Sono quelle mani che accompagnano altre mani più rugose, più nodose e più incerte; quelle mani inizialmente estranee che diventano sempre più quotidianità e sempre meno convenevoli e timidezza; quei discorsi in un italiano traballante che diventano sempre più familiari e comprensibili. Sono le storie di tante donne (prevalentemente dell’Europa dell’Est, anche se non mancano esempi di donne italiane o addirittura di uomini), le cosiddette badanti, fenomeno ormai granitico e in costante crescita a partire dagli anni ‘90. La consuetudine di un paesino vuole che “chiudere” un anziano in una casa di riposo significhi disinteresse, prigionia, se non addirittura “poco rispetto” verso lo stesso anziano. E allora che facciamo? Lasciamo che gli altri parlino? Mettiamo in piazza i nostri affari, alla mercé del pubblico ludibrio? No, non sia mai gli altri parlino! Spesso, tranne rare eccezioni, percorrere questa via, quella di condurre un anziano assieme ai suoi simili in una casa di riposo, (dove poter conversare con altri anziani, godere della compagnia di animatori sociali e altre figure istituzionali) viene giudicato poco consono, dalla mentalità del popolino che è più dura a morire della gramigna o di qualsiasi erba rampicante. Ed è proprio su questo humus, fertile e fecondo, che si è instillata e impiantata la figura, ormai quasi irrinunciabile, della badante. Gli impegni incalzano (abbiamo già dimenticato la nostra “saga” sulla vita degli attivi? Farebbe un baffo al concetto di otium e negotium senecano, giusto per condire il nostro discorso con un pizzico di stoicismo), e occuparsi di un parente anziano è un impegno totalizzante, che assorbe ogni fibra delle viscere e dell’anima. Del tempo, soprattutto. Di ogni molecola di tempo. Le badanti hanno una fortuna quasi smisurata nel nostro entroterra, perché sono disposte a occuparsi di mansioni che nessun altro compatriota vuol sbrigare, si rendono disponibili per accudire la nonnina o il nonnino di turno 24 ore su 24 e sono presenza fissa e totalizzante. Piena e intensa è la giornata tipo di una badante e della sua assistita o assistito, scandita da rituali e orari ben assestati e netti: colazione, passeggiate, un po’ di TV, qualche chiacchiera, pranzo, giri per il paese, soste sulla panchina e tanta, tanta nostalgia. Tanta nostalgia da ambo le parti: nostalgia per la nonnina di turno, che, anche se è alquanto scomodo da dire, non potrà mai ritrovare in una badante lo stesso affetto e interesse di un figlio, di una figlia o di un nipote, assorbiti dagli ingranaggi fatti di impegni totalizzanti, lavoro, corse, figli piccoli e lotte quotidiane condotte col coltello tra i denti (se quella della casa di riposo è una scelta “sofferta”, quella di affidare un proprio parente ad una badante neppure è una passeggiata di salute), e quella della badante, immersa nei ricordi assordanti del proprio Paese d’origine, rivolta al pensiero dei figli, della propria casa e del proprio marito, ormai lontani anni luce.
Di norma, le badanti inviano tutto ciò che riescono a guadagnare al proprio paese d’origine, e magari negli occhi della nonnina rivedono le stesse pupille stanche di una madre lontana, di un padre che non c’è più o di un parente che chissà quando rivedranno. Il rapporto tra badante e assistito/a? Sarebbe semplicistico cercare di ingabbiarlo o classificarlo entro schemi rigidi, giacché è corretto precisare che dipende dalle persone. Ridurre il rapporto tra badante e assistiti a un idillio composto da rose, fiori e musica soave non è sempre rispondente alla realtà, giacché tra tante brave persone, c’è anche chi cerca di approfittarsi della bontà e delle risorse economiche di persone sole, anche se ciò si allontana di molto dalle strette maglie del politicamente corretto: gli esseri umani non sono tutti pervasi da una luce angelica, non sono tutti cherubini o serafini, e in ogni campo ci saranno sempre mele marce, a prescindere da nazionalità, sesso e religione. Di contro, ci sono persone meravigliose, badanti che riescono a diventare addirittura le confidenti, le seconde figlie e le sorelle delle nonnine o nonnini di turno. Quante nonnine riescono a calmarsi ormai solo in presenza della proprie badanti, e instaurano con esse un vero rapporto di affetto, puro e genuino: il canale comunicativo che si biforca tra il dialetto delle nonnine e l’italiano traballante delle badanti diventa linguaggio universale, le mani diventano sostegni e punti d’appiglio, e in un attimo il ricordo dei propri figli diventa meno amaro.
Ma mai del tutto, perché la solitudine si può colmare a tratti, ma mai e poi mai riempire del tutto.