Gentile direttore, in questo novembre schivo senza tempo dove il pensiero si raccoglie e torna con il silenzio del passato ad interrogarci prepotente il presente, urge al destino della terra che abitiamo la nostra parte ed è per questo ,forse non dovevo e mi scuso, che torno ancora una volta e per amore ad invocare il sacro nome di Paestum!
Certamente, direttore, lei che della “fortuna” di Paestum ne è per legge il gran Custode, molto di più sa e conosce il ”triste caso” capitato al sacro nome di Paestum che, per una legge ingrata della regione Campania, ridotto ad una mera appendice toponomastica, tutto tace e sicuramente piace!
E per avere poi il legislatore campano osservato e consumato nella legittimità tutto l’iter procedurale, nulla alla difesa, nessuna via e niente è stato lasciato e tralasciato ed … è proprio questa la pena e la ragione per cui Le scrivo chè se nulla è più possibile provi con la bellezza, direttore, almeno lo stupore del … sognatore !
Fu scritto un tempo che l’uomo che crede e cerca, troverà e quando avrà trovato si “stupirà e quando si sarà stupito dominerà il mondo” e come in un miracoloso ritrovato “eterno ritorno” tutto potrà ricominciare tornando di nuovo il sacro nome di Paestum in alto nella sua solitaria bellezza ad illuminare con la sua luce il mondo ed oltre!
E’ cosa evidente: “e da verun negata non essere i nomi se non puri purissimi accidenti…” e noi più volte e con grande rispetto ci siamo inchinati a tanta sapienza ma il nome, il sacro nome di Paestum è altro e trascendendo con l’effimera sua natura “transeunte” il nome ed il nostro gran Lombardo, noi vogliamo però affermare con l’antica misura la “differenza” e rivendicare al sacro nome di Paestum una diversità che fatalmente lo eleva alto, solenne e prezioso tra i“beni inalienabili” di una comunità, di tutta l’umanità e di cui nessuno potrà mai abusare o consumare all’uopo di un qualsasi “particulare” , come giustamente e da molti anni universalmente dichiara con la sua volontà di salvaguardia l’Unesco! Perché come“spetialmente messor lo frate sole, lo qual è iorno, et allumini noi per lui. Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore: de te, Altissimu, porta significazione” così il sacro nome di Paestum porta “significazione“ di una antica e gloriosa civiltà e nessuna legge tanto meno il transeunte “diritto positivo” può farne commercio! Il nome di Paestum con la sua storia e la sua bellezza appartiene al mondo, all’umanità tutta intera e noi che di questa nobile ed antica terra siamo i figli ci sentiamo, come lei dall’alto deputata, un po’ custodi, siamo storditi dal silenzio o forse dalla consapevole condivisione, che rende sempre più surreale il nostro convincimento e ci chiediamo se al “diritto positivo” di cui pure riconosciamo il valore, è permesso di decidere e di legiferare su ogni cosa anche contro il “diritto naturale” dei figli a pretendere, oltre ogni confine amministrativo, di volere consegnare per “amore” alle generazioni future immacolato il nome della propria madre? Perché, direttore,gli uomini vanno così lontani e poi cadendo tradiscono con il padre il proprio nome? Perché vantando poi gli uomini un cammino di democrazia tradiscono con il consenso ahimè unanime la loro stessa identità? Perché non torna ancora nella antica città di Paestum ad abitare la sua casa un dio?
Perché, per queste tante domande e per questa mia personale pena non mai sopita mi sono permesso di rivolgermi a lei, direttore, che del sacro nome di Paestum ne è il gran custode, perché per la sua sapienza e alta sensibilità la “congiura” che un giorno fu di Capaccio, possa essere spezzata e vinta. E come la novella sua aurora annuncia, possa, per lo stupore di un dio che volle qui a Paestum costruire la sua casa, tornare ancora quella antica, mitica età dell’oro di quando in armonia con le stelle splendeva solitario nel cielo il sacro nome di Paestum e felice avanzava il tempo senza vecchiaia producendo alla fertile nostra terra spontaneamente frutti tanti odorosi e belli e copiosa e ogni cosa aveva il suo posto e i Numi amorevolmente custoditi nei Nomi regnavano e nei Nomi dei figli si onorava il padre e con il padre la legge e nessuno contro di levare la mano osava chè terribile era e troppo alto il fio da pagare !
E dunque come quell’età dell’oro che non esiste pure ci rimette in “cammino” tuttavia e come l’utopia ci spenge a camminare, ad avanzare ed a cercare e ci può per lo stupore accadere all’improvviso di farci signori del mondo, così io provo e tento e mi scuso ancora, direttore, se mi alletta e mi lusinga in Paestum un approdo impossibile e oso in conclusione di questa mia breve lettera di metterla a parte di questa“vexata questio” che chiusa da tempo forse per Lei direttore, potrebbe riardere di nuovo e consegnata a nuova luce rinascere meravigliosamente per quella poetica “illusione” che fu del grande Foscolo e che di tanto con la nostra vita alimenta il triste destino di questo sacro nome, che almeno“la Speme, ultima dea” non fugga“i sepolcri” ma cibandosi altrimenti di:“né di terra né di peltro, ma sapienza amore e virtute” possa rimanere ancora tanto e facendo argine alla furia distruttrice delle fameliche Erinni, possa ancora, nella sua autorevolezza, contro “i giorni dell’ira” che videro con il sacro nome di Paestum cadere anche quello dell’antica e nobile città di Capaccio, farsi artefice di novello, tanto “stupore” che in fin tornando a Paestum “‘l veltro” con la sua divin potenza possa ristabilire l’antico ordine restituendo alla nobile città di Capaccio la sua gloriosa storia ed al … mondo, che gli spetta, il sacro nome della città di Paestum!
Questo, nel silenzio del novembre schivo, gentile direttore, il fiore, che Le porto!
Gaetano Ricco
(Chiusa nelle prime ore antimeridiane di lunedì 20 novembre 2017)