A Stella Cilento si raccontano le favole … Le favole della tradizione orale, ambientate in sentieri e luoghi reali, quale patrimonio immateriale di tutto il territorio cilentano. Raccontare le favole significa cominciare a guardare con occhi nuovi la natura e attraversare con attenzione in modalità ricettiva i sentieri che hanno ispirato l’immaginario delle storie. Descrivere i luoghi in cui viviamo costituisce una forma di salvaguardia e di conservazione della propria eredità culturale; dispiegare il ricco e immaginifico luogo della memoria collettiva, rappresentato dalle antiche fiabe, significa esprimere il proprio potenziale di bellezza.
È una ricostruzione appassionata, quasi onirica, scandagliata dal suono sordo dei propri ricordi, quella operata da Fernando La Greca. Il suo lavoro si è mostrato come un esercizio disciplinato e spontaneo, dettato dalla necessità di salvaguardare la memoria e di preservare il ricordo, più semplicemente, il fascino, delle favole che gli venivano raccontate da bambino. Ecco perché un lavoro di questo tipo costituisce la chiave attraverso cui guardare alle proprie radici e alla propria identità. “Cuccipannèdda”, un libro in cui vengono racchiuse le fonti orali che hanno formato generazioni di lavoratori della terra, e in cui è possibile ritrovare la terminologia strettamente connessa al mondo agricolo, i canti e i racconti che accompagnavano i momenti del vivere quotidiano e sociale. Le rappresentazioni, le espressioni, le conoscenze, le abilità di una comunità.
Il nostro racconto ha inizio nel luogo in cui si estrinseca il Genius Loci dell’inesplorata bellezza di Stella Cilento: è la Cappella di Sant’Antonio Abate, detta la “Cappella Celeste”, la cui cupola, interamente affrescata, ci offre un raro esempio di pittura rinascimentale presente sul territorio cilentano. Avvolti dallo straordinario vortice di affreschi rarefatti si è colti dallo stupore. L’incontro è nel piccolo giardino adiacente alla chiesa, sotto gli ulivi, con il profumo delle zagare che diffusamente permeano lo spazio circostante. Uno splendido cerchio conviviale in cui siedono il curatore del libro, il Prof. Fernando La Greca, in compagnia di Milena Esposito, moderatrice della presentazione, e il sindaco Francesco Massanova insieme al delegato alla cultura, Raffaele Papa.
“Riceri nu cuntu” …
È in maniera spontanea che nasce l’idea della fiaba e del libro “Cuccipannèdda”. “Fiabe che non hanno nulla da invidiare alle blasonate di Basile o alle copiate fiabe dei fratelli Green”, sostiene Milena Esposito. Un libro che raccoglie inoltre le foto scattate dai turisti che hanno vissuto questi luoghi, per non creare, ma semplicemente raccogliere, attraverso un lavoro collettivo quel che c’è da raccontare … Oltre alla versione originale, in Cilentano, è stata ideata la traduzione in Italiano e anche in Inglese.
Ben quindici storie racchiuse in un immaginifica opera di valore storico. Queste fiabe non nascevano semplicemente per l’intrattenimento dei piccoli ma servivano soprattutto ad affrontare le difficoltà e le paure di un gruppo. Così Il Parco delle Favole nasce con l’obiettivo di dar voce a un disagio collettivo, dare voce a un territorio che rischia di morire lentamente se continua ad essere ignorato. Dargli attenzione è il presupposto per farlo continuare a vivere. Milena Esposito evoca le parole del noto filosofo Umberto Galimberti, secondo il quale non avere le parole per comunicare i propri disagi equivale a non poterli esternare, e quindi a non compiere quel lavoro di crescita interiore e di autodeterminazione fondamentale al superamento del proprio disagio. I racconti nascevano, infatti, dalle esigenze pratiche, come esercizio di esorcizzazione per scongiurare le proprie paure, attraverso l’immedesimazione. “Cose fondamentali per una società, una società che perde le proprie parole, rischia di perdere se stessa. Nel momento in cui scompare l’uso, scompare l’oggetto e scompare anche la parola, e come tali si intendono soprattutto quelle dialettali, quelle dei “Cunti ri cunti”, noi siamo fatti essenzialmente di parole. Il libro presentato ne è una prova inconfutabile”.
Sono state portate alcune registrazioni, per permettere di ascoltare la viva voce delle donne che le raccontavano.
“Le fiabe sono state raccolte dalla voce di mia madre, Sicilia Lauriello, di mia zia, Ida Lauriello di Guarazzano, e di Ernestina Monzo. Questo durante gli anni ‘80”. Delle registrazioni che sono nate dalla passione di Fernando per la tradizione popolare, il quale fin da piccolo minacciava sua madre dicendole: “Io nun mangio se tu non mi dici nu cuntu”, che si raccontavano nei momenti più comuni durante la giornata; in cucina mentre si pulivano le cicorie, mentre si facevano altri lavori di cucito o di ricamo, dove quasi sempre c’erano dei bambini intorno. Da questi racconti viene fuori tutta la cultura cilentana, tutta la tradizione, i ricordi della convivialità, e i prodotti tipici, emerge anche una splendida descrizione dei paesi, delle stradine e delle case … Un lavoro di ricerca, un’operazione di raccolta fatta con amore, per restituire la dimensione di realtà in cui avvenivano questi momenti di autentica condivisione. Le favole non si raccontano mai allo stesso modo: “a volte le donne protagoniste di questi racconti, nel confronto si correggono le une con le altre, dandosi il cambio, ognuna apportando la propria versione”. Si ricostituire così quel filo infinito, che lega indissolubilmente gli uomini, quelli che furono e quelli che verranno. Le fiabe essendo una trasmissione orale, si ritrovano con lo stesso significato in tutto il mondo, anche se raccontate in maniera diversa, ma sempre con la rappresentazione degli stessi archetipi. La fiaba è universale, essa ha il ruolo importante di esorcizzare le nostre angosce.