Il panorama della musica cilentana non è composto solo da musica popolare, ma tante sono le variegate sfaccettature che si insinuano nelle pieghe dell’arte di una terra che ha ancora qualcosa da raccontare, tanti sono i risvolti di passione, dedizione e abnegazione che compongono il mosaico. Ci occuperemo di uno dei volti dell’odierno panorama artistico cilentano, Denis Citera. Musicista e autore (è stato recentemente finalista di un concorso indetto dalle Aletti Editore e ha collaborato con artisti importantissimi), ci guiderà in queste righe nel suo universo di inchiostro, musica e batteria, testimoniando con franchezza la parabola di chi sta costruendo un prodotto musicale e culturale capace di far respirare la propria terra e liberarla dalle catene dei cliché fin troppo abusati.
Ciao Denis, parlaci della tua passione per la musica. Come è iniziata e quando hai capito che avresti fatto di essa un progetto e una scelta di vita? Chi sono i tuoi modelli e i tuoi influssi maggiori?
Ero davvero molto piccolo quando ho iniziato ad appassionarmi alla batteria, avrò avuto quattro o cinque anni, complice anche il grande interesse che vedevo nei confronti della musica da parte di mio fratello Francesco. Lui ha sei anni più di me e alla fine degli anni ’80 iniziava ad interessarsi ad organetto e fisarmonica. La passione verso i suoni da parte di tutti e due nasce comunque da nostro nonno Francesco e da nostro padre Pietro, storici costruttori e suonatori di zampogne e ciaramelle. Ho capito che avrei voluto fare il musicista a 15 anni, così mi sono affidato alle cure di uno dei più importanti batteristi italiani, Beppe Basile. Le medicine a volte erano amare…ma la cura efficace! Fino ai 14 anni ero convinto che scrivere dovesse essere la mia strada. In realtà ultimamente, guardandomi indietro, ho notato di non aver mai abbandonato la scrittura. Mi sono ritrovato infatti a contare quante canzoni, pensieri sparsi e racconti scritti da me ci siano in giro e quanti ancora chiusi nel cassetto e devo dire che si tratta di una produzione abbastanza nutrita seppure assolutamente (passami il termine) involontaria, nel senso che si è trattato di un accumulo di idee messe su carta nei tempi morti di quello che considero il mio lavoro reale, il musicista.
Parlaci delle tue attività con altri musicisti, Cappobbanna ed Export. Cosa hai tratto da queste esperienze in termini di crescita artistica e professionale?
Dal lavoro di gruppo o comunque dal lavoro in situazioni in cui sono parte creativa “attiva” posso sicuramente dire di aver imparato tantissimo anche e soprattutto quando mi sbagliavo. Quando credevo che le mie idee fossero migliori o che la mia visione su qualcosa fosse quella giusta. Mi sono abituato al confronto, allo scambio. E’ successo con i Capobbanna e succede ancora oggi con Export e Parecanò. Mi fido molto delle idee musicali di Angelo D’Ambrosio, insieme abbiamo suonato tantissimo e scritto molte cose, così come ho suonato e scritto molto con Raffaele Perfetto (altro valente musicista) per quanto riguarda i Parecanò.
E invece le soddisfazioni personali, individuali migliori quali sono state nel corso degli anni?
Nel corso degli anni ho avuto l’enorme fortuna di collaborare spesso con grandi artisti e personalità dello spettacolo in genere. Sicuramente tra le più importanti non posso non citare Ron, Tricarico, Annalisa Minetti, Peppino Di Capri, Fiordaliso, Riccardo Fogli, Carlo Faiello, Pupo, Rita Pavone, Michele Pecora, Fausto Leali, Fio Zanotti, Tiziana Rivale, Son, Bobby Solo, Iva Zanicchi …e molti molti altri Per fortuna ho anche avuto il tempo di lavorare e conoscere Fabrizio Frizzi perché ha presentato per tre anni il “Premio Ravera” (importante manifestazione marchigiana). Suono stabilmente nell’orchestra della manifestazione e posso confermare che Fabrizio era davvero la persona dolcissima e straordinaria che tutti descrivono. Una perdita prematura e ingiusta. Sul versante “autorale” invece quest’anno sono stato finalista del premio della “Aletti editore” con il testo di una mia canzone. La finale si teneva al CET, la famosa struttura Umbra che si occupa della formazione di nuovi autori e artisti. Questo mi ha dato la possibilità di incontrare di nuovo il maestro Mogol, col quale abbiamo avuto l’immensa fortuna di scrivere una canzone qualche anno fa insieme ai Capobbanna.
Cosa ne pensi del panorama artistico cilentano? Fioritura o stagnazione?
C’è molto spesso un fraintendimento di fondo quando si parla di “panorama musicale cilentano”, perché molti con questi termini vogliono intendere chi fa musica popolare o in generale chi si occupa di promozione e divulgazione del territorio anche tramite l’arte. Su questo versante non ho nulla da dire perché credo che il nostro territorio sia già ben rappresentato da gruppi come i Kiepo’ o i RittAntico. Sugli artisti in generale, a prescindere dal genere musicale o dal tipo di arte, posso invece affermare con sicurezza che tanti sono i talenti presenti in questa terra, spesso però vengono lasciati appassire dalla mancanza di infrastrutture, dalla pochezza delle risorse economiche dedicate e dal rifiuto quasi ossessivo da parte di molti enti di fare programmazione. La mancanza di supporto a tutti gli eventi culturali di lunga durata (…perché si, ci vogliono anni per far diventare importante un evento!) non ci permetterà mai di creare la “base” artistica su cui costruire o sulla quale tornare per sentirsi protetto e non abbandonato come artista. Quindi, in definitiva, nuova musica ce n’è, nuovi artisti ce ne sono ma ci vorrebbe una ventata d’aria nuova sia dentro che fuori le istituzioni. Una nuova opera senza adeguato supporto morale e materiale non ha futuro.
Chiudiamo con i tuoi progetti futuri.
Nel futuro mi piacerebbe portare avanti in maniera più incisiva sia i miei progetti di gruppo che le mie collaborazioni personali, oltre che cercare di far crescere mi figlia nel modo più sereno possibile. Peppa Pig permettendo.