C’è chi non ben comprende l’attuale situazione politica che Palazzo di Città nelle ultime settimane, attraverso pubbliche lettere e altrettante risposte, tenta di comunicare a ignari elettori il perché alcune cose, in questa città, debbano ripetersi. Ebbene sì, ci sono cose, fatti o se si vuole argomenti e situazioni che qui in questo territorio, per il quale tutti desideriamo prodigarci per il bene, quasi per contesto naturale, il nobilium propusitum diventa quasi sproposito, tanto ne confondiamo i percorsi, la dialettica e la storia politica.
Qualsiasi amministrazione abbia occupato – elettivamente – gli scranni della sala consiliare del Comune ha dovuto vedersela prima con un consenso quasi plebiscitario (vedesi tutti gli eletti a Sindaco nelle ultime legislature) poi con un consueto antagonismo post elezione, misto a forme di criticità, a prescindere che si faccia bene o si faccia male, che come un appuntamento al quale non si può mancare si verifica appena trascorsi un anno o forse più dall’insediamento di ogni nuova amministrazione, storia docet…!
Il non comprendere ci sta tutto; ci sta anche il fatto di non condividere più, in una maggioranza, quel percorso gestionale, di scelte e di consensi che fino a poco prima hanno certamente rappresentato il fiore all’occhiello di una campagna elettorale, che come tutti gli appuntamenti elettorali di questo mondo, si è svolta in parte con combattività e parte invece delicatamente proponente un’alternativa. Già, l’alternativa: strumento fondamentale di scelta, senza dubbio, che a volte si presenta come soluzione, certe altre volte invece come dilemma. Scelgo chi o cosa? Questo o quell’altro? L’amico o il parente? E così via fino a portarsi il dubbio davanti alle urne, lì dove una matita, una scheda e una croce, decretano chi sarà a governare la tua città.
Ma comunque sia è sempre il risultato quello che conta. Lo si voglia o no il numero dei voti conseguiti consentono al Sindaco eletto di governare insieme a quei candidati che, a prescindere di quanti consensi hanno ottenuto, lo seguiranno nella formazione amministrativa. Questo ci è chiaro, ovvio. E altrettanto ovvio è, per questi, il condividerne idee, progetti e governabilità; almeno così dovrebbe essere per tutta la durata della legislatura. Quello che invece risulta, ai cittadini e quindi agli elettori, di difficile comprensione sono quelle “comunicazioni” che dicono tanto per non dire nulla. Allora ecco che le piazze, le vie e i bar fanno da cornice a capannelle di persone che argomentano, chiedono e vorrebbero saperne di più, specialmente sul contenuto di quelle lettere a loro indirizzate: «sarà forse perché dovremmo leggere dietro le righe per capirne di più?» commenta un cittadino. Si spera di no. Ma c’è chi si spinge oltre, accomodandosi al tavolo di un bar per consumare il suo caffè: «e se l’ammistrazione cede (a cosa dovrebbe cedere non ce l’ha spiegato, N.d.A.) c’è un’alternativa?» e ancora: «se lo spirito si affievolisce come e cosa servirebbe per farlo rinvigorire?». L’alternativa dice qualcun’altro, e ne ha forse ragione, non era già stata scelta dagli elettori, e ora perché la si invoca di nuovo? Ma ecco che il messère della savoir faire de la politique fa il suo ingresso, senza lasciare scampo al dialogo e ne approfitta per gettare benzina sul fuoco.
Ne getta tanta, con arroganza, sicumera e chiusura di dialogo che agli astanti, i quali vorrebbero invece conversare ed esprimere il loro parere, non resta che una religiosa, intelligente ritirata. Già, il dialogo qui è stato sempre il mezzo meno idoneo nel poter conversare, civilmente, educatamente e soprattutto moralmente. Vi è intanto un tentativo di risposta dal tono pacato e costruttivo, si spera, che si potrebbe accennare ed è quello di argomentare proprio sul “cambiamento”. Ma questo pare che nella nostra società sia una condizione pressochè irrealizzabile; perché quando si propone cambiamento occorre ben scindere la trasformazione sociale, politica e territoriale da tutto quanto è personalismo. Quest’ultimo però non è detto affatto che sia individualismo, in quanto appartiene ad una corrente di pensiero che si raccoglie nella centralità dell’esistenza di persone libere e creative, morali e democratiche. Purtroppo però subentra una condizione che, in tutta probabilità, nessuno di noi può preventivare nei momenti antecedenti a qualsiasi ruolo e attività che la comunità ci chiama a svolgere ed è quella della disputatio, che viene generata esclusivamente a senso unico, piuttosto in modalità di dibattito e confronto, ma non sulle proprie idee di come deve andare una certa cosa, ma sui suggerimenti costruttivi di come produrre benessere per la cittadinanza. In sostanza non vi sarà mai in questo territorio quella condizione ascrivibile alla progettazione, realizzazione e condivisione che occorre a una comunità per sopravvivere alle mille difficoltà quotidiane, siano esse di carattere personale che sociale. Non vi sarà mai quell’equità tra amministratori e cittadini, tra maggioranza e minoranza, tra “maggioranza e maggioranza”. Eh si, a volte accade che ci facciamo avvolgere da una stratificazione di accomodamento per i momenti che vengono generati dalle più variegate situazioni, seppur con nobili sentimenti. Tuttavia nella storia vi è un insegnamento, che è l’equivalente di una profezia, al quale tutti noi dovremmo riconoscergli il suo potere, ed è il non riuscire, per questa città, di comporre una storia politica che faccia da propulsore alle innovazioni sociali ed economiche di un territorio che, nonostante tutto, ancora spera nella sua completa realizzazione. È il fare società politica che probabilmente stenta a realizzarsi per costruire quella costante interazione tra la governance e la contemporaneità delle esigenze territoriali, le quali presumono una linea di soluzione che si spinga oltre il personale pensiero; guardando esclusivamente alla collettività. Quando ci è possibile considerare prospettive future dalle fattezze positive? Quanti e quali eventi debbono accadere e succedersi per invogliarci a pensare, all’unisono, che più si ritarda nelle cose ancor più si rischia di restare indietro? Siamo una comunità intelligente, produttiva, imprenditoriale e culturale; allora perché non riflettere in maniera innovativa e circoscritta al benessere del territorio? Le diatribe, le animosità, le avversioni, le opposizioni a tutti e a tutto possono invalidare il concetto stesso di arricchire la nostra mentalità con dei nuovi comportamenti: univoci, organizzati e utili alla bellezza del luogo che viviamo.