All’alba del 9 Settembre 1943 Agropoli, il Cilento, e tutta la provincia di Salerno, furono i protagonisti della storia, quella vera, senza la quale oggi probabilmente il mondo non sarebbe come lo conosciamo. Salerno e provincia erano sotto l’egemonia tedesca ma il conflitto mondiale versava sempre più verso le potenze degli Alleati che proprio per quel giorno avevano fissato “L’Operazione Avalanche” conosciuta anche come “Sbarco di Salerno”. La guerra era finita (o quasi), l’annuncio era arrivato la sera dell’8 Settembre, attraverso i microfoni della EAIR, il Capo di Governo Pietro Badoglio, Maresciallo d’Italia, aveva comunicato agli italiani l’armistizio con le truppe Anglo-Americane. Agropoli e i cilentani fino a quel momento avevano vissuto la guerra solo da lontano tramite le notizie che arrivavano via radio e speravano, a quel punto, di rivedere presto i cari impegnati nel conflitto lontano da casa. All’annuncio dell’armistizio le campane suonarono a festa e in strada fu altrettanto, quello spettro, così macabro e preoccupante, sembrava ormai lontano dei cuori e dalle menti dei cittadini. Così non fu però, perché a distanza di poche ore, precisamente alle 3,30 del mattino Agropoli si svegliò di soprassalto scossa da migliaia di bordate di proiettili che sibilavano nel suo cielo. Un amaro risveglio per gli agropolesi che corsero, nel buio, tra mille insidie e con il cuore in gola, a nascondersi nei rifugi sulle colline circostanti. Per fortuna degli agropolesi, le cannonate provenienti dal mare si abbattevano sulle spiagge di Paestum. Gran parte della cittadinanza, come detto, si riversò sulle colline ma chi rimase assistette a uno spettacolo senza precedenti: centinaia di navi da guerra saturavano il golfo di Paestum e con i loro cannoni illuminavano a giorno il cielo e riempivano l’aria con assordanti esplosioni. Agropoli fu comunque fortunata perché i bersagli americani non erano puntati verso la capitale del Cilento ma lo scontrò fu quasi esclusivamente sulla spiaggia di Paestum. Anche i bombardamenti aerei lambirono solo le coste agropolesi. I cenni storici, tramandatisi nel tempo, parlano esclusivamente di soli tre colpi sparati verso Agropoli. Tutti atti a distruggere le tre mitragliatrici a lunga gittata tedesche sul suolo cittadino. La prima si trovava nei pressi del castello, la seconda vicino al faro e la terza nei pressi della “Licina”. Niente più scosse Agropoli, se non la paura di avere la guerra a portata di mano. Il Colonnello Von Doering del 79° Reggimento Granatieri Panzer prima di lasciare Agropoli per fronteggiare le armate alleate dalle colline di Ogliastro e zone limitrofe ordinò di abbattere un ponticello della marina e il ponte di ferro all’allora porte della città. Il 10 settembre, il 3° battaglione della 36a fanteria comandata dal Generale Fred L.Walker occupò, senza sparare, Agropoli. Il 12 settembre il Tenente Colonnello Andrew F. Price ricevette una calorosa accoglienza dagli agropolesi con a capo il Podestà Aniello Scotti e il Maggiore Ferrari Donizio, comandante italiano del 162° battaglione di fanteria della 222a divisione costiera. Agropoli divenne la prima sede in Italia del Governo Militare Alleato dei Territori Occupati (AMGOT) e gli uffici furono ubicati nel Municipio, in via Filippo Patella. La sede del Quartiere Generale della Quinta Armata fu allestita nella villa della famiglia Pecora. Dopo qualche settimana, inoltre, ad Agropoli si iniziarono a stampare, presso la Tipografia Guariglia, le AM Lire ovvero Allied Military Currency, moneta ufficiale utilizzata nei territori italiani occupati dalle forze Anglo-Americane. Dal 1946 cessarono di essere moneta di occupazione e si usarono insieme alle banconote normali, sino al 3 giugno 1950. Agropoli, dunque, potette considerarsi salva, i perché sono svariati e addirittura si è vociferato per anni di un patto tra Mafia e FBI. Pare infatti che due agropolese, un tempo cittadini americani e parte integrante della Mafia con a capo “il boss dei boss” Lucky Luciano, avessero, negli anni, informato gli americani su tutte le mosse tedesche nel territorio cilentano. Ad avvalere la tesi, si dice, i due agropolesi furono i primi a salutare l’armata del Generale Fred L. Walker appena giunto ad Agropoli. Le testimonianze, oggi che siamo nel 2017, sono da rintracciare quasi esclusivamente da chi li ha messe, negli anni, nero su bianco: “Centinaia di navi d’ogni tipo e forma invasero il nostro specchio di mare fra Agropoli e Paestum per lo sbarco delle truppe alleate – scrisse Michele Rinella una decina d’anni dopo il conflitto del golfo di Salerno – Fu uno spettacolo immenso, per chi l’osservava dalle mura menate o dalle torri del nostro castello, di potenza, ma anche di morte. I mezzi anfibi trasportavano i soldati dalle navi alla riva sulla quale, dai monti di Capaccio, giungevano le raffiche dell’artiglieria tedesca. Occultati da una siepe e sotto il pino della Licina tre soldati tedeschi manovravano un cannone contro le zattere e i mezzi anfibi di sbarco americani. I colpi partivano sicuri del loro mortale effetto. Infatti, ad ogni colpo zattere ed anfibi, trasportanti truppe alleate, andavano a fondo. Noi assistevamo, con binocoli, dall’alto, ai tragici capitomboli di quei gruppi di giovani vite. Da una corazzata partì verso di noi una cannonata. Il sibilo del proiettile, passante sui nostri capi, spezzò il nostro incantesimo. Uno scoppio vicino e una rovina. Il nostro ponte di ferro, squarciato, divelto, era caduto nel Testene del quale in molti anni aveva frenato gli impeti e i capricci. Addio ponte di ferro! Un altro colpo cadde in mare, il terzo colpì in pieno la disperata pattuglia d’artiglieria tedesca. I popolani vicini raccontano che il superstite, dopo aver data sepoltura, sotto il pino, a un compagno, piantandovi un segno di croce, si caricò sulle spalle l’altro compagno ferito gravemente e fuggì sperdendosi nella campagna”.
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