La giustizia cementa la solidarietà umana, coinvolgendo perfino giusto e prevaricatore, buoni e cattivi, perché il fratello deve operare affinché il bene possa prevalere. Essere cristiani comporta l’impegno a collaborare per soddisfare il bisogno di salvezza che alberga in ognuno di noi, premura che deve spingere alla reciproca amorevole correzione per riportare sulla via del bene chi é caduto nell’errore e nel peccato perché l’altro non è uno diverso da sé, il Vangelo obbliga a considerarlo fratello. Sovente si ritiene la Bibbia un riferimento utile solo nelle questioni religiose; invece, i suoi insegnamenti sono validi per tutte le esperienze, rivelandosi forza vivificante nella vita del singolo e nelle relazioni familiari o della comunità. Impegnati a capire il contesto nel quale viviamo, siamo invitati a confrontarlo con la volontà di Dio, come ha insegnato a fare Gesù. Questa é stata la missione dei profeti impegnati a manifestare al popolo i disegni del Signore; perciò non esitavano a rimproverare quando gli Israeliti disobbedivano e, praticando la correzione fraterna, rafforzavano la speranza nella terra promessa e nel Messia.
L’evangelista Matteo, sempre prodigo di concreti suggerimenti per orientare la comunità, presenta correzione e perdono fraterno come la regola d’oro alla quale si devono attenere i membri della comunità per promuovere e consolidare l’unità e la concordia. A questo proposito Gesù commenta alcune usanze ispirate alla legge di Mosè prendendo le distanze da come i farisei l’applicava. Il rimprovero al fratello va fatto con discrezione e delicatezza. E’ molto difficile praticarlo perché, superando i nostri istinti, induce chi ha subito un torto a convertirsi, ardua determinazione offerta all’uomo per risanare la storia. Il Vangelo propone una sorta di percorso che prende le mosse dalla disponibilità nel riconoscere altro come fratello, solida opportunità per iniziare un dialogo. A queste condizioni diventa proficuo il primo passo per superare il mutismo ostile dell’offeso.
Pronti a ricominciare un rapporto, se l’altro ascolta, allora avremo guadagnato veramente un fratello trasformando la situazione di ostilità in tesoro personale e per la comunità. Se non ascolta, egli comunque non deve essere considerato uno scarto perché il perdono reciproco è anche perdono di Dio: lo asserisce chiaramente Gesù quando dice:“quello che legate sulla terra, resterà legato in cielo”. Imitiamolo, dunque, quando siede con i pubblicani per annunciare il vangelo della tenerezza di un Dio Padre, prodigo di amore per farci divenire presenza trasfigurante nella comunità.
Gesù é venuto per portare a compimento la legge, cioè a conferire pienezza di senso nella libertà di coscienza e nella preminenza dell’amore. In verità tutte le leggi venute da Dio hanno lo scopo di mostrare come rispettare e accettarsi gli uni gli altri per vivere insieme ed essere felici. Dovrebbe essere così per le leggi umane. Egli ha voluto rivelare il senso vero del non uccidere o non imbrogliare asserendo che sono esplicitazioni dell’unica legge: Amerai il prossimo tuo come te stesso.
Oggi si critica la morale giudeo-cristiana, fondamento delle leggi della chiesa. Ma essa è stata vivificata dal soffio liberatore di Cristo col dono dello Spirito Santo per cui il Vangelo non propone leggi supplementari, né può essere considerato un trattato di morale. Infatti, è appello a vivere secondo coscienza praticando le beatitudini, esaltazione della dignità dei figli di Dio. Per aiutare a vivere secondo questo modello la chiesa elabora le sue leggi, segnali comunitari per sostenere uomini imperfetti. Una sola è la legge assoluta: saper amare come Cristo, che chiede ai suoi seguaci più di qualunque legge umana.
La Chiesa deve essere segno della presenza di Dio, una funzione e un ruolo dei quali l’umanità ha urgente bisogno soprattutto per sollecitarla a praticare il perdono. Quello cristiano può risultare scandaloso per la logica mondana perché va contro i nostri istinti; infatti sollecita a convertirsi la vittima e non chi ha offeso. Ne deriva che il perdono non è una momentanea emozione, ma una matura e convinta decisione che si lega non all’esperienza di un evento improvviso e imprevisto, ma è frutto di un percorso di vita. Il vangelo ne esalta il valore presentandolo come l’unica possibilità per risanare il nostro futuro procedendo alla de-creazione del male, come scrive Panikkar. Infatti consente di rattoppare la trama delle nostre relazioni arricchendo il singolo e la società nel suo complesso radicandosi su una fraternità reale che legittima il vero dialogo. E’ il guadagno esaltato nel passo del vangelo di Matteo, vale a dire un vero tesoro perché induce a riallacciare proficue relazioni. Qualcuno potrebbe ritenere utopia questo comportamento; proviamo, invece, ad investire veramente in fraternità riconciliandoci a vicenda. Scopriremo allora che questa è l’unica opzione possibile per produrre una crescita anche materiale equilibrata, duratura, ecologica, giusta ed umana.