Signor sindaco,
il suo comune ha aderito al progetto di candidare del monte Cervati a “Grande attrattore naturalistico della montagna” previsto dalla regione Campania e proposto da Tommaso Pellegrino, presidente del Parco del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, (PNCVDA). Quali sono i motivi che l’hanno indotto a firmare l’intesa?
“In realtà è da troppo tempo che ci stiamo battendo per il rilancio del comprensorio del Cervati, convinti come siamo che il cuore pulsante delle aree interne, ruota intorno alla vetta più alta della Campania, per troppo tempo sottovalutata. La realizzazione di uno sviluppo armonico che metta al centro il concetto di turismo naturalistico è certamente un affascinante prospettiva da esplorare ancora, su questo territorio. In questo credo che anche il Comune di Sanza possa avere un ruolo di primo piano attraverso l’attivazione di un circuito virtuoso che vedrà protagonista assoluto il Cervati e con esso tutti i comuni che orbitano alle sue pendici”
Quali sono gli elementi storici e culturali che legano la sua comunità al Cervati?
“Per la gente di Sanza il legame con il Cervati è, oserei dire, viscerale. Tutta la nostra storia ruota sul legame antico che i sanzesi hanno da sempre avuto con la montagna. Nei secoli, il Cervati è stato fonte di vita e di economia per la gente del luogo. La pastorizia, l’allevamento, l’agricoltura di montagna, poi l’utilizzo virtuoso del bosco. Basti pensare che qui a Sanza nei primi anni del secolo scorso arrivavano intere famiglie dall’Abbruzzo e da altre regioni dell’Appennino, per lavorare il legname, i carboni, e tutto ciò che fosse frutto della lavorazione del legname di faggio. Grazie alla presenza del Cervati e della sua economia, a Sanza, primo caso in Italia, fu istituita l’Azienda Silvo Pastorale, una sorta di azienda autonoma per la gestione del patrimonio. Poi vi è l’aspetto culturale e religioso, che non è secondario. I sanzesi venerano la Madonna della Neve, o del Cervati da oltre mille anni. La straordinaria esperienza che i giovani adolescenti vivono ogni anno, il 26 luglio, nel portare sulla vetta del Cervati la Madonna, è un vero e proprio debutto in società. Un legame imprescindibile con la Vergine. Negli Stati Uniti esiste la più antica Società di Mutuo Soccorso che è quella della Madonna della Neve. Gli emigranti, già 140 anni or sono, appena arrivati a New York, davano aiuto ed assistenza ai loro compaesani che man mano giungevano in America, nel segno dell’accoglienza caritatevole e fraterna della fede per la Madonna. Questo, solo per rimarcare, il legame profondo che Sanza ed i sanzesi hanno verso la Madonna del Cervati, e dunque con quel luogo dove sorge anche il Santuario Mariano. Infine, ma non da ultimo, l’insediamento dei monaci basiliani che proprio nella Grotta sul Cervati hanno lasciato il loro straordinario segno, la Madonna della grotta, che è già solo ella un’esperienza mistica e culturale da vivere”
Quali invece gli aspetti naturalistici presenti nel vostro territorio che segnalerete all’attenzione di chi sarà incaricato di elaborare le strategie e tradurle in un progetto esecutivo?
“Certamente l’aspetto complessivo della natura e del paesaggio del Cervati. L’affonnaturo di Vallevona, l’inghiottitoio carsico più grande d’Europa è un’emergenza da considerare se si vuole innescare quel processo di promozione del territorio che attragga turismo di qualità naturalistica. Inoltre, non si può non considerare la presenza della neve, che da dicembre e fino ad aprile, spesso a maggio, staziona in vetta. Sono aspetti questi che devo rientrare per forza di cose nel processo di valorizzazione dell’area. Infine esiste un problema di messa in sicurezza della viabilità esistente, con l’unica strada che è già realizzata dagli anni ’70 e che necessita di essere riqualificata per garantire sicurezza a chi la percorre. Un dato quest’ultimo che si integra con la necessità dell’elettrificazione dell’area per garantire servizi ai visitatori”.
Attualmente quali sono le attività imprenditoriali agro-silvo-pastorali presenti nel territorio montano ricadente nel suo comune e di quanti capi ovini e bovini occupano?
“L’allevamento rimane una delle maggiori fonti di PIL dell’economia locale. Ad oggi sono poco meno di un migliaio i capi, tra bovini, equini e ovi-caprini che godono dei pascoli del Cervati attraverso la fida pascolo. Un sistema economico importante che alimenta diverse aziende agricole locali. Occorre in questo sviluppare al meglio un sistema di certificazione e riconoscimento delle tipicità capace di innescare quel valore aggiunto che ancora manca. Ma stiamo lavorando anche a questo”.
Il comune che lei rappresenta è, come tanti altri, toccato dal fenomeno della desertificazione demografica. Ritiene che esistano giovani interessati ad operare come imprenditori per rendere la montagna produttiva di reddito e, quindi, di occupazione?
“Ne sono convinto e ne ho certezza. L’unico volano per creare lavoro ed economia locale è lo sviluppo turistico del comprensorio. In realtà per fortuna ci sono tanti giovani che finalmente guardano all’agricoltura con altri occhi. Stiamo lavorando ad individuare terreni demaniali da mettere a disposizione per il settore agricolo a favore di nuove imprese giovani. Questo è un processo che si lega con la finalità turistica che immaginiamo per il futuro di Sanza. La montagna, secondo la nostra visione, deve ritornare a vivere. Un turismo equilibrato e rispettoso dei luoghi, che attragga amanti del buon vivere, della natura e delle piccole eccellenze. Questa è una risposta concreta alla desertificazione demografica. La nostra speranza è che i giovani vogliano, insieme a noi, investire in questa direzione”.
I cittadini del suo comune come si pongono di fronte al fatto di vivere in un’area protetta: si sentono, generalmente, dei privilegiati o succubi di una decisione che non condividono?
“Per molti anni, troppi oserei dire, le politiche di preservazione “integralista” dell’area protetta hanno generato inevitabilmente un sentimento di distanza dal Parco. Troppi i vincoli imposti, senza considerare la necessità di poter garantire alla gente che in questo territorio vive, di poter sopravvivere e continuare a svolgere le proprie attività. Per fortuna, da qualche tempo, si è invertita la rotta. La presidenza Pellegrino ha dato uno spunto diverso al Parco, con una visione che mette al centro le persone. Questo è un bene assoluto per il futuro del Parco. Noi, in tal senso, stiamo lavorando per spiegare ai nostri concittadini questa nuova visione, favorendo di fatto un’accettazione ed una condivisione delle logiche di tutela che divengono anche opportunità per il territorio”.
I dieci comuni sottoscrittori del protocollo d’intesa contano meno di 30 mila abitanti con forti squilibri numerici tra quelli più grandi e gli altri. Come ritiene si debba intervenire per evitare che a fare la parte del leone siano sempre le realtà più popolose situate a valle e le più piccole situate proprio a ridosso della montagna?
“In un modo molto semplice: la concretizzazione della rete. Insomma, lo sviluppo del Grande Attrattore naturalistico della Campania, il Monte Cervati, dovrà avere il suo unico baricentro nel sistema di rete. Occorre immaginare un sistema di accoglienza unica per la ricettività, capace di offrire uno standard assolutamente omogeneo di accoglienza. Insomma, chi viene ospite nella rete di accoglienza del Cervati, ovunque decide di soggiornare, avrà la stessa accoglienza, lo stesso standard qualitativo, gli stessi servizi. Occorre ribaltare la visione superata nel tempo, delle singolarità, del campanile. La risposta al tutto è l’unione e la condivisione. Le risorse, se mai ne saranno investire in questo territorio, dovranno essere gestite in modo partecipato e condiviso per la visione collettiva del progetto di sviluppo. Certo, ci saranno dei singoli interventi, necessari in un comune piuttosto che in un altro, ma sempre nella logica dello sviluppo comprensoriale”.
Il turismo rurale e naturalistico, l’accoglienza nei centri storici, la mobilità sostenibile, il marketing territoriale, la tutela e valorizzazione delle attrattive naturali e storico-culturali, la salvaguardia dei differenti valori identitari, il rilancio, in chiave moderna, delle tradizionali attività agro-silvo-pastorali ed artigianali. Questi i punti individuati e posti a base dell’idea progetto. Quali pensa siano più adatti alla realtà del suo comune?
“Credo di aver già risposto a questa domanda. La nuova visione di sviluppo del comprensorio dovrà abbracciare e mettere in relazione tutte queste peculiarità che sono una caratteristica fondamentale del turismo sostenibile. Non può esserci accoglienza, senza le tipicità d’eccellenza, questo guarda al mondo rurale e delle attività silvo-pastorali. Non si potrà dare valore ai centri storici se non facciamo accoglienza, se non riconosciamo e valorizziamo il bello che abbiamo. Non possiamo creare nuova economia circolare se non mettiamo al centro di tutto la persona, la possibilità di poter vivere dignitosamente offrendo il meglio che abbiamo da offrire: il nostro modo di vivere”.
È prevista l’attivazione del marketing territoriale del “Grande attrattore naturalistico della montagna”. Che idee ha in merito?
“Direi prioritaria la promozione territoriale del Grande Attrattore Cervati. Io sono convinto che prima di ogni altra cosa, dobbiamo rendere visibile la presenza di questa grande ricchezza, attraverso i canali di grande flusso che già attraversano il nostro territorio. Penso alla A2 del Mediterraneo. Ci siamo battuti per due anni al fine di far installare sulla A2 un cartello che indicasse il Cervati quale meta turistica. Siamo riusciti a farne installare uno, in direzione nord poco dopo Lagonegro, ma non basta. Il nostro primo bacino di utenza è certamente la vicina Basilicata, ma anche la Calabria e la Puglia. Poi ci sono i grandi nuclei urbani della Campania, Salerno innanzitutto e poi Napoli. Occorre spingere sul marketing in queste realtà, che da sole possono garantire un flusso costante di visitatori, amanti del bello, che a pochi chilometri, con spesa ridotta possano godere di ciò che tutti oramai desiderano: la tranquillità, il buon cibo, la bellezza del paesaggio. Certo non solo questo, ma questo è fondamentale”.
Sopra e intorno al Cervati già operano decine di associazioni che promuovono e gestiscono attività turistiche legate al trekking, all’escursionismo, al torrentismo, alla speleologia, all’equitazione ed altro ancora … Come pensa di coinvolgere quelle presenti nella sua realtà?
“Sono tante e tutte fanno un ottimo lavoro, questo va detto. Lo fanno però in modo assolutamente non coordinato. Qui occorre agire semplicemente centralizzando il sistema dell’accoglienza che deve tener conto di tutte le peculiarità e specificità di chi già opera sul territorio. Nessuna sovrapposizione, ma anzi maggiore opportunità di offerta di servizi al visitatore, ognuno per la propria capacità e possibilità, rispettando però, questo è necessario, uno standard qualitativo omogeneo. Se ognuno di noi fa quello che sa fare meglio, tutti avranno il loro imprescindibile ruolo e spazio. Credo che necessiti quindi la presenza di un ufficio di coordinamento del sistema di accoglienza. La condivisione di una visione complessiva di sviluppo e valorizzazione del territorio e delle comunità del Monte Cervati deve essere non un’idea, ma una realtà che già esiste e che necessita solo di essere governata”.