Caravaggio, rissoso pittore dalla dubbia reputazione, ha fornito la pregnante rappresentazione di quanto domenica prossima narra il Vangelo. L’abilità nel fare della luce la protagonista delle sue opere si riflette sulla mano del Risorto che afferra il dito di Tommaso esaltando l’enigma se l’apostolo abbia veramente toccato il costato trafitto. La composizione si trasforma in un invito a riflettere su un quesito esistenziale di estrema attualità.
Giovanni riferisce che nessuno ha sentito bussare. Le porte sono sempre chiuse per la persistente paura e descrivono bene lo stato d’animo dei discepoli. L’uscio é sbarrato, ma il Risorto lo attraversa e convince i presenti ad uscire da quella stanza chiusa, un ambiente dall’aria viziata e saturo di paura, per recarsi in Galilea e ricominciare, occorre smettere di star tappati dentro per ripetere solo tra chi vi si rifugia: abbiamo visto il Maestro; è ora di iniziare ad essere operativi. Il Risorto, entrato nella stanza, si rivolge a Tommaso, il discepolo più polemico, e gli offre la prova sollecitata la settimana precedente. In risposta Didimo riconosce il suo Signore in una esclamazione di fede personale, anche se ancora a porte chiuse, non aperta alla comunità perché esitante. In effetti non è sufficiente il semplice vedere. Otto giorni prima le donne sono fuggite pur avendo visto un angelo, i discepoli hanno dubitato pur prostrandosi di fronte al Risorto, Cleopa e l’amico di Emmaus non lo hanno riconosciuto pur parlando per ore con Lui camminandogli accanto, la stessa Maddalena lo ha scambiato per il custode del giardino dove si trova il sepolcro.
Il Risorto non dice a Tommaso di osservarlo; gli chiede ancora di più, mettere il dito nella sua vita, toccare con mano le sue scelte, anche quelle che lo hanno portato alla morte. All’esclamazione di Didimo il Risorto risponde con tono scettico verso una fede appena professata: pensa di credere solo perché hai veduto! Ad essa contrappone chi crede anche senza aver visto, completando in tal modo l’elenco delle beatitudini perché le testimonianze sull’esperienza del Risorto trascendono la semplice visione. Non si tratta di consolare chi è nel dubbio, persistono le difficoltà anche dopo aver visto perché è difficile vivere come il Maestro ha insegnato, accettare il suo Spirito ed aprire finalmente le porte per compiere le scelte coinvolgenti e compromettenti.
Domenica prossima – in Albis, secondo la tradizione per ricordare la bianca veste portata dai catecumeni battezzati durante la grande veglia pasquale, ed oggi nota come domenica della divina misericordia – protagonista del passo evangelico ed esempio per tutti noi è un uomo che si differenzia dagli altri discepoli di Gesù: è un galileo radicale, idealista, cocciuto, pragmatico, attraversato da un dubbio generato dalla concretezza del suo voler essere razionale: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi, e non metto il mio dito nel posto dei chiodi, e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò” aveva detto. Tommaso é l’apostolo che riflette meglio il nostro atteggiamento rispetto alla Risurrezione e al Risorto. I suoi dubbi sono anche i nostri, a differenziarli è la sua disponibilità a ricercare la verità, la determinazione nel voler toccare per essere sicuro, consapevole che é troppo importante sapere chi veramente é il Maestro di Nazaret. Con Gesù ha condiviso per tre anni un’esperienza che ha lasciato il segno nel suo animo. Ha trascorso gli ultimi mesi in sua compagnia, sa che è morto ed ora gli vogliono far credere che è possibile sperimentare la sua presenza nei fratelli. Egli ritiene assurdo ciò che gli riferiscono gli apostoli, non vuole essere parte di un inganno compensatorio dettato dal dolore e accettato dai compagni di avventura che hanno seguito il Cristo crocifisso dai romani. Sostengono di averlo incontrato di nuovo e che li ha invitati ad una missione di pace diffondendo il perdono di Dio!
Gesù, paziente pedagogo, per incoraggiarlo e sciogliere i dubbi che lo assillano, mostra anche a Tommaso le ferite che dovrebbero aiutare a capire. La Resurrezione non annulla la Croce; infatti noi saremo ciò che siamo capaci di realizzare mettendo a frutto i talenti ricevuti. Le piaghe mostrate dal Cristo sono incontrovertibili prove dell’amore salvifico, sale e lievito per la vita, capaci di sciogliere anche la fronte rugosa di Didimo, il gemello che bene ci rappresenta nel dubbio e nella ricerca della verità.
Il passo del vangelo riassume bene queste tappe. Alla fine, stando alle parole riportate dagli evangelisti, se Pietro è stato il primo a chiamare Gesù Messia, con la sua confessione Tommaso è il primo ad affermare che Gesù é il Signore, pronto a seguirlo ovunque affrontando qualsiasi pericolo. Lo aveva dichiarato qualche giorno prima, quando Gesù riferiva agli apostoli impauriti che occorreva andare da Lazzaro ammalato e bisognoso di aiuto. Pronto a morire con suo maestro – (Gv 11:16) – Didimo non rimane per giorni chiuso in una stanza come gli altri che hanno visto il Risorto, gira per le strade di Gerusalemme senza timore. Il particolare rivela il suo carattere, che trova conferma nella tradizione circa gli ultimi anni di vita quando si reca ai confini più remoti del mondo greco-latino, tra India e Cina, per annunziare il Risorto. Vinto ogni dubbio, egli non aveva in mente che testimoniare la Resurrezione del suo Signore, una luce radiosa, dono del Risorto che aveva spazzato via tutti i suoi dubbi.