Inizia a prendere dei contorni grotteschi la vicenda dei sacchetti biodegradabili in uso nei supermercati da inizio 2018. Sì, perchè da un lato ci si indigna per l’isola di plastica nell’oceano Pacifico mentre dall’altro si polemizza contro un provvedimento a salvaguardia dell’ambiente. L’ultimo escamotage, per il quale è stato necessario un chiarimento del Ministero della Salute, ha visto i clienti portarsi da casa i sacchetti. In questo caso la circolare del Ministero parla chiaro: “Si deve ammettere la possibilità di utilizzare – in luogo delle borse ultraleggere messe a disposizione, a pagamento, nell’esercizio commerciale – contenitori alternativi alle buste in plastica, comunque idonei a contenere alimenti quali frutta e verdura, autonomamente reperiti dal consumatore”. Quindi “non pare possibile che gli operatori del settore alimentare possano impedire o vietare tale facoltà di utilizzo”. Tuttavia, prosegue il Ministero della Salute, “laddove il consumatore non intenda acquistare il sacchetto ultraleggero commercializzato nell’esercizio commerciale per l’acquisto di frutta e verdura sfusa, può utilizzare sacchetti autonomamente reperiti solo se idonei a preservare l’integrità della merce e rispondenti alle caratteristiche di legge”. Quindi, “alla luce del parere del Consiglio di Stato… deve trattarsi di sacchetti monouso (quindi, non riutilizzabili), nuovi (quindi, non utilizzati in precedenza), integri, acquistati al di fuori degli esercizi commerciali, conformi alla normativa sui materiali a contatto con gli alimenti e aventi le caratteristiche ‘ambientali'” previste dalle legge 123/2017, che ha introdotto l’obbligo dei sacchetti compostabili a pagamento per l’ortofrutta. “Ciascun esercizio commerciale – conclude il Ministero – sarà dunque tenuto alla verifica dell’idoneità e della conformità a legge dei predetti sacchetti utilizzati dal consumatore”, potendo “vietare” i “sacchetti non conformi”. Il Ministero della Salute vede “possibili criticità” legate alla “diversità di peso dei contenitori alternativi” rispetto alle buste dei supermarket. Le bilance delle casse “sono tarate in modo da sottrarre dal peso di frutta e verdura la tara del sacchetto messo a disposizione del cliente (4-6 grammi circa). L’uso dei ‘contenitori alternativi’ acquistati al di fuori degli esercizi commerciali impedirebbe il calcolo corretto della tara”. Su questo “si reputa opportuno acquisire l’avviso del Ministero dello Sviluppo economico”.
Una storia insomma stucchevole, forse tutta italiana…