La scorsa settimana, mentre Trump cercava di negoziare da una posizione di forza fidando sull’arma atomica, il papa ha asserito: “Le relazioni internazionali non possono essere dominate dalla forza militare, dalle intimidazioni reciproche, dall’ostentazione degli arsenali bellici”. Il pontefice usa simboli e frasi ad effetto, parabole per convincere della bontà del soft power nel regolamentare i rapporti tra potenze, consapevole che intimidazioni ed ostentazione di forza sono il tragitto che porta al terrore. La notissima parabola delle dieci vergini, letta domenica scorsa durante la messa, sembra adattarsi bene alla situazione che si sta vivendo rispetto alle clausole del “Trattato sul bando delle armi nucleari”, sottoscritto questa estate a New York da 120 paesi. Il Vaticano, preoccupato per le ricorrenti crisi ed il braccio di ferro che si sta vivendo in Corea, ha promosso il “primo incontro globale sul disarmo atomico”, organizzato dal prefetto del neodicastero per lo Sviluppo Umano Integrale.
Il racconto di Gesù presenta molti punti oscuri e spiacevoli, soprattutto il suo finale sembra evocare una tragica condanna per l’asserzione dello sposo «non vi conosco». Secondo la nostra logica nel brano del vangelo di Matteo molte contraddizioni insidiano la gioia di una festa nuziale alla quale si è tutti invitati. A chi si può paragonare il gruppo delle dieci ragazze che sfidano la notte, armate solo di un po’ di luce, sostanzialmente quasi niente rispetto all’immensità del buio che le avvolge? Mi pare che possa ben rappresentare l’umanità precipitata nell’oscurità della “guerra a pezzi”. Eppure quelle dieci piccole lanterne portate da gente coraggiosa, incamminatasi per una strada della quale a stento riescono a scorgere il tracciato, autorizza anche ad accendere il lumicino della speranza. Infatti, nella sconfitta società liquida, frutto di una globalizzazione imperiale, ancora si sente distinta la voce di qualche profeta che invita a fermarsi prima che sia troppo tardi! Sono pochi generosi che sfidano il buio e combattono l’assopimento determinato dalla mancanza di vita serena che raffredda l’entusiasmo per il banchetto di un creato da godere grazie al piacere della condivisione che affratella. Comunque, anche se non numerosi, nell’umanità ci sono ancora uomini e donne disposti ad attendere lo sposo. Il loro amore per la vita spinge a continuare perché credono che è possibile nutrire di certezza la timida speranza in un mondo migliore.
Come si accennava, la parabola raccontata da Gesù prende una piega poco piacevole per la nostra sensibilità; sembra che i protagonisti siano condannati a fare una brutta figura. Per il ritardo veramente esagerato – mezzanotte – lo sposo causa evidenti difficoltà alle dieci vergini, in particolare a chi non ha pensato di munirsi di una riserva di olio per mantenere accesa la lucerna dei propri convincimenti. Anche le vergini sagge non suscitano molti consensi perché non sono disposte a condividere la riserva che hanno portato con sé. Inoltre, sbarrare la porta della sala del convito nuziale va contro ogni prassi di condivisione gioiosa. Ma Gesù utilizza queste incongruenze per sollecitare l’attenzione provocando l’uditorio.
Il punto di svolta del racconto è il grido col quale si annunzia l’arrivo dello sposo; con esso non si evidenzia la mancata vigilanza perché tutti si sono addormenti essendo ugualmente stanchi, ma le torce spente per mancanza di olio. Esso probabilmente simboleggia la passione ardente che fa vivere in un prospettiva solare; non può essere prestato o diviso perché a dare luce sono le opere buone che comunicano vita agli altri. Infatti, si non si è capaci di portare calore a qualcuno si conduce una insipiente esistenza senza valore. Perno della parabola è il grido nel buio di mezzanotte che rimette in moto le dinamiche di relazione ridando vita; ricorda che non è importante resistere al sonno perché a fare la differenza è il potere di quella voce. Anche se tarda, comunque è in grado di ridestare lo spirito, guarire da tutti i dolori, consolare chi è in angoscia, disegnare un mondo migliore ricco d’incontri radiosi; è sufficiente dare concreto ascolto a quel grido per ravvivare il cuore, pronti ad andare incontro al fratello per abbracciarlo.
Una eco di quella voce la sentiamo quando il papa si batte per convincere che i costi per ammodernare armi nucleari non sono una necessaria priorità per porre in sicurezza l’umanità sempre più sofferente per le ingiustizie che patisce. Francesco non si pone l’obiettivo di vincere, intende convincere che “le armi nucleari non sono solamente immorali ma devono anche considerarsi un illegittimo strumento di guerra”. In effetti, gli accordi esistenti ratificati non modificano l’eventuale corso degli eventi, ma indubbiamente possono esercitano un convincente potere se la parola data firmando un trattato si fa norma mentre si spera che scienza e coscienza trovino, insieme, la via e la voglia per far uscire il genere umano dal baratro nel quale rischia di precipitare.