Venerdì, presso la libreria Mondadori a Salerno è stato presentato il saggio di Franco Maldonato La Rivolta di Sapri, una nuova edizione che ricostruisce le vicende legate alla protesta degli abitanti della cittadina per i ritardi nell’inaugurazione dell’ospedale. Qualcuno potrebbe limitarsi a leggere il volume pensando ad un fatto di cronaca di alcuni decenni fa, ritenendo che da esso ad emergere sia l’anarchismo del Sud, il tradizionale ribellismo contadino che a volte ha dato vita a sismi sociali; ma tra le pieghe della vicenda emerge chiarissimo l’atavico bubbone costituito dalle modalità di espressione del circuito della rappresentanza politica legata a doppio filo alla spesa pubblica per cui si organizza il consenso ricorrendo ad un ramificato, persistente ed inquinante voto di scambio. Perciò, é riduttivo leggere il saggio considerandolo una cronaca che enfatizza fatti locali. In effetti, gli articoli di giornale pubblicati nel 1979 costituiscono un’efficace inchiesta, base per una proficua riflessione storica, un invito a ricercare i motivi della “stanca” circa l’impegno e le tensioni meridionalistiche, come scrive Spadolini nella presentazione alla edizione del 1985. Il saggio è un drammatico ammonimento su una situazione che, purtroppo, in Campania si trascina dal 1979 per quanto riguarda la sanità, in particolare nel sud della provincia di Salerno, dove nei fatti e in modo molto subdolo si sta smontando l’articolazione degli insediamenti ospedalieri commettendo, di fatto, un gravissimo reato contro la Costituzione che sancisce come primario il diritto alla salute dei cittadini.
L’autore invita a riflettere sui motivi delle sommosse e delle rivolte scoppiate nel decennio che corrisponde ai primi anni dell’esperienza regionale. Ad Avola la protesta è causata dalla sollecitazione di una giusta paga per i giornalieri impiegati nei campi, a Reggio per il lavoro, a Battipaglia per la crisi produttiva di alcuni stabilimenti di trasformazione dei prodotti agricoli, a L’Aquila perché trascurata nel progettare il reticolo regionale, ad Eboli per il trasferimento a Grottaminarda della Fiat, a Sapri per la crescente impazienza causata dai disagi e dai ritardi nell’inaugurare un ospedale già completato. Le cause dello scontento sono tutte collegabile alla mediazione interessata di lobby elettorali legate a partiti impelagati in una perversa convergenza consociativa.
Col passare degli anni, questi problemi si sono aggravati perché ha continuato a prevalere il “gattopardo”. A provarlo sono le condizioni delle regioni: note quelle della Sicilia a rischio bancarotta, evidente lo sfilacciamento socio-economico della Calabria dove poteri criminali risultano preminenti, l’Abruzzo dopo il terremoto continua a precipitare in un intollerabile disagio, le disfunzioni socio-economiche di Battipaglia, Eboli e Sapri sono l’emblema della provincia di Salerno, estremamente disgregata e con un capoluogo che non riesce ad orientare scelte coerenti. Nonostante retoriche rinascimentali che descrivono la illuminata ma poco illuminante città ippocratica, l’assillante presenza di Napoli induce a dimenticare le esigenze della vasta zona a Sud, ricca di potenzialità ma povera di risorse. La demografia la condanna ad un’evidente minorità per la sproporzione nel numero degli elettori, elemento non secondario nel considerare l’atteggiamento della sua rappresentanza locale, provinciale, regionale e nazionale, abile nel praticare reciproche interdizioni per cui sovente fa evocare i famosi capponi di Renzo, anche se nei circoscritti luoghi di azione ras locali vorrebbero dare la sensazione di abili galletti.
La popolazione sperimenta una persistenza di attese disilluse per l’incapacità dei mediatori, sovente anche scazonti in termini di correttezza. Si determina una progressiva sfiducia nei confronti della rappresentanza; elettori sfiduciati si astengono o diventano preda dell’idra populista. Questi aspetti sono colti con una lucida analisi da Paolo Macry nella prefazione del 1999 che Maldonato giustamente ripubblica. Emerge un Mezzogiorno inquieto e passivo, assuefatto alla pervasiva strategia assistenzialistica della quale è facile riconoscere i primi attori, in particolare notabili e politici che continuano a tessere le stesse trame, una classe dirigente locale che produce conflittualità in un continuo braccio di ferro segnato da persistenti caratteri familistici, una sovrapposizione a ciò che rimane dei partiti per la conveniente fedeltà al clan. A Sapri nel 1979 tutto ciò ha scatenato l’ira popolare che produce un’effimera svolta elettorale, ma non determina il rinnovamento delle elite politiche e sociali. E’ stata una rivolta contro lo Stato nella sua versione politica e amministrativa, indice puntato contro politici e burocrati i quali hanno risposto amalgamando ancor più il loro operato nel connubio di una poliburocrazia che lega alle esigenze del consenso ai partiti i dirigenti apicali – e non solo – ai quali è demandata l’elaborazione dei piani effettivi per distribuire a pioggia le risorse della spesa pubblica soprattutto regionale.
In realtà, a Sapri la gente non chiedeva meno Stato, ma una sua presenza più attenta ed efficace per gestire il welfare ed intervenire per bloccare il persistente tradimento dei partiti condizionati da broker locali, indispensabili per gestire potere in un circuito perverso per la progressiva bassa produzione di beni pubblici situazione che, con l’assottigliarsi delle risorse, assicura persistente successo ai gattopardi.
Franco Maldonato rimuove l’oblio da una storia locale assurta all’attenzione dell’opinione pubblica nazionale, colpita e sorpresa per un Mezzogiorno in movimento, che lotta civilmente per i propri diritti. Il saggio non è erudizione cronachistica e campanilistica, fa rivivere la tensione, la rabbia, la speranza e la lotta di quegli anni. Evoca la passione civile e il tentativo di coscientizzare cittadini che danno anima e corpo al dettato costituzionale, rivendicandolo contro le manovre di che era stato delegato a rappresentarli. Dopo le prime settimane di partecipata esperienza democratica, rimasti soli nella lotta, i cittadini di Sapri si rendono conto di essersi fatti carico di un’esperienza per nulla pagante senza una consapevole ed effettiva cultura di governo. Col passare dei mesi essi ritornano ad essere folla – quella manzoniana evocatrice di deprimenti situazioni – per soccombere dinanzi al decisionismo faccendiero e al ricatto occupazionale di chi, manovrando dietro le quinte, utilizza i propri proconsoli nella cittadina.
Una lezione sconfortante si desume riflettendo su quanto avviene negli anni successivi e non solo presso l’ospedale di Sapri, ma negli altri plessi posti a sud di Salerno, situazione che si sta progressivamente incancrenendo, come hanno denunciato la scorsa settimana i sindaci dei comuni del distretto sanitario di Vallo. Perciò, Sapri 1979 costituisce un momento paradigmatico del quale è necessario fare memoria e individuare un’efficace pedagogia da utilizzare per orientare i cittadini. Nell’attuale contesto socio-politico gli spazi di partecipazione e di reale discussione risultano sempre più angusti, a sostituirli sono blog che incoraggiano la montante marea del qualunquismo.
La situazione appare ancora più complessa e pericolosa in un Mezzogiorno sociologicamente e politicamente meno unitario, che deve fare i conti con una egoistica e prepotente logica finanziaria; mentre la radicale critica alle istituzioni rafforza lo spazio di manovra di chi con strategiche omissioni é il principale responsabile dell’esplosiva congiuntura. Infatti, denunciato il tradimento del patto costituzionale tra cittadini e politica, si aggrava la crisi del sistema politico che determina progressiva sfiducia nei confronti dello Stato democratico. La gente continua a reclamare l’attuazione di una politica sussidiaria in grado di soddisfare i bisogni primari alla quale si cerca di rispondere ipotizzando una programmazione negoziata e patti istituzionali, intanto si procede ad una riforma elettorale “ad usum delphini” e persiste il ricorso a mance e mancette che sperperano le risorse per soddisfare un becero e fumigante assistenzialismo statale!
Nel