L’agricoltura nell’entroterra è una questione di passione, sangue e tradizione. La terra rappresenta la polvere da cui si è nati ed emersi, la fonte primaria di sussistenza e il soffio del passato che si intreccia felicemente col futuro. Un cliché fin troppo abusato vorrebbe dipingere i contadini quasi come degli zoticoni attaccati alla propria “roba”, un po’ come il Mastro Don Gesualdo di Verga, morbosamente attaccato alla propria terra e ai propri averi fino a volerseli portare nella tomba, una sorta di ritratto provinciale e calcificato nel tempo, ma che non sempre corrisponde alla realtà dei fatti. Seminare, zappare, innaffiare, prendersi cura di un terreno, sono attività che richiedono organizzazione, profonda conoscenza della morfologia del territorio e competenze. Spesso queste competenze vengono tramandate come una sorta di consuetudine non scritta da padri a figli, da nonni a nipoti, e si tramutano velocemente in patrimonio immateriale della mente, da applicare nelle circostanze più svariate. La conoscenza dei prodotti e del territorio è basilare, e anche ciò contribuisce a creare cultura. Una sorta di illustrazione quasi “macchiettistica” e poco rispondente alle pieghe del reale, vorrebbe tratteggiare i contadini come anziani, per la maggior parte. Ultimamente, invece, il trend si sta investendo. Sono spesso i giovani, delusi da un inserimento difficile e lacunoso nel mondo del lavoro o da una esperienza accademica non andata in porto, a tornare al proprio paesello e dedicarsi alla cura della terra, abbracciando le filosofie bio e a km zero, spesso collaborando anche con ristoranti che propongono un tipo di cucina salutare e genuina e proponendo loro i prodotti coltivati. Si continua a studiare.
Per informarsi su quale coltura sia migliore, per poter conoscere i semi, i frutti, le piante e le tecniche ottimali per svolgere il proprio compito, ma ci si consacra in toto alla terra. È un tipo di agricoltura diversa: da quella tramandata in modo consuetudinario dei nostri padri e nonni, a quella dei giovani, che applicano le proprie competenze di studio alla terra cercando di utilizzare metodi innovativi per portare a termine il proprio lavoro. In molti vedono nella terra un’ultima, rivoluzionaria possibilità di libertà e di realizzare una vita soddisfacente e piena. Non sempre vivere in una grande città è sinonimo di felicità e appagamento, vi sono anche spirito che trovano il proprio massimo completamento nella pace bucolica del proprio paese, con la terra da coltivare e i frutti da raccogliere. La nostra tradizione contadina non morirà mai, semmai si evolverà, e questo nuovo trend del ritorno dei giovani all’agricoltura ne è uno degli esempi più felici e lampanti.