Quali sono le caratteristiche specifiche dell’irrimediabile?
Potrebbero riassumersi con i quindici difetti capitali, racchiusi nel Manifesto delle “3E”, elaborato per il Mezzogiorno ma che può applicarsi come modello di gestione su tutto il territorio nazionale. Questo manifesto individua i pilastri su cui far leva per venire fuori dallo stallo economico e politico in cui ci troviamo, per ridare energia vitale all’intero paese, ovvero: Economia, Etica e Estetica. Un documento stilato nel 2014 a cui hanno contribuito anche il sociologo Domenico De Masi e l’economista e politico Paolo Savona. Il monito è quello di guardarsi bene da: pressapochismo, infantilismo, incompetenza, arroganza, familismo, clientelismo, rozzezza estetica, trasformismo, provincialismo, disfattismo, sospetto, dietrologia, irriconoscenza, individualismo, rassegnazione. Si deve prendere atto che le cause delle opere incompiute, sono per la maggior parte dei casi imputabili alla trascuratezza sociale e non certo alla mancanza di finanziamenti adeguati, ma piuttosto all’approssimazione progettuale o alla lentezza della burocrazia, dunque, di base, attribuibili a una malformazione politica. È stato detto che Leonardo da Vinci avesse lasciato un certo numero di opere incomplete. Gli storici hanno suggerito che stava semplicemente perdendo interesse per le cose che stava facendo, passando a qualcos’altro. Per alcune amministrazioni, sapere quando smettere di lavorare o riconoscere il momento in cui un’opera è stata portata a termine, è tutt’altro che scontato, proprio come accade per alcuni artisti. Se attribuiamo il carattere incompiuto dell’opera di Leonardo alla sua distrazione o al suo improvviso disinteresse, altri artisti di questo periodo hanno scelto di abbandonarli intenzionalmente in questa fase del processo creativo. Un approccio così prolifico che porta un nome: il “tutto”. Gli artisti del Rinascimento italiano, tra cui Donatello e Michelangelo, lo sfruttarono. Ciò ha dato al loro lavoro un aspetto ruvido, partecipando a un’estetica del “non finito”, distinguendosi dall’aspetto laccato e levigato dei loro coetanei. Sarà così anche per i nostri amministratori pubblici? Avranno anche loro abbracciato l’estetica del “non finito” nella scala dei valori per nobilitare il nostro belpaese? Certamente uno dei più famosi difensori del “tutto”, Tiziano, ha lasciato molte delle sue ultime opere “incompiute”, una tecnica che i critici hanno descritto sia incompleta che mancante, oltre che risolutamente avanguardistica. Dovremmo forse pensare ai numerosi lavori infruttuosi e incompleti dell’Ente Parco come a delle opere d’avanguardia? L’incompletezza fa pensare a qualcosa che non è guidato, la cui ombra risiede, senza dubbio, nella mancanza di “visione”. La morale è che lo Stato (inteso in senso ampio ossia Regioni e Comuni) non solo non porta a termine quanto iniziato spendendo cifre esorbitanti, che se bene investite porterebbero ricchezza, rilanciando l’economia dell’intero territorio, oltre a garantire uno spazio di incontro, vitale per i cittadini, attraverso il quale sarebbe possibile ripensare le nostre, care, comunità.
Per chi non lo sapesse, esiste un elenco anagrafe delle opere incompiute, realizzato dal Sistema Informatico di Monitoraggio delle Opere Incompiute (SIMOI) – facente riferimento al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, alle Regioni e alle Province Autonome. L’aggiornamento dell’anagrafe è realizzato ai sensi del D.M. 13 marzo 2013, n. 42 disciplinante il “Regolamento recante modalità di redazione dell’elenco anagrafe delle opere pubbliche incompiute, di cui all’art. 44 bis del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214”. L’elenco è pubblicato inoltre sul sito www.serviziocontrattipubblici.it. Sarebbe utile stilarne uno che riguardasse esclusivamente il territorio del Parco Nazionale del Cilento, così come per tutti i parchi protetti. Restringere il campo d’azione aiuterebbe forse ad orientarsi meglio in questa grande giungla. Purtroppo anche questo sistema di monitoraggio ad oggi risulta non essere perfattamente operativo, la catalogazione è avvenuta solo in parte.
Roma, 16 luglio 2017 – Pierfrancesco De Robertis scrive: “Peggio di un’opera incompiuta c’è solo un elenco incompiuto di opere incompiute. Un capolavoro (compiuto) che solo in Italia, patria dei sensi ma soprattutto dei controsensi, si poteva realizzare”.
Tanti gli investimenti che nell’area Parco attendono il completamento: il Borgo di Pietracupa, grande patrimonio «potenziale» che nel tempo ha inghiottito una grande quantità di soldi pubblici. Si spera un coinvolgimento dei giovani. Resta ancora purtroppo un’aspirazione disattesa, confidando che un giorno non troppo lontano divenga realtà. Emerge un forte limite di governance del territorio e di opzione delle politiche di sviluppo capaci di stimolare l’economia locale, la crescita e l’occupazione. L’apertura del borgo potrebbe invece favorire la coesione di economia e ambiente.
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Suonano stonate, oltre che amare, le parole che ha rilasciato qualche mese fa il Presidente del Parco Nazionale del Cilento, Tommaso Pellegrino, a Radio Alfa. Si è pronunciato riguardo al Borgo di Pietracupa sostenendo: “Il borgo di Pietracupa a Roccadaspide rappresenta uno dei luoghi di eccellenza tra i più suggestivi, un intervento importante del Parco. Ricordiamo che lì ci sono nove casette che sono state ristrutturate, costruite tra fine ‘800 e inizio ‘900. Oggi abbiamo una struttura la cui vocazione è quella turistico ricettivo che deve rappresentare un valore aggiunto per l’intero territorio e questo si inserisce perfettamente in un lavoro straordinario che l’amministrazione comunale guidata dal sindaco Gabriele Iuliano sta facendo, un lavoro di valorizzazione, un lavoro di rilancio, un lavoro dove c’è grande attenzione per quello che è l’aspetto turististico perché noi abbiamo un territorio bellissimo, con grandi ricchezze, abbiamo un territorio con un patrimonio anche paesaggistico notevole però oggi dobbiamo fare in modo che tutto questo patrimonio rappresenti anche un momento di crescita. Noi speriamo che il borgo di Pietracupa possa rappresentare questo momento di crescita”.
Lo speravamo anche noi. Peccato che ora chi entrerà in possesso degli immobili dovrà ripristinare al meglio tutto quello che l’incuria e i vandali hanno deteriorato. Significa che un privato dovrà investire i suoi soldi per rilanciare un bene pubblico, un bene per il quale il cittadino ha già in parte contribuito pagando le tasse. Dopo un primo bando lanciato nel 2009, sono trascorsi degli anni e anche a distanza di anni, quando le amministrazioni avevano già dimostrato la loro non competenza, nonché la loro non volontà di far partire il progetto, hanno deciso di investire ulteriormente danaro pubblico per la costruzione di un parcheggio di cemento, che ha scavato la montagna deturpando completamente la bellezza di quel posto. Olè, nuovi soldi andati persi!
Un Bando per cosa? Per sopperire alle inadempienze amministrative dell’Ente Parco e delle Regioni? La cosa vergognosa è che sembra che le amministrazioni non debbano rendicontare mai niente a nessuno… Sconcertante il silenzio dei cittadini, i quali, forse, ignari della sua esistenza o per puro disinteresse a prendere parte attiva alle cose che dovrebbero invece riguardarli hanno preferito lasciar cadere l’ingiustizia. I lavori di riqualificazione per il Borgo di Pietracupa sono stati finanziati con i fondi europei, ideati per sostenere la crescita delle aree più deboli dell’Unione Europea, previsti quindi per valorizzare il patrimonio immobiliare del Parco Nazionale del Cilento Vallo di Diano e Alburni. Il presidente del Parco non è forse venuto a conoscenza del fatto che le strutture, dieci anni addietro, perfettamente attrezzate, ora giacciono nell’abbandono più assoluto? Tant’è vero che buona parte della dotazione è stata portata via, depredata. Di chi è la responsabilità se i fondi europei si perdono in una voragine fatta di gare irregolari e incapacità gestionali? Sarebbero tante le risorse a disposizione per far crescere il nostro paese, eppure il mancato senso civico tiene per sempre lontana la crescita dalla nostra terra. Mi chiedo, in questo caso, cosa significhi per le amministrazioni locali “valorizzazione” del patrimonio culturale? Al momento risultano essere stati spesi circa un milione e mezzo di euro, soldi pubblici che sono volati tra acquisizioni, ristrutturazione e acquisto di arredi e attrezzature. Un bene pubblico che vale oltre due milioni di euro, completamente incustodito e abbandonato, senza vigilanza. Perché l’Ente del Parco nazionale del Cilento non ammette le proprie colpe e provvede a rimediare?