Sabato sera, nella chiesa parrocchiale di Cannalonga sono stati presentati i risultati dello “Studio osservazionale sulla prevenzione di malattia neoplastica” nell’ambito del convegno che proponeva alcune considerazioni sulla dieta mediterranea nel territorio del Parco. Gli organizzatori hanno invitato sindaci, medici, responsabili delle strutture sanitarie, il presidente del parco. Come quest’ultimo, era assente la maggior parte dei primi cittadini dei paesi coinvolti nella ricerca; eppure le comunicazioni dei medici relatori sono risultate estremamente interessanti per la panoramica offerta sulle cause predisponenti della malattia, i comportamenti virtuosi per prevenirla, l’attività chirurgica per porre riparo ai casi di tumore alla mammella. Consolante è risultata la verifica statistica comparativa con i dati nazionali. L’attività dell’ospedale di Vallo registra, infatti, una sostanziale corrispondenza con le percentuali nazionali per i dati di sopravvivenza relativi a chi viene operato. Invece preoccupanti in prospettiva, almeno fin quando non si riusciranno a cogliere le cause dell’incidenza, sono i dati emersi dallo studio della Cooperativa medica Parmenide. Essa ha iniziato a “fotografare” la prevalenza della malattia neoplastica delle aree a sud di Salerno a partire dal 2014 interessando progressivamente una fetta di popolazione sempre più ampia. Lo studio è stato possibile grazie ai data base dei medici che operano nei comuni del comprensorio, frutto non di proiezioni o elaborazioni matematiche ma della lettura della documentazione conservata negli archivi degli studi medici. La particolarità è proprio questa: possedere maggiori informazioni rispetto ai dati ospedalieri perché inglobano anche quelli dei residenti che vanno a curarsi in altre strutture e restano comunque assistiti dei medici della cooperativa. Si tratta di 170 archivi in 70 comuni da Battipaglia a Sapri, complessivamente oltre 200 mila assistiti. I dati emersi hanno indotto ad approfondire la ricerca nei distretti di Vallo e di Sapri che sembrano risultare maggiormente a rischio.
Il dottor Luigi Di Gregorio ha spiegato con dovizia di grafici e indicazioni di metodo i risultati comunicando altresì che sta per essere completato il rilievo per singolo comune con la finalità di disporre della mappa particolareggiata circa la diffusione della malattia.
Dai dati nazionali si desume che la percentuale di cittadini italiani con una diagnosi di tumore si è stabilizzata intorno al 4,9% ed il totale degli ammalati di cancro ammonta a circa 3 milioni. Nel nostro territorio su poco meno di 200 mila assistiti indagati, la media secondo i dati dalla Cooperativa corrisponde grossomodo a quella nazionale ma con picchi superiori nei Distretti di Vallo e di Sapri. L’analisi dettagliata sarà fornita in un prossimo convegno che, probabilmente, si terrà alla fine di gennaio a Vallo, ma già da ora l’opinione pubblica dovrebbe interrogarsi sui motivi di questa maggiore incidenza su aree periferiche e che teoricamente dovrebbero risultare più protette.
Intanto, una volta a disposizione i dati per paese, forse potrebbe risultare interessante valutare l’incidenza in relazione alle attività prevalenti nel territorio comunale; ad esempio l’agricoltura intensiva con uso di fertilizzanti e di prodotti chimici nella Piana del Sele, oppure dove più marcati sono risultati i lavori pubblici che hanno richiesto scavi e sommovimento di terra; ad esempio, il tracciato della “cilentana”, oppure dove si sono realizzate dighe e per il passato sono stati allocati siti di stoccaggio per l’immondizia, ecc. Se le percentuali dovessero risultare identiche alla media dei singoli distretti sanitari di Battipaglia, Eboli-Buccino, Capaccio-Rocca, Vallo-Agropoli, Sapri-Camerota allora si dovrebbe procedere ad ulteriori verifiche, se invece si dovessero registrare medie sensibilmente più alte potrebbe vedersi confermato l’eventuale inquinamento dei suoli con tutte le conseguenze che ne potrebbero e dovrebbero derivare.
Si tratta di un argomento esplosivo, soprattutto per chi ha fatto della dieta alimentare il promoter di proposte turistiche paradisiache. Ma troppe volte il sud della provincia di Salerno ha dovuto subire i soprusi d’interessi privati rispetto alle esigenze del pubblico. Questa volta non si può continuare ad essere disattenti e manifestare disinteresse sottacendo un problema che incide sulla salute pubblica. È consigliabile mettere da parte l’uso strumentale dei centenari per fare della dieta mediterranea un attrattore dalla Finlandia alla Cina. Converrebbe che almeno una parte dei finanziamenti a pioggia erogati per organizzare discutibili iniziative siano devoluti per sostenere ricerche come quella della cooperativa Parmenide. In tal modo si eviterebbe anche un’evidente aporia, quella di enfatizzare un mero regime alimentare e non la concezione olistica propria della dieta sulla quale basare la bontà dei risultati. Infatti, ad essere coinvolti dovrebbero essere non solo alimenti, ma un modo di vivere volto alla salute con regole atte a valorizzare ogni aspetto: cibo, esercizio fisico, riposo e convivialità approntando menù nei quali si servono prodotti rigidamente locali, specie autoctone e non importate da ambienti che a partire dall’aria profumano di consumismo e di speculazione. Se l’odore dei soldi è neutro, certamente non lo è l’esigenza di preservare la salute in un contesto nel quale ecologia e gioia di vita costituiscono l’invidiabile connubio che rasserena l’esistenza di un popolo. La Chiesa, con i suoi ospizi e con gli ospedali da sempre pronta a prendersi cura della popolazione, in una società civile chiamata a soddisfare questi bisogni primari, sanciti e difesi dalla Costituzione repubblicana, si fa carico d’informare, orientare e sostenere l’opinione pubblica che, senza allarmismi, deve sapere per continuare a fare del suo modello di vita un esempio di progresso armonico, solidale ed ecologicamente sostenibile come raccomanda papa Francesco nella sua bella e fondamentale enciclica.