Durante una ricerca sulla seconda guerra mondiale, ma ancor più sullo sbarco degli Alleati a Paestum, mi sono imbattuto in diversi documenti i quali a volte la raccontano diversamente da come la storiografia ufficiale l’ha proposta fino ad oggi. Documenti e memoriali che man mano si materializzano alla luce del sole, seppur a distanza di settantacinque anni, provenienti da polverosi archivi e bauli abbondonati, hanno tutte le prerogative per essere analizzati e studiati, con attenta osservazione e ancor più con interesse storico.
Trovare un documento ufficiale oppure una semplice lettera firmata non vuol dire, per chi effettua ricerca, che questi siano categoricamente inconfutabili; occorre sempre compararli con altre carte, libri, memoriali e così via, per il semplice motivo di ottenere quanta più possibile veridicità su ciò che si sta scoprendo. Ma questo, ovviamente, è a sua volta discutibile, ne è vero, a meno che, prove alla mano, non si dimostra quello che si sta raccontando; eppure anche così facendo le diverse opinioni difficilmente cambieranno per convergere verso una razionale condivisione. Il motivo è che quando si racconta di guerra gli autori sono sempre i vincitori o meglio la parte storica più diffusa è sempre quella di chi ha vinto, mentre la storiografia dei vinti passa in secondo piano e a volte addirittura estromessa dalla storia stessa.
Non sarà il caso di quello che qui si vuole raccontare, ma senz’altro anche questo fatto è per lo più sconosciuto, anzi possiamo dire per nulla raccontato, se non dal diretto interessato nelle sue memorie lasciate ai posteri.
Ma veniamo ai fatti: fine agosto, inizio settembre 1943, mentre gli Alleati si rileggono il piano di invasione della penisola italiana i tedeschi, sotto il comando supremo del Federmaresciallo Albert Kesserling, il quale si mostrerà molto risentito dell’armistizio degli italiani con gli Alleati, si preparavano alla difesa delle coste, unitamente alla 222a Divisione Costiera Italiana.
Al comando delle Divisioni vi erano, per i tedeschi il Generale Heinrich von Vietinghoff e per gli italiani il Generale Ferrante Gonzaga, quest’ultimo l’8 settembre sarà vittima a Eboli, insieme ad altri due ufficiali, in quanto non volle arrendersi e consegnare le armi ai tedeschi, a seguito della resa dell’Italia.
Il 6 settembre 1943, i ricognitori della Luftwaffe notarono che le portaerei britanniche si stavano radunando, mentre un rapporto dell’Intelligence navale tedesca comunicava che non era da escludersi un’ offensiva degli alleati verso Salerno. Il giorno seguente altri avvistamenti dei ricognitori segnalavano lo spostamento di un altro convoglio a nord di Palermo. L’allarme era stato dato, il Generale Heinrich von Vietinghoff , dal suo comando che si trovava a Polla, decise allora di accelerare le ultime operarazioni di difesa. Tra gli alti ufficiali della Wehrmarcht, c’era il Generale Hermann Balck (1893-1982), che nei decenni successivi alla guerra storici e alti ufficiali lo descriveranno come “il più grande Generale tedesco” del quale pochi ne hanno sentito parlare. Nato a Danzica in una famiglia di militari, suo padre William era generale del’Esercito Imperiale, poco più che ventenne diventò Ufficiale di Fanteria; durante la Prima Guerra Mondiale dimostrò tutta la sua abilità sia operativa che di comando. Venne decorato diverse volte e la sua carriera militare ebbe una veloce ascesa. All’inizio della Seconda Guerra Mondiale rifiutò di entrare nello Stato Maggiore: preferiva stare in prima linea con le sue Truppe. Nel 1943 fu elevato a grado di Maggiore Generale e trasferito al comando tedesco del sud, dove pensò di recarsi ad ispezionare le postazioni di difesa della Decima Armata, che avrebbero dovuto, dall’entroterra, ostacolare lo sbarco Alleato. Raggiunse anche Paestum e ammirò le meraviglie dei Templi che dalla loro maestosità sminuivano ogni potenza pretesa dall’uomo, dalle armi o dalle guerre. Il Generale Balck restò affascinato da quelle opere straordinarie, tanto da ordinare all’artiglieria di non rivolgere cannoni e mortai in direzione di questi, facendo cambiare le traiettorie di tiro.
Volle così evitare che i contrattacchi colpissero quelle meraviglie. Ecco come lo stesso Hermann Balck lo racconta nelle sue memorie: «Tra il 3 e il 5 settembre ho visitato la 16a divisione panzer, la divisione Herman Göring e la 15a divisione Panzergrenadier. Sfortunatamente, la divisione consisteva principalmente di reclute. Nel frattempo abbiamo fatto tutta la preparazione necessaria per prendere in consegna immediatamente tutte le batterie costiere italiane nel nostro settore. Gli antichi Templi greci di Paestum si avvicinavano all’armonia delle dimensioni del Partenone, o forse addirittura lo superavano. Ho ordinato all’artiglieria di modificare il suo spiegamento in modo che i Templi non fossero nella linea di fuoco» (Order in Chaos, The Memoirs of General of Panzer Troops Hermann Balck). Allora se così, perché i meriti andorono tutti al Generale americano Clark? Vi sono documenti che attestano la volontà di questo di non far cadere bombe sui templi di Paestum? O basta solo il suo libro “Rischio Calcolato”, dove racconta che il Comando delle truppe Alleate si preoccuparono per i Templi? Qualcosa documentata c’è, però la racconta diversamente, inoltre analizzando bene la situazione che si verificò il 9 settembre 1943 sulle spiagge di Paestum, emerge che era molto più probabile che i Templi venissero colpiti dall’artiglieria tedesca piuttosto che dal cannoneggiamento preliminare delle navi americane, qualora questo ci fosse stato. Ma poteva comunque accadere, se le Navi avrebbero voluto farlo. Ma se l’avessero fatto sarebbe stato tempo sprecato; solo pochi tedeschi si trovavano in alcuni bunker sulla spiaggia e sulla Torre di Paestum. Gli Alleati sapevano che le forze del nemico si erano posizionate più all’interno del territorio prediligendo una difesa tra le colline della Piana del Sele, e quindi quest’ultimi sparando con l’artiglieria avrebbero sicuramente colpito i Templi, se appunto Balck non avesse fatto modificare la traiettoria di fuoco.
Relativamente al generale Clark, il quale si appropiò della scelta strategica di non far bombardare l’antica città di Paestum, ma se vero fu soltanto per tattica e non esclusivamente per salvaguardare i Templi, e soprattutto una decisione presa tra più comandanti, pare desiderasse post conflitto di ricevere i dovuti meriti. I piani di battaglia tennero conto di Paestum, sicuramente, ma sono i documenti degli stessi americani che spiegano questo concetto ad altre situzioni e non particolarmente per le antiche colonne. Quindi un puro caso se le bombe americane non attinsero i Templi? Pare di si. ma forse cìè ancora dell’altro.
Il vice Ammiraglio Henry Kant Hewitt, comandante generale della US Naval per l’operazione Avalanche, aveva stilato un elenco di ben 275 bersagli da colpire, con il bombardamento preliminare allo sbarco di Salerno. Ma il Generale Fred L.Walker negò a Hewitt quest’azione. Il primo motivo fu per non trovarsi contro la popolazione, visto che l’armistizio era stato firmato, e un cannoneggiamento navale di quelle proporzioni avrebbe causato sicuramente molte vittime oltre confermare ai tedeschi che lo sbarco si stava realizzando su quelle spiagge. Veramente le vittime civili ci furono lo stesso, e tante, nei giorni seguenti all’invasione. E inoltre il Generale Walker, sensibile alla popolazione e alle opere d’arte, non volle assolutamente che le bombe cadessero nell’antica città dei templi, distruggendo così una meravilgia storica (vedesi le memorie di Fred. L. Walker). Hewitt manifestò la sua contrarietà ma senza esito. Per cui è vero che le navi non eseguirono un preliminare fuoco per facilitare lo sbarco (Fonte: doc. desegretato, APO, rapporto al Comando Generale dell’11 ottobre 1943) ma questa scelta fu fatta per motivi, forse sì strategici militari (Fonte: U.S.A. File A4-3/N31, serial 00494, Operation Plan no.7-43, Avon/W1) ma anche per motivi di sensiblità verso i templi di Paestum. Inoltre nel Planning of Invasion, il file originale del piano di sbarco alleato, più volte vi è il richiamo alla Città dei Templi, ma per motivi di identificazione del territorio e delle spiagge oppure per punto di riferimento e non come area da preservare alle bombe. In seguito, dalle navi, ci fu un cannoneggiamento, dopo lo sbarco però, ma questo fu diretto nell’entroterra, verso le postazioni dei tedeschi, per cui non potevano interessare l’area dei Templi con la loro gittata da 18 a ca. 30 chilometri. Difatti la testimonianza del Generale tedesco Seffried Westphal, Capo di Stato Maggiore, conferma che i cannoni delle navi americane spararono verso le postazioni tra i territori rocciosi collinari: «La più grande sofferenza subita dalle truppe è stata causata dal fuoco di cannoni di grosso calibro delle navi, da cui non potevano trovare protezione nel terreno roccioso» (USN History Navy.mil).
Che si abbia o meno, e non si ha, la certezza che Clark non ha voluto far cadere bombe sui templi per preservarli; che si accetti o meno quanto dallo stesso Balk raccontato nelle sue memorie, o quello raccontato dal generale Walker, oppure di quello che i documenti descrivono, ciò che è certo è che fortunatamente l’antica città di Paestum sia uscita illesa da una guerra che il 9 settembre 1943 divenne ancora più violenta, per un’Italia che non solo si ritrovò con una doppia Repubblica, ma che lasciò al futuro le orme più profonde che la storia contemporanea potesse imprimere in un terreno spietato e privo di umanità.