I media consentono agli italiani di essere connessi, ma non per questo dimostrano di essere interessati al destino comune; al contrario, il paese attraversa una gravissima crisi di solidarietà perché i cittadini sono incapaci di sentirsi prossimo. Sembra imminente il crollo del noi collettivo che tiene insieme la nazione; ciascuno pensa a se stesso. Dal giusto riconoscimento dei diritti di ogni cittadino si è passanti ad un’imperante egocrazia, costante riferimento di partiti dalla pretesa egemonica del potere pur dimostrando un insostenibile vuoto culturale. Tutti denunciano i sintomi di un diffuso malessere, in pochi sono disposti ad un partecipe ascolto per fornire aiuti concreti. L’analisi della condizione presente suscita il desiderio di una nuova visione della contemporaneità fondata sul riconoscimento dell’importanza del bene comune. Per noi cristiani la festa del Corpus Domini fornisce l’opportunità d’iniziare questa ricerca.
La frazione del pane è un rito tipico della cena ebraica. Gesù come capo della mensa lo benedice, lo spezza e distribuisce, gesto così caratteristico che consente ai discepoli di riconoscerlo quando appare dopo la risurrezione. Perciò, la condivisione del pane è divenuta espressione tipica dei cristiani per indicare l’assemblea eucaristica. E’ un gesto umanamente ricco di significati pur nella sua semplicità; si ripete ogni giorno su tutte le tavole imbandite dalla famiglia riunita per condividere il cibo che sostenta. Paolo, che ne fa esperienza nelle prime comunità, vi coglie un valore aggiunto: la reciprocità del dono che crea comunione ed unità. Se la vita a volte appare un deserto nel quale siamo condannati a vagare, sedere alla stessa mensa diventa un messaggio di speranza; nel pellegrinaggio della vita si mangia lo stesso pane e così si diventa comunità viva. Permane il rischio del dubbio e di una scandalizzata riserva mentale; è necessario perciò riflettere sull’Eucarestia per comprendere cosa veramente opera. Consente a ciascuno di noi di entrare in relazione vitale con la comunità; è una celebrazione che la rende presente, la costruisce consolidandola col segno di pace che genera fratellanza perché il pane condiviso diventa attenzione discreta ai bisogni degli altri. Eucarestia, cibo per la vita, un’evidente provocazione perché implica l’esame di coscienza. Fa riferimento al mangiare e al bere, azione centrale nella Bibbia. La storia della tentazione, del peccato, dell’espiazione e della salvezza è espressa in termini di nutrimento dono per indicare il rapporto uomo-Dio, uomo-natura, degli uomini tra loro, pronti a contendersi i beni, ma anche a riunirsi a tavola per celebrare nella pace i legami di amicizia.Se mangiare e bere esprimono bisogni primordiali, richiamano anche la comunione della famiglia umana, vero substrato del sacramento per risolvere il rapporto traumatico tra violenza e comunione. Quindi, é il sacramento che consente all’umanità, piegata e piagata dal peccato, di approdare alla vita beata.
Dio dona questo nutrimento: il Cristo, pane del cammino che consente di attraversare i deserti della sete e della fame al popolo diretto verso la meta comune. Il ricordo della propria condizione diventa un convincente appello per attualizzare l’esperienza della salvezza e prestare fede all’affermazione di Gesù: “Io sono il pane vivo”, cioè la realtà santa che fa vivere realizzando la prima legge del Signore, vale a dire che l’uomo viva. Perciò, ogni domenica è la festa del “prendete e mangiate, prendete e bevete”, dono non meritato ma che va preso e mangiato. Così l’Eucaristia diventa pane vivo per ciascuno di noi; infonde energia, fa sentire gli effetti del lievito, fortifica nel cuore le radici del coraggio di Cristo perché si vive della sua esistenza curando gli altri, il creato e se stessi. Egli rimane in noi e realizza un legame d’intimità che nutre la fede di abbagliante semplicità e fornisce la forza per intraprendere il viaggio verso la piena libertà non per un’adesione meramente ideale. La vita promessa non è premio meritato in futuro per la buona condotta in questo mondo, ma qualità di vita già nel presente per l’esperienza di amore concretamente vissuta. Il Corpus Domini è anche la festa che vede tanti bambini e bambine, spettacolo di meravigliosa innocenza dei prediletti di Gesù, ricevere la Prima Comunione. Si racconta che una bimba abbia chiesto a Benedetto XVI perché non vedeva Gesù nell’Eucarestia. “Sì, non lo vediamo – ha risposto il papa emerito – ma ci sono tante cose che non vediamo e che esistono e sono essenziali. Per esempio: non vediamo la nostra ragione e tuttavia abbiamo una ragione; non vediamo la nostra intelligenza e l’abbiamo… perché possiamo parlare, pensare, decidere. Quindi non vediamo il Signore ma vediamo gli effetti così possiamo capire che Gesù è presente”. Cosa significa fare la Comunione? Mettere in comune, uscire dalla solitudine, da chiusure ed egoismi; entrare in contatto con gli altri, spartire ciò che abbiamo perché tutti siano nella gioia. Nessuno può essere escluso: ognuno é invitato. Divisioni, discriminazioni, ingiustizie devono essere superate perché per Gesù è importante farsi dono agli altri; essere come Lui pane spezzato per gli altri. Il Signore si concede come cibo e bevanda per accompagnarci nel nostro quotidiano, impegno vissuto con gioia e fiducia nella divina provvidenza.
La Comunione dovrebbe essere fatta prima di tutto dagli adulti. Se non considerano importante questo rapporto con Dio e con la comunità, come possono pensare che i ragazzi si comportino diversamente? Attorno a loro molti valori vanno confondendosi e quasi scomparendo, sempre più massiccio si fa il materialismo, pressante il culto dell’apparenza, perciò tutta la comunità dovrebbe fare una scelta precisa e convinta e non soffocare lo spirito che dimora nel cuore dei bambini, non mortificare la vita interiore riempiendoli di cose, non fare violenza alla loro coscienza conformandoli ai modelli e ai sistemi di vita dominanti. La scelta di fare Comunione è un grido di libertà contro il piatto materialismo che, uccidendo le anime, mortifica l’intelligenza. Bambini, ragazzi, giovani devono trovare adulti disposti ad aiutarli a formarsi come cittadini che non si sottomette ai tanti condizionamenti della società, impegnati non solo a nutrire il loro corpo o alimentare la loro intelligenza, ma solleciti nel curare anche la loro anima formando una coscienza moralmente pulita e un cuore capace di amare e perdonare. Mentre Gesù Eucarestia attraversa le strade dei nostri paesi, meditiamo sul simbolo del pane, realtà santa perché fa vivere: un pugno di farina ricavata da tanti chicchi tratti da una spiga che, per crescere, è costata lavoro al contadino. Cose semplici, ma essenziali e coinvolgenti: Gesù è datore di vita come il pane. Egli diventa pane quotidiano quando la sua vita, buona e bella, diventa misura, energia, seme, lievito dell’umanità e ciascuno decide di essere un pezzo di pane buono per chi ama. Non è lirica utopia ma basilare riferimento per ogni programma di governo!