I l Museo Archeologico Nazionale di Paestum venne fondato nel 1952, fu fortemente voluto da Ugo Zanotti Bianco e Paola Zancani Montuoro per custodire i ritrovamenti rinvenuti nell’Heraion presso la Foce del Sele, più che altro sculture e statuette arcaiche e venne progettato proprio in funzione di esse. Dall’inizio degli anni ’50 alla fine degli anni ’60 ci furono una serie di campagne di scavo tra la città contenuta nelle mura e la necropoli, il materiale si quintuplicò e sorse, in vero fin da subito, la necessità di ampliare gli spazi museali a Paestum.
La progettazione fu attuata in diversi momenti, nel 1966 venne aperta al pubblico la Sala delle Metope e nel 1969 le Sale di Paestum, in cui iniziavano ad essere esposti i materiali rinvenuti in loco. Il museo è diviso in tre sezioni che ne costituiscono un percorso cronologico che evidenzia anche lo sviluppo culturale che ha identificato le varie epoche pestane. La prima sezione è dedicata ai ritrovamenti preistorici e protostorici fino all’epoca greca, la seconda sezione mostra il materiale ritrovato all’Heraion di Foce Sele mentre la terza è interamente e dettagliatamente dedicata a Paestum. I materiali preistorici e protostorici sono esposti nella galleria superiore, si tratta di materiali provenienti dalla necropoli eneolitica del Gaudo. Vi sono non poche ceramiche ed armi accompagnate da una completa descrizione di tutte le tombe, due di queste ricostruite proprio all’interno del museo. Ancora si possono trovare i materiali delle necropoli situate a destra del fiume Sele a testimoniare una fiorente età del Ferro della piana di Paestum. La seconda sezione è costituita dalle due sale dell’Heraion, ospita tutti i ritrovamenti degli scavi fatti a sinistra del Sele nel 1934, una campagna fortunatissima che segnò la crescita culturale del territorio, rendendo necessaria l’apertura del museo e la conseguente istituzione del Parco Archeologico di Paestum. Nella prima stanza della seconda sezione sono esposti le metope, il fregio, i capitelli del thesauròs, i materiali delle stipi votive, con la sequenza tipologica delle rappresentazioni di Hera, le monete d’argento e la ceramica fino all’età ellenistica, romana e bizantina. Nella seconda stanza è riunita la documentazione dal tempio maggiore dell’Heraion. La terza sezione è dedicata a Paestum, in parte vi sono esposti materiali risalenti alla sua fondazione.
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La maggior parte della sezione è dedicata alla pittura funeraria, con l’esposizione di tombe a cassone o a camera con le pareti dipinte all’interno, qui è esposta la famosa Tomba del Tuffatore (V sec. a.C.), rinvenuta nel 1968 decorata con affreschi sui 4 lati della cassa, dev’essere appartenuta ad un personaggio aristocratico aperto a esperienze culturali centro-italiche, lo stile della decorazione pittorica, sebbene risenta dell’esperienza italiota è comunque impostato su modelli greci ionici e attici. L’ultima sala del museo è dedicata ai grandi maestri della ceramica pestana, e sono anche esposti due vasi con firma rispettivamente di Assteas e Pithon. Non da molto è stato individuato un altro pittore pestano, il cd. Pittore di Afrodite. Il Museo che, oggi è una parte del Parco Archeologico di Paestum, negli anni è diventato una tappa fondamentale per il turismo che interessa la Campania. All’ingresso il visitatore si trova di fronte alla Cella, una sala in cui vengono allestite le mostre temporanee. Tanti sono gli eventi che interessano il Parco Archeologico di Paestum durante il corso dell’anno, pensati per tutti. In particolare all’interno del museo ora è in corso la mostra allestita per i 50 anni dalla scoperta della Tomba del Tuffatore “L’immagine invisibile. La Tomba del Tuffatore”, inaugurata lo scorso 3 giugno.
La mostra conta 50 opere provenienti da musei nazionali ed internazionali e resterà aperta fino al prossimo 7 ottobre. “Dalle scoperte più clamorose sul tema dei culti misterici antichi in Magna Grecia, alle visioni edonistiche settecentesche del mondo di Bacco; dalle danzatrici caste e al tempo stesso sensuali di Canova per arrivare alle visioni novecentesche, altamente ambigue, di Corrado Cagli e Giorgio De Chirico.” Un percorso espositivo atto a stigmatizzare l’importanza artistica e filosofica del Tuffatore. La lastra rappresenta l’unica testimonianza della pittura greca a grandi dimensioni e non vascolare ma probabilmente anche un salto culturale per i greci vissuti dal IV sec. in poi. Prima di allora la concezione della morte riguardava solo la dimensione antitetica che essa aveva in confronto alla vita, chi dipinse sulla lastra di travertino un giovane nell’atto di tuffarsi al di là della vita, dipinse anche il messaggio metafisico della sopravvivenza dopo la morte.