Per verificare lo stato di salute di un paese basta verificare le condizioni in cui versano le strade, le quali fungono da schema arterioso per collegare il mondo ai suoi abitanti nello spazio, il tempo e i luoghi. Il Paese si rivela per quel che è, a cominciare dall’apparato architettonico più semplice. Se infatti non si riescono a sistemare le strade, come si può pensare di risolvere i problemi del paese? Queste tre strade, messe insieme formano una sorta di grande via in cui convergono le più disparate realtà sociali, politiche ed economiche, lo specchio di un disastro culturale, sintomo di un territorio che non sa prendere cura di se stesso, mostrando l’incuria delle amministrazioni comunali nei confronti del bene pubblico. Le buche rappresentano l’indicatore dello stato di emergenza della politica che amministra il nostro territorio, sono il prodotto di una manutenzione ordinaria fatta male e di una straordinaria manutenzione evitata negli ultimi trent’anni. Così le vie sono ridotte al collasso con gravi ripercussioni sulla viabilità, la sicurezza e l’incolumità stessa dei cittadini. Quando attraversi una strada viene naturale guardarsi attorno, per vedere cosa c’è, prima da un lato e poi dall’altro, qual è allora il paesaggio che si delinea sotto i nostri occhi?
Belle, funzionali e pulite all’estero, nel nord Europa, dove persino nell’est-europeo oggi le strade possono vantare uno stato di salute migliore di quelle italiane. Esse infatti rispettano meglio l’ambiente circostante, risultando anche più estetiche.
I problemi più comunemente riscontrabili sono quelli relativi ai possibili cedimenti dei terreni sottostanti, pericolo di frane nelle zone circostanti il tracciato (compreso il rischio di provocarle in corso d’opera), e dissesti idrogeologici. In generale i fattori di instabilità relativi alla realizzazione e alla manutenzione di una strada possono essere molteplici.
Il ripristino delle strade, in base ai dati raccolti dal Ministero delle infrastrutture e dei Trasporti realizzati ogni anno con il contributo di Aci e Istat è un problema che non dipende solo dalle scelte delle amministrazioni locali ma soprattutto dai forti tagli alla spesa pubblica. Bisogna dirlo, le nostre strade sono ridotte malissimo: strutturalmente inadeguate (sono quasi tutte senza corsia di emergenza), con fondi stradali sconnessi e segnaletica inadeguata (deteriorata o mancante). Le strade sono state svuotate di risorse, la manutenzione è stata così drasticamente ridotta, se ci sono frane o smottamenti nessuno è in grado di intervenire, la riasfaltatura e perfino il taglio dell’erba ai bordi della carreggiata si fanno saltuariamente. Si moltiplica invece, con la scusa della sicurezza, l’installazione di velox da parte dei comuni, i cui ricavi (le entrate delle multe) non sono certo reinvestiti per ripristinare le strade e renderle più sicure, vengono purtroppo utilizzati per fare cassa e chiudere i buchi di bilancio. Abbandonare il manto stradale a se stesso è estremamente antieconomico nel lungo termine.
La strada statale 18 Tirrena Inferiore è una delle grandi direttrici del traffico nazionale delle più importanti e lunghe arterie di collegamento del sud Italia. A gestire la SS18 è l’amministrazione della Regione Campania e della provincia di Salerno, essa collega la costa tirrenica salernitana e il territorio di Sapri con la costa calabrese. La tratta a gestione ANAS inizia a Salerno al km 54,590 (svincolo di Fratte dell’Autostrada A/3) e termina a Reggio Calabria. Percorre la direttrice stradale e ferroviaria Napoli – Reggio Calabria, collegando così i due centri urbani più estesi di queste due regioni. Si presenta nella sua interezza ad una sola carreggiata con due corsie, una per ogni senso di marcia. Un tratto di strada che parte da Napoli toccando Torre Annunziata, Salerno, Battipaglia, Rutino, Vallo, Torre Orsaia, Sapri, Paola, Sant’Eufemia, Nicastro, Monteleone per arrivare fino a Reggio Calabria.
Una babele fatta di irregolarità: lungo la Litoranea imperviano degrado e abbandono.
La Litoranea, un importante collegamento viario che collega Salerno Paestum, il tratto di costiera più impervio della provincia di Salerno.
Si estende la strada litoranea ai margini della piana del sele, strada a doppia carreggiata che costeggia il mare. Lungo la strada si susseguono ville abusive, villaggi turistici, discoteche, un continuo rettifilo caratterizzato dalla presenza di numerosi stabilimenti balneari attrezzati per un turismo effimero ad impronta familiare. L’area è circondata da zone coltivate e da terreni ricoperti di serre, lungo la quale ogni mattina gli “stranieri” si affacciano alla ricerca di lavoro.
Su un tratto di litoranea troviamo anche una pista ciclabile che si allunga fino alla foce del fiume Sele. È utilizzata quasi solo dai lavoratori maghrebini che si spostano tra i bar e i quadrivi della Piana. L’asfalto della pista ciclabile è sterrato, e l’originaria staccionata in legno, che un tempo bordava tutto il sentiero ciclabile, è stata poco a poco smantellata dalle prostitute, le quali hanno pensato bene di farne un utilizzo più consono ai propri bisogni: accendere dei fuochi durante l’inverno per riscaldarsi. Nessun ammonimento. La costruzione della pista ciclabile, che in realtà non è possibile utilizzare da parte dei ciclisti perché impervia, (non sarebbe adatta neanche a praticare del mountain biking), ha ristretto la sede stradale, rendendo la provinciale litoranea Salerno-Paestum una strada rischiosa, gli incidenti mortali non si contano più, per non parlare dei divieti ridicoli che scendono a 50 chilometri orari; un progetto che è servito a raccogliere voti dalla politica bassoliniana, inaugurata e poi abbandonata a se stessa; Lungo la strada resta ancora qualche residuo di rifiuti tossici come l’amianto. Degrado mostruoso che si aggrava durante la stagione estiva a cui si aggiunge l’odore nauseabondo dei sacchetti di immondizia lasciati a degradarsi al sole, e i sentori melliflui degli scarichi in mare; lungo il ciglio della strada, l’invasione dei pannelli pubblicitari, e i cani o cuccioli di cani abbandonati. A correggere il tiro a questo caos la lunga e interminabile serie di caseifici… Ecco, ahimé, il quadro pietoso intorno al quale il nostro turismo si sviluppa! Sembra che di questo caos nessuno percepisca l’anomalia e la disfunzionalità di tale assetto. Percorrere queste “vie” è come fare un giro panoramico nei disastri del mezzogiorno.
ll nostro, bisogna dirlo, non è un turismo di qualità ma di approssimazione. Non è studiato, non è diretto e gestito ma lasciato alla mercé della malavita che si riflette anche negli atteggiamenti viziosi dei singoli cittadini deresponsabilizzati; deviato e articolato dalla confusione di una comunità che comunità non è e che mai lo sarà.
La provinciale Salerno Paestum resta in questo particolare periodo dell’anno un fiume in piena che trasporta con sé le irregolarità presenti in tutti i vari settori economici e politici.
A questo disordine si aggiunge l’Aversana, un’altro svincolo che apre la città di Salerno alla Piana del Sele che dovrebbe garantire una viabilità alternativa all’SS 18,
la cui inaugurazione è avvenuta nel 2012; una strada ideata per alleggerire il flusso di traffico da e per il Cilento gravante sulla statale 18, per migliorare la sua viabilità e per raggiungere più agevolmente le località turistiche pensando di eliminare le condizioni di pericolo. Si è detto che l’opera fosse indispensabile “per il migliore e rendere più rapido l’accesso all’aeroporto ‘Salerno-Costa D’Amalfi”.