Una volta lasciato alle spalle il piccolo cancello dell’infanzia, un quattordicenne dei piccoli borghi della Valle del Calore deve compiere forse la prima scelta seria della propria vita, ossia quella che concerne la scuola superiore da frequentare nei cinque anni a venire. La scelta non è mai lussureggiante o ricca di opzioni, giacché la quasi totalità dei ragazzi dei piccoli borghi racchiusi nel ventre della Valle del Calore e degli Alburni (Aquara, Felitto, Castel San Lorenzo, Castelcivita, Bellosguardo, Sacco, Roscigno, Ottati) si trasferiscono in massa a Roccadaspide, che offre la possibilità di frequentare il liceo scientifico, il linguistico, lo sportivo, e le varie declinazioni dell’istituto tecnico. Una scelta comoda, quella di frequentare le scuole superiori a Roccadaspide: la cittadina è collegata in modo ottimale con tutti i piccoli borghi, tramite pullman con corse mattutine, e la distanza è molto ridotta. Raggiungere Roccadaspide non è un problema, anche perché vi è una forte concentrazione di lavoratori provenienti dai paesi limitrofi, e anche questo è un punto a favore degli studenti. Agli occhi di un quattordicenne abituato a vivere una realtà quotidiana fatta da una piazza, due o tre bar, una fontana, un negozio di alimentari e due pizzerie (per essere magnanimi), anche una cittadina come Roccadaspide può risultare eccitante: è come essere proiettati in un film diverso, una pellicola dai contorni “avventurosi”, ci si ritrova a fronteggiare e sperimentare sulla propria pelle una libertà nuova e diversa, fatta di uscite anticipate da scuola, “filoni” all’insaputa dei genitori, assemblee, occupazioni, cortei, giornate fuori con gli amici, e il teatro di tutto ciò è la nuova cittadina che fornisce occasioni e possibilità che un piccolo paese mai avrebbe potuto offrire. Tutte le piccole conquiste e tappe adolescenziali portano il marchio dello sfondo che le accompagna, e il background della città dove si sceglie di frequentare le superiori rimane inciso sulla pelle per anni, come un tatuaggio cucito perennemente sulla carne. E se invece non si vuole frequentare nessuno degli indirizzi presenti a Roccadaspide? Se si vuole frequentare il liceo classico? Le alternative ci sono, ma tutte meno agevoli. Si può scegliere di andare a Vallo della Lucania, a Eboli, Sala Consilina o addirittura Salerno. Le comunicazioni sono più strenue ed ardue, considerando che, ponendo come esempio il caso di Vallo della Lucania, non esistono pullman di linea né pullman privati, e l’unico modo per arrivarci comporta una formidabile dose di sacrificio: bisogna abbracciare la propria croce, trovare un modo per arrivare fino alle “Colonne D’Ercole” di Ponte Rotto e da lì aspettare un CSTP che traghetti, da Campora e passando per la Retara, fino alla cittadina cilentana. Oppure esiste il treno. Una volta risolto l’annoso problema del come arrivare, inizia per lo studente ginnasiale si apre forse una delle avventure migliori della propria vita: ricominciare, daccapo. Ricominciare, senza volti noti, senza le facce che si sono avvicendate nella propria vita fino ad allora. Soltanto i propri quattordici anni, la propria ingenuità e la propria paura. Si impara a macinare chilometri, si apprende la finissima arte del sacrificio, l’arte del percorrere strade infinite con le proprie suole, le levatacce alle cinque e mezza del mattino, il ritrovarsi catapultati in un contesto oggettivamente diverso dal proprio. Roccadaspide non è come Vallo della Lucania, non vi è quell’aria di familiarità, raramente ti ritrovi assieme al compagno di merende, all’ex amico di scuola o al parente che va lì per lavoro, le classi sono composte da facce sconosciute e la città, agli occhi di un quattordicenne, sembra un labirinto. Un labirinto che, con gli anni, si impara a domare e fare proprio, fino ad incarnarlo nelle fattezze del proprio cuore: s’impara ad apprezzare il gusto di andare in libreria, recarsi al forno a prendere rustici o pizzette appena sfornate e croccanti, s’impara ad attraversare la strada con piglio deciso se prima ci si reggeva a stento sulle proprie ginocchia vacillanti, s’impara la magia dei parchi, delle stazioni di pullman dove s’incrociano volti che vengono dalle montagne più inerpicati e occhi che sanno di paesi di mare. Si delinea sul proprio corpo la geografia di un Cilento più grande, si apprendono i confini dei paesi del Gelbison e dei borghi appollaiati sulla costa, s’impara un mare diverso e si viene a contatto persino con dialetti diversi. E poco importa se è molto più lontano di Roccadaspide e se non ci si può svegliare trenta minuti prima dell’inizio delle lezioni, perché anche le levatacce mattutine e i chilometri giornalieri saranno stati parte integrante dell’avventura migliore che possa vivere un ginnasiale: la scoperta di se stesso.
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