Un caldissimo pomeriggio dell’agosto 1879, in uno splendido paesino del pittoresco sud della Francia, tale Ferdinand Cheval, “il fattorino” – appellativo col quale veniva identificato nel suo ambiente campagnolo di Hauterives, dipartimento della Drome – era intento a consegnare i consueti quotidiani carichi di raccomandate, bollette, avvisi di pagamento e plichi, allorquando inciampò su un sasso dalla forma strana, assai particolare (ora è ubicato sulla terrazza del “Palais Idèal”, dove occupa la posizione d’onore), lungo una strada tortuosa, cadde rovinosamente… Quel capitombolo sortì un effetto devastante: all’improvviso scattò una scintilla,emerse tra i meandri dei suoi interni, riattivato come da una magia, un sogno. Era un segreto delirio, un ciclopico sogno di pietra che covava, da tempo, nel cuore di quell’umile postino francese durante le sue lunghe passeggiate tra gli ambienti montuosi del Rodano. All’epoca non esistevano motorini o similari mezzi di locomozione, dunque Ferdinand trasportava l’usuale sacco di iuta a piedi, percorrendo le strade assegnategli dalle Poste Francesi. Ma egli accarezzava costantemente una strana idea … l’idea di costruire un fantastico palazzo rassomigliante ad un castello. Si tenga presente che non poteva trarre concreta ispirazione da qualsivoglia tradizione architettonica, scultoria o artistica in generale: intendeva soltanto dar sostanza e vita alla sua immaginazione. Non aveva frequentanto scuole o accademie, non era in possesso di titolo di studio, semplice portalettere, quarantatreenne all’atto della fatidica “caduta scatenante il delirio creativo”, destinato a diventare personaggio destante l’ammirazione del gruppo dei Surrealisti capeggiato da Andrè Breton. Tale vicenda sembra parto di mente d’un fantasioso scrittore,piuttosto che una effettiva realtà, ma davvero questa evenienza si è realizzata, in maniera sublime. Ferdinand Cheval nasce in aprile 1836, morirà nell’agosto 1924.Singolarissimo postino/architetto/scultore, un mistico capace di percorerre le praterie dell’ignoto, visionario figlio di contadini, aveva abbondonato la scuola per essere assunto, dopo aver lavorato un po’ di anni da garzone di fornaio,in qualità di postino quando aveva trent’anni. Sino al momento della fatale caduta non aveva mai maneggiato alcuno strumento utilizzato dai muratori, non era scultore, lo scalpello gli era sconosciuto, l’architettura era un campo del quale era totalmente ignorante… Probabilmente lo scivolone gli avrà procurato strane visioni, uno “stato di trance ”, analogamente a San Paolo sarà stato investito da chissà quale flusso energetico; ma le sue ossessioni, a differenza delle visione mistiche Paoline, non erano di carattere trascendente, coinvolgevanoimmagini terrene di forme scultorie e di un palazzo meraviglioso, abbagliante, un magnifico tempio. Il giorno seguente tornò nel medesimo luogo del capitombolo, cominciò ad accarezzare la suggestiva “idea edificativa”, raccogliendo pietre, sassi, ciottoli, rocce. Da quel giorno, durante il tempo libero, iniziò col costruire una fontana, poi colonne, indi statue che decorò con scritte ed arabeschi ispirandosi alle immagini di paesi lontani raffigurate sulle cartoline e riviste che consegnava nel suo quotidiano lavoro. Poco alla volta prendevano forma e si ergevano splendide composizioni scultoree accanto alla costruzione di un agognato edificio: vera e propria missione spirituale, in uno con l’impetuoso desiderio di sfida che implicava il non chiedere mai aiuto ad alcuno della sua città; Ferdinand, di notte, isolato dal mondo, in mezzo al bosco, alla fine delturno lavorativo edificava le sue opere.E’ davvero sconcertante pensare all’arco dei suoi trentatré anni d’immane fatica, alle opere sublimi realizzate senza alcuna collaborazione o qualsivoglia forma di aiuto; dal 1879 al 1912,all’incirca 10 mila giorni, corrispondenti a, suppergiù, 93 mila ore di tenace sacrificio, col solo impiego di carriola, cazzuola e pochi altri utensili ed attrezzi, con l’ausilio di una fioca lampada a petrolio, adoperando una infinità di pietre stranamente conformate, sassi, fossili, sabbia e migliaia di sacchi di calce; edificò il suo “Palais Idèal” creando inoltre bellissime sculture, seguendo soltanto una sfrenata galoppante fantasia. Trentatré anni per terminare le sue costruzioni integranti stili romanico, orientale e musulmano, corredate di statue di divinità, torri, animali, fontane. Al termine di portentosi sforzi, le dimensioni del monumento,gemma d’arte unica al mondo, risultarono: 26 m. di lunghezza, 12 m. di larghezza, fino a 14 m. di altezza, ambienti interni rivestiti di conchiglie marine,vi furono anche scale esterne e passerelle;imponente la presenza di guglie, di arabeschi,di svariate forme scultorie decorate ed abbellite con iscrizioni di tutti i tipi;si incontravano rappresentazioni di Adamo ed Eva, di Archimede, del re Vercingetorige (altro eroe nazionale, condottiero gallico noto quale “Primo capo dei Francesi”)… “La tomba del silenzio e del riposo infinito” rappresentò l’opera-epilogo, ultima costruzione sorta dalle sue prodigiose mani: sormontata da una croce, recava impresse le lettere “JMJ” (acronimo, probabilmente, della Sacra Famiglia, Jèsus-Marie-Joseph);non essendogli stato concesso il permesso d’essere sepolto nel suo Palazzo, Ferdinand “autocostruì” persino la tomba, nel cimitero di Hauterives: un gioiello rivestito da decorazioni realizzate con conchiglie.Qui riposano i corpi del postino e della sua famiglia, qui la dimora definitiva di un leggendario eroe.Creatore d’opere di Arte Naif e Brut (aggettivi equivalenti a Ingenua e Grezza) uniche al mondo,disprezzato e sbeffeggiato in vita, dopo la morte destò interesse e ammirazione di artisti e intellettuali del calibro di Breton, leader dei Surrealisti; di Picasso, che venne ispirato dall’Architettura del Palazzo in alcune sue opere; di Ernst, il quale creò un collage ora custodito presso il Museo Guggenheim di Venezia.Nel 1969 l’imponente Struttura, oggi nota in tutto il mondo,fu dichiarata Monumento Storico dal ministro della Cultura, André Malraux. Pregiudizi e maldicenze dunque superate dall’umile portalettere francese; ma che hanno avuto il sopravvento su due meravigliose cantanti, Artiste capaci di interpretare, di rivivere dai propri interni i brani a loro affidati: Dalida e Mia Martini. Entrambe suicide, in realtà assassinate dalla umana Stupidità che le additava a portatrici di eventi negativi.Il mio omaggio artistico ai tre eroici personaggi, concerne: un collage su busta postale (con due sofferenti volti femminili); ed una elaborazione su cartoncino in cui compaiono: sequenze di immagini d’una fanciulla imbavagliata e bendata;un personaggio Pirandelliano, Chiarchiaro, inginocchiato, ruotante intorno a un perno (Sciascia decifrò “Chiarchiaro” in dialetto siciliano, equivale a “terra arida”, terra bruciata creata dalla fama assegnatagli di iettatore, nella novella ‘La patente’); la rappresentazione della criminalità denigratoria attuata da Sciocche e Sciocchi detrattori: Dalida si tolse la vita nel maggio del 1987, Mia Martini perì suicida nel maggio del 1995. Donne splendide, si sono arrese di fronte alla violenza cieca della massa, alle lame velenose scagliate contro di loro dal pettegolezzo di stupide malelingue.
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