro grande tema che affronto è quello degli“ultimi”, gli emarginati, i deboli forse anche un po’ i non- buoni, chiunque non venga accettato. Infatti l’ultima poesia che ho scritto e che verrà premiata a breve è “Lettera ad un condannato a morte”. Sono molto vicina a questi temi anche grazie ai miei studi giuridici e alla mia esperienza nel volontariato.
Ispirazioni?
Un grande modello all’inizio della mia produzione è stata Sylvia Plath, la madrina della poesia confessionale, poi negli anni ho sperimentato (ndr. descrive l’atto della lettura con il termine “sperimentare”) molti autori, soprattutto locali.
Tra gli autori locali chi preferisci?
Ho conosciuto Antonio Sacco, di Vallo Della Lucania, uno dei più grandi esponenti dello Haiku della nostra zona, di grande importanza sul territorio nazionale. L’ Haiku è un genere di origine nipponica che consiste nello scrivere seguendo una particolare metrica, da poco mi sto cimentando in questo metro, secondo il quale in tre versi rispettivamente di cinque, sette e cinque sillabe bisogna scrivere una poesia.
Che legame hai con il tuo territorio, ne segui le vicende politiche?
Ritengo che un buon poeta debba essere socialmente e politicamente impegnato, amo molto Bertolt Brecht, a me quel tipo di poesia impegnata e attiva piace tanto, credo non ci sia disgiunzione tra i due mondi. Quello che si è all’esterno è poi quello che si è dentro, e viceversa.
Nel nostro territorio ci sono tantissimi giovani che producono nelle loro camere, cosa consiglieresti ai futuri amministratori di fare, a supporto di questa creatività culturale.
Partirei dalle basi, una biblioteca, un cinema, un’aula studio. Tra gli autori locali che stimo c’è il giovane Pasquale Quaglia, un bravissimo poeta, paradossalmente abbiamo avuto la possibilità e l’occasione di conoscerci a Milano, entrambi siamo di Capaccio. Noi giovani qualche occasione in più di scambio e di conoscenza dovremmo averla. Tuttavia sono i ragazzi alle volte disinteressati, tutti dovremmo aprirci alla sensibilità culturale.
Il poeta basta a se stesso?
No, il poeta sicuramente vive la difficoltà di adattarsi, sente e vede cose che non dovrebbe vedere e sentire, tuttavia, ma per poter esprimersi ha bisogno di toccare l’umanità, i mali esistenziali e conoscere gli altri.