Il 4 agosto è il giorno previsto per l’ultimo strappo verso il Cervati. Le minacce di cattivo tempo ci convincono a desistere e facciamo bene perché nella tarda mattinata si scatena un curioso e perdurante temporale.
La pioggia non tradisce le previsioni nemmeno il pianura, infatti anche a casa scende senza risparmio.
A tarda sera si apre uno spiraglio per il 5 e, con Gina, decidiamo di completare il nostro viaggio conquistando i 1899 m della cima del monte.
Risaliamo la Valle del Calore fino a Piaggine in località Festola. Da qui, inforcati i bastoncini e calzati gli scarponi imbocchiamo la strada che risale la gola costeggiando il Cervatello sulla destra. Lo spunto iniziale ci fa sudare anche se la temperatura non supera i 23 gradi. La vecchia strada bianca che si addentra nel primo bosco è ancora pervasa dal l’odore della pioggia che ha lasciato tracce di sé nel sottobosco e nelle cunette dalle quali si sente scorrere a Valle quel che resta del temporale.
I campanacci di equini e bovini che raspano i prati rinverditi accompagnano l’andare. Arriviamo alla fontana prospiciente il punto di cooptazione della sorgente del Calore con la voglia di acqua fresca. Facciamo scorta per il prosieguo del viaggio e ripartiamo in direzione della strada che sale da Sanza per intercettarla.
I profondi di solchi scavati dalle ruote dei mezzi che si sono arrischiati a risalire lo sterrato scorciatoia della Festola, più avanti, diventano crateri insuperabili. Non è così per chi si muove a piedi.
Superata la croce posata nello slargo che si apre a chi vuole deviare a sinistra perso la “Nevera del Cervati”, iniziamo la discesina che ci immette sull’arteria che consente ai Sanzesi di arrivare con ogni mezzo fino a ridosso della cappella della Madonna della neve.
La vegetazione è fitta e mantiene il nostro cammino all’ombra dei faggi. Si tratta di coprire ancora 4 dei 9 Km che è la distanza tra il nostro punto di partenza e la vetta.
Ancora automobili risalgono al monte stracariche di vivande e persone che hanno scelto il giorno dopo della festa per passare una giornata in relax.
Ci distraiamo raccogliendo fragoline di bosco che richiamano la nostra attenzione dal ciglio della strada esposto a Sud. Quando in fondo al penultimo tornante vediamo un bagliore di luce, siamo certi di essere in prossimità della parte scoperta della montagna. Ormai manca poco alla vetta. Percorriamo l’ultimo tratto, che di solito è costellato di baracche che offrono ognuno ben di Dio per rifocillare i pellegrini, scevro da ogni baccano. L’ultima salita è protetta da un cancello chiuso alle auto, ma aperto ai pedoni. La cappella è chiusa e con Gina ci dirigiamo verso la grotta dove è allocata la statua inamovibile della Madonna della neve. Ci informiamo e scopriamo che è serrata anche quel l’accesso al culto. Scendiamo lo stesso fino a balcone sull’infinita faggeta per una preghiera e per goderci il panorama che si allunga per tutta la Valle del Calore e per il Vallo di Diano.
Risaliamo costeggiando gli orridi strapiombi verso il nulla sottostante dove osano solo i falchi e le aquile.
Intanto nuvole si son date appuntamento sulla cima. Decidiamo di guadagnare strada incamminandoci verso il rifugio Rosolia gestito da Riccardo. Lungo il sentiero che costeggia la parte Nord del cratere incontriamo Fabio Cinnadaio, in vacanza a Piaggine: un giovane che ha trovato la sua strada oltre la linea Gotica. La mulattiera che scende al pianoro del rifugio è l’osso più duro da affrontare per Gina. Con calma e con l’aiuto dei bastoni arriva a Valle senza problemi. In località Chianolle c’è il solito accampamento di tende e rifugi di fortuna che, come ogni anno ospitano decide di famiglie piagginesi che bivaccano nelle immediate vicinanze del rifugio.
Il cielo, intanto, si colora di grigio. Abbiamo ancora 10 Km da percorrere prima di giungere ai piedi della Festola dove abbiamo lasciata l’automobile. Un saluto a Riccardo e Peppino con la promessa di rivederci presto, e via giù per lo sterrato nella faggeta che ci condurrà a Valle.
Una breve sosta ai piedi del varco che una trentina di anni fa fu aperto da una valanga nel verde del pendio per mangiare panini e per ricordare che l’abbiamo risalita più volte: sia d’estate che d’inverno. La natura ha quasi completato l’opera di ripristino dei luoghi: il novellame ha ormai superato in altezza i margini della ferita. Riprendiamo con rinnovato vigore il cammino puntando al Piano degli “zingari” per goderci la vista impagabile del gigante buono che si erge verso il cielo.
La fatica si fa sentire ma siamo ormai certi di aver evitato l’acqua…
Alla Fontana dei Caciocavalli incontriamo Antonio, il pastore di capre che vive la sua esistenza tra le valli del Cervati. Uno scambio di saluti, una foto ricordo e ancora una promessa di rivederci presto.
Mancano ancora 4 Km all’auto. In un’ora dovremmo farcela. Intanto il Cervati è oscurato alla nostra vista e il cielo è sempre più minaccioso.
Di buona lena riprendiamo la discesa. Sarebbe un peccato farci cogliere dalla pioggia quasi alla fine dell’escursione. Sprono la mia compagna di viaggio a resistere.
Alla fontana di Padre Pio, posta proprio sotto la sorgente della Festola, facciamo un ultimo pieno d’acqua da bere. Arriva qualche goccia. Mi metto al piccolo trotto con l’intenzione di coprire l’ultimo Km più velocemente. Arrivo al punto di partenza dell’escursione quando il cellulare segna 21,400 Km. Ancora qualche goccia … riponiamo zaino e scarponcini nel bagagliaio e ripartiamo per rientrare a Piaggine.
Un salto da mamma Giuseppina per un saluto e un caffè. Una battuta con Paolo Paesano che esce in piazza dopo il riposino pomeridiano e poi … via verso casa che si trova in quella pianura da cui siamo partiti. La strada è bagnata. Il temporale che si inerpica ormai verso il monte è già passato da qui. Avrà fatto un giro pernicioso per arrivare in vetta stando attento ad “evitarci” …
Anche quest’anno ce l’abbiamo fatta a risalire la Valle del Calore come facevano i miei avi pastori nella transumanza di ritorno!