Sono Ivana Serra, il mio paese d’origine è Abatemarco, frazione di Montano Antilia. Sono laureata in economia e commercio e lavoro come direttore amministrativo al liceo Francesco De Sanctis di Salerno.
Dove è nata e quanto tempo è rimasta nel paese d’origine, oppure quando e perché i suoi genitori si sono trasferiti in città?
Io in realtà sono nata in Svizzera, a Mannedorf, un piccolo paese vicino Zurigo. I miei genitori hanno vissuto lì per ben dieci anni da emigranti, con mio fratello più grande. Appena sono nata io siamo tornati in Cilento, ad Abatemarco. Da quel momento io sono cresciuta in paese, per poi trasferirmi a Salerno a 19 anni, da sola, per frequentare l’università.
Quante volte e in che occasioni torna nel suo paese di origine nel corso dell’anno?
Torno in paese a trovare i miei genitori e gli amici almeno una volta al mese. Ovviamente trascorro in paese anche la maggior parte delle festività e in generale dei giorni di ferie.
Cosa ricorda delle tradizioni della vita in paese di quando era giovane?
I miei ricordi sono principalmente legati alla cultura contadina. Sebbene impegnata negli studi, ho sempre aiutato, anche a volta controvoglia, i miei genitori nel lavoro dei campi. Ricordo con emozione la mietitura e la trebbiatura del grano. I miei nonni radunavano figli e nipoti, per noi piccoli era una festa. Si iniziava al mattino presto, e alle dieci si smetteva già di lavorare il resto della giornata si festeggiava, gareggiavamo a chi riusciva a mietere più grano. La trebbiatura era ancora più bella, perché il risultato del duro lavoro era visibile. I chicchi in tutti il loro splendore venivano portati al mulino per ricavarne la farina. Ricordo le distese dorate di chicchi nei granai, la consistenza della farina, l’odore del pane.
Non posso non citare la vendemmia, in particolare il momento in cui pestavamo l’uva con i piedi. Quello che mi è rimasto è l’idea, che tutt’ora hanno i miei genitori, che è la natura che detta i tempi, e noi che ci dobbiamo adeguare.
Quali luoghi sono rimasti impressi nella sua memoria sia sotto l’aspetto del vissuto personale sia relativamente a fatti o episodi che hanno lasciato il segno?
Non saprei indicare un luogo preciso. Ho nel cuore tutto il territorio cilentano. La natura selvaggia e incontaminata dell’entroterra, le spiagge da sogno con la loro sabbia sottilissima. Da ragazza andavo spesso a San Severino di Centola, nella zona del borgo medioevale ormai disabitato. Luogo davvero suggestivo.
Crede che sia irreversibile la decadenza dei piccoli borghi dell’area parco del Cilento, Vallo di Diano e Alburni?
Non parlerei proprio di decadenza. L’urbanizzazione è un processo direi naturale e inevitabile, diretta conseguenza dell’industrializzazione. Invertire questo processo richiederebbe davvero un impegno credo immane, quello che invece sicuramente si può fare è per esempio educare al ritorno. I miei figli sono nati da genitori cilentani, sono sempre vissuti a Salerno ma si sentono giustamente cilentani. Io e mio marito abbiamo trasmesso loro la cultura, le tradizioni, dalle canzoni alle ricette culinarie. Questo ha fatto sì che loro, se pur ormai grandi, “scappino” volentieri in Cilento appena possono, invitino ogni estate gli amici, facciano conoscere il nostro territorio fuori dalla Campania.
Che atteggiamento ha nei confronti di chi è rimasto nel paese quando torna nel luogo da dove proviene?
Sicuramente di grande affetto.Quando si cresce in un piccolo paese come il mio (circa 450 abitanti), si ha davvero la sensazione di essere tutti parenti, si sa tutto di tutti, le gioie e i dolori sono sentimenti condivisi.
Viceversa, come viene accolta da amici, parenti e conoscenti?
Sono sempre stata accolta con calore. Non mi sono mai sentita estraniata o giudicata per essere andata via, proprio perché come ho detto se ne percepisce la necessità.
Come pensa di poter contribuire a rivitalizzare piazze, vie e tradizioni delle aree interne?
Come ho già detto, se andare via è una necessità, dovrebbe esserlo anche tornare quando si può. Mi viene in mente la canzone “so nato a lo Ciliento e me ne vanto”, quando Aniello De Vita canta “e grazie a Dio la terra ca scarpiso non è lontana”.
È necessario inoltre supportare le iniziative culturali promosse, come questa associazione, che ringrazio vivamente. La cosa che ho sicuramente avvertito in questi anni è che il Cilento è davvero poco conosciuto, non può che farmi piacere quindi, la nascita di un’associazione come questa, che ha come scopo proprio la promozione del territorio.
Nella città in cui vive ha regolari rapporti con gente che proviene dal suo stesso paese o da quelli limitrofi?
Certo. Ritrovare i compaesani in città è ogni volta un piacere, perché ti dà la possibilità di condividere ricordi e abitudini, e rivivere emozioni, sapori e anche profumi della propria terra. Ho spesso l’impressione che tra cilentani ci si “capisce al volo”.