Nelle ultimissime settimane di vacanze ho profittato della serenità del paese di origine, prima, ma anche del silenzio della mia casa romana, dopo, con intorno la città quasi vuota e senza i veleni dell’abituale traffico assordante e mi sono dedicato alla lettura, divorando tre o quattro libri che trattano un periodo della storia del territorio che mi ha dato i natali e che mi intriga molto.
Li elenco nell’ordine di ricezione e lettura: Paestum, Capaccio Antica ed il Santuario della Madonna del Granato di Francesco Guazzo, a cura di Luigi Rossi, stampato di recente dal Centro di promozione culturale del Cilento; Il Melograno dell’Antica Paestum di Fernando La Greca (Licosa Edizioni); La montagna che parla – La Madonna del Granato sul Monte Calpazio di Gaetano Puca (edizioni “Il Saggio). Conosco tutti e tre gli autori, che stimo e che mi onorano della loro amicizia. La Storia del Santuario del Granato, Capaccio Vecchio, La congiura dei baroni e la vendetta di Federico II di Svevia, la vasta e potente Diocesi di Capaccio sono temi trattati ampiamente e con dovizia di particolari in tutte e tre le pubblicazioni. Io che storico non sono, ma che degli storici apprezzo la ricerca rigorosa e mi sforzo di divulgarne al meglio con impegno e passione civile le scoperte, soprattutto se e quando, come nei libri in questione, indagano sulla mia terra, e sollecitano e solleticano il mio legittimo orgoglio di identità e di appartenenza, ho colto una sostanziale identità di vedute nelle conclusioni a cui le pubblicazioni pervengono sul tema trattato, anche se, come è giusto che sia, ogni singolo autore evidenzia con più puntuali sottolineature venti, personaggi e situazioni nel corso dei secoli. Il primo punto in comune è quello della continuità del culto tra Hera Argiva, dea pagana, e la Madonna cristiana del Granato, che rivelano, tra l’altro, affinità anche nell’iconografia. Entrambe reggono il bambino nella mano sinistra e la melagrana matura con i chicchi rossi in evidenza nella destra. E, a tal proposito, diamo la parola al prof. Luigi Rossi, preside della facoltà di Storia all’Università di Fisciano, che così scrive nella introduzione al libro del compianto monsignor Francesco Guazzo, che fu per decenni parroco di Capaccio e Rettore del Santuario del Calpazio: “La cristianizzazione della Dea del granato, venerata nell’Heraion, nella Vergine del Granato, costituisce una incontrovertibile testimonianza della continuità di culti locali e, di conseguenza, del trasmigrare di idee, sentimenti e aspirazioni nelle civiltà che si sono susseguite ed hanno trovato sede nella Piana di Pesto”.
Il taglio della ricerca di Fernando La Greca, professore all’università di Salerno – Dipartimento di studi umanistici, privilegia il melograno nel mito e nella letteratura Antica, soprattutto negli scrittori di botanica e di agricoltura, passa poi a trattare il melograno negli scrittori di medicina e nella moderna ricerca biomedica, come anticipa nella interessante prefazione Gerardo Siano, nella sua qualità di dirigente medico all’Ospedale San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona di Salerno e soprattutto come Presidente dell’Associazione Dieta Mediterranea di Paestum, che prende in prestito una mia efficace definizione della dieta mediterranea “Cibo degli dei” e la fa sua e difende con calore le qualità, tra l’altro, del frutto del melograno. “Ed è di questi giorni – scrive – l’ultima scoperta che ha avuto grande risonanza nei mass media: una molecola del melograno, trasformata dai batteri intestinali (micro bioma), è capace di potenti effetti anti invecchiamento, difendendo le cellule dell’organismo dall’avanzare dell’età e aiutando i tessuti a rigenerarsi”. Nella parte finale della trattazione, La Greca non dimentica la sua passione per l’archeologia ed analizza, con interessanti testimonianze, il melograno nei resti botanici antichi, per passare, poi, ad una interessante escursione sul Melograno nell’antica Paestum, per chiudere, infine, “il melograno a Paestum per una agricoltura moderna e sostenibile in connessione con la Dieta mediterranea”. Le due pubblicazioni, sia quella a cura di Luigi Rossi che quella di Fernando La Greca, meritano ben altro approfondimento, che mi riprometto di fare anche perché pongono molti interrogativi a cui debbono sforzarsi di dare una risposta tutti quelli che amano il territorio di Capaccio Paestum ma in particolare quella del Calpazio, di Capaccio Vecchio e, conseguentemente di Capaccio Nuova, della Basilica del Granato che fu cattedrale di una diocesi estesa e potente e che successivamente trasferì parte delle sue funzioni nella Chiesa di San Pietro nell’attuale Capaccio Capoluogo. È una indagine che la Politica a tutti i livelli dovrebbe incoraggiare e sostenere per accendere i riflettori della cultura e dell’orgoglio dei capaccesi sul vasto periodo medioevale che è stato trascurato e colpevolmente dimenticato, come, d’altronde, dimostra anche il degrado attuale del centro storico del vecchio capoluogo, dove pure in ogni angolo c’è un palazzo gentilizio in abbandono e che potrebbe narrare una pagina di storia prestigiosa. Da parte mia mi riprometto di fare il mio meglio per accendere i riflettori dell’interesse su questo periodo. È un impegno pubblico e solenne che prendo con i miei lettori capaccesi pestani e non e farò di tutto per onorarlo al meglio.
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