La storica Cooperativa Val Calore, più conosciuta come Cantina Sociale di Castel San Lorenzo, comincia a fare i primi passi per rinascere a nuova vita. Come giudica l’iniziativa?
Sicuramente la giudico positivamente, come ho già avuto modo di dire in occasione dei vari incontri che si sono tenuti nel corso di quest’anno, ed anche in occasione dell’inaugurazione della riapertura della sede della struttura avvenuta diversi mesi fa. La necessità di costituire soggetti economici che possono contribuire a rilanciare la nostra economia agricola, ma soprattutto favorire la promozione dei nostri prodotti agroalimentari tipici, con possibile ricaduta positiva sul piano occupazionale è un fatto estremamente importante, che va incoraggiato e sostenuto sempre, soprattutto dalle amministrazioni locali, che devo dire in questo caso hanno offerto piena ed incondizionata adesione, al pari degli altri soggetti economici che operano sul territorio, mi riferisco in particolar modo alla B.C.C. di Capaccio-Paestum che sta sostenendo convintamente l’iniziativa.
Nell’autunno di quest’anno è stato riaperto il frantoio oleario. È stato il primo atto della nuova gestione. Lei ne era a conoscenza?
Ho sentito della riapertura e ritengo che sia sicuramente un elemento positivo come primo atto della nuova gestione, dal momento che offre maggiori opportunità ai tanti piccoli produttori locali di disporre di un ulteriore opificio, tecnologicamente attrezzato e moderno, per la produzione dell’eccellente olio extravergine che i meravigliosi uliveti delle nostre belle colline riescono a produrre.
Mentre il Cda della Val Calore Srl sta lavorando al piano industriale relativamente al settore vitivinicolo. Lei crede che ci siano prospettive concrete di rilancio del settore che è diventato di primaria importanza per le esportazioni italiane?
Sicuramente sì, a patto che si faccia una produzione di eccellenza per la quale c’è bisogno necessariamente di nuove professionalità e di mutuare esperienze positive che si sono già consolidate, il che non significa abdicare alla vecchia tradizione vitivinicola dei nostri padri, che al contrario va mantenuta come esperienza positiva, ma al tempo stesso inserita in un processo di produzione più moderno e al passo con i tempi. I vini italiani, e tra questi vi sono certamente quelli prodotti nel nostro amato Cilento, sono tra i più apprezzati nel mondo e considerati tra i migliori della produzione vitivinicola nazionale. Le esperienze già affermate di tante cantine presenti del nostro territorio devono rappresentare un modello di riferimento, ma anche costituire un incentivo per fare una nuova e buona produzione di vini locali.
Tutti noi abbiamo avuto l’occasione di rapportarci, direttamente o tramite i nostri familiari, con la vecchia Val Calore. Quale ricordo le è rimasto di quella grande impresa?
La vecchia cantina sociale resta un ricordo indelebile nel cuore e nella mente di ciascuno di noi. Tutti o quasi tutti avevamo un rapporto, diretto o indiretto, con la cantina sociale di Castel San Lorenzo che fu costituita decenni fa grazie al contributo e alla passione di tanti coltivatori diretti ed onesti contadini che avevano una visione della terra che definirei romantica e permeata da forti sentimenti di attaccamento, dal momento che costituiva nella cultura radicata dell’epoca un valore assoluto ed imprescindibile, espressione della sana economia rurale di quel tempo.
La Valle del Calore, per oltre 40 anni del secolo scorso, si è identificata con la “Cantina”. Se oggi dovessimo indicare un altro soggetto-guida, pubblico o privato, nella valle quale indicherebbe?
Vi sono tante esperienze ed Aziende che si sono affermate nel corso di questi anni, e non solo nel settore agricolo. Certamente aziende come Agrioil, D’Urso, Cormidi, Minella, sono riferimenti importanti che rappresentano e caratterizzano nel migliore dei modi e positivamente la Valle del Calore, ma anche le tante altre micro aziende di nicchia che producono eccellenze agricole tipiche, dal miele, ai formaggi, ai prodotti biologici, etc.. Ma anche le Banche di Credito Cooperativo, che giocano senza dubbio un ruolo centrale nel processo di crescita e di sviluppo del nostro territorio.
Nel complesso, lei ritiene che le produzioni agricole che ancora resistono nella Valle del Calore abbiano un futuro che vada oltre un mercato di nicchia e per l’autoconsumo?
Sicuramente si. C’è bisogno però che si vada sempre più speditamente verso sinergie e forme di cooperazione ed aggregazione convinta, affinché le produzioni possano poi soddisfare la grande domanda che proviene dai mercati. È evidente che se la produzione continua ad essere confinata entro una dimensione aziendale a carattere prevalentemente familiare, o comunque di dimensioni contenute, difficilmente si potranno ottenere riscontri positivi su mercati di larga scala, perché la produzione contenuta del prodotto scoraggerebbe la domanda della grande distribuzione e dei mercati internazionali. È una questione questa che è stata sempre dibattuta ed affermata, e sulla quale credo difficilmente si può essere in disaccordo.
Quali altri prodotti tipici della Valle del Calore, oltre al vino e all’olio, potrebbero essere oggetto di un progetto di rilancio sul mercato dell’agroalimentare?
Non c’è dubbio che la produzione castanicola abbia rappresentato per secoli un punto di riferimento fondamentale dell’economia agricola locale, quindi credo che castanicoltura rappresenti certamente una delle produzioni più significative di questo territorio, al netto della brutta e triste parentesi registratasi in questi anni dovuta alla comparsa del cinipide galligeno, che ha colpito buona parte dei castagneti locali, flagellandoli e riducendo la produzione ai minimi storici. Il Marrone di Roccadaspide è un marchio IGP riconosciuto e rappresenta senza dubbio un prodotto di grandissima eccellenza, che necessita appunto di un rilancio forte sui mercati nazionali ed internazionali proprio per la sua straordinaria qualità. E poi miele, fichi e tanti altri prodotti della terra che si caratterizzano per la loro provenienza da terre sane e incontaminate, con una garanzia e una tutela del consumatore finale davvero unica.
Infine, cosa consiglierebbe ai dirigenti della rediviva Val Calore al fine di aumentare le possibilità di successo del tentativo di ripartenza?
Non devo essere certo io a dover consigliare i Dirigenti della nuova compagine societaria della Val Calore, che sono professionisti, amministratori ed imprenditori del territorio validissimi e capaci. L’unica cosa che mi sento di raccomandare e quella di svolgere il compito e la funzione a cui sono stati chiamati con spirito di profonda dedizione, passione, ma soprattutto con amore per i nostri territori e custodia della memoria storica della nostra terra.