Ogni giorno il cittadino capaccese è obbligato a vivere le stesse, inappaganti, consuetudini. Schiude gli occhi, si dirige nella sua cucina, prende la caldaia della moka e la posiziona sotto il rubinetto, non senza speranza s’appresta ad aprirlo, ma la delusione si fa spazio insieme con la coscienza della realtà: si ode il singulto dell’aria intrappolata nelle tubature ad annunciare, mortificata, che anche oggi l’acqua non c’è, anche questa volta il serbatoio non ce l’ha fatta.
A Capaccio manca l’acqua, a Capaccio manca l’acqua da sempre. Eppure il paese e lì, alle pendici di un monte. Eppure il nome deriva proprio da quello, secondo le maggiori scuole Caput Aquae e ancora volgarizzato, Caput Aquis, era Capaccio, e il “caput aquae”non era forse l’acquedotto? La storia non ha mantenuto le sue promesse e quel nome tanto ben augurante, sembra voler farsi beffe degli abitanti di Capaccio.
Quali le cause allora?
Capaccio paese viene alimentata da due (forse tre) sorgenti site nel comune di Trentinara: “Ospedale” e “Capodacqua”, si tratta di sorgenti superficiali per cui ogni anno, statisticamente e comicamente, dal giorno di Sant’Antonio si verifica un forte calo di portata. In più alcuni tratti delle tubature andrebbero sostituiti perché, anche durante l’inverno, si registrano perdite del 30% circa.
Il comune di Capaccio Paestum per sopperire alla crisi si rivolge all’ASIS, il più grande ente acquedottistico della provincia di Salerno che capta dall’acquedotto dell’Alta Valle del Sele. Ad oggi, viste le tragiche condizioni di siccità, l’ente ha ridotto la portata del 40%, poiché se di norma s’iniziava ad attingere dai quei pozzi ad agosto, quest’anno si è iniziato a giugno. L’estate poi, che nel costume capaccese inizia proprio nel giorno di Sant’Antonio, porta un aumento di consumo: la popolazione cresce con i primi visitatori, che si registrano già a giugno, e il caldo richiede un uso maggiore di acqua. Questa è la situazione che sorprende ogni anno Capaccio capoluogo, quest’anno gli eventi però sembrano voler cogliere in sfida i capaccesi: le precipitazioni sono state scarsissime, il caldo è stato torrido fin dai primi giorni di giugno e, in ultimo, le montagne capaccesi (come quelle di tutto il salernitano) sono soggette a continui incendi. Va detto, ad ulteriore conferma dello stato di disagio, che a gestire l’apertura e la chiusura delle condutture e le relative manutenzioni, è solo un impiegato comunale che, a forza di giochi di prestigio, cerca di sopperire al disservizio, subendo spesso anche l’ira e le ritorsioni dei cittadini che, oramai sfiniti, hanno bisogno di cercare un capro espiatorio, ma non è corretto individuare la causa di tutti i mali in un impiegato che compie il suo dovere e forse anche più. Tuttavia la soluzione potrebbe esserci. Sette anni fa (durante l’ amministrazione Marino) venne individuato un acquifero e scavato un pozzo con fondi regionali, a quei lavori mancavano ancora i canonici due anni di analisi e di ulteriori burocrazie per poter utilizzare quell’acqua. La sorgente però, per varie linee di pensiero che addirittura vedevano quell’acqua come non potabile, non è stata presa in considerazione fino ad oggi. Proprio la scorsa settimana,in occasione del primo consiglio comunale dell’amministrazione di Franco Palumbo, è stato menzionato questo pozzo, che per inciso si trova in una zona che al capoluogo viene chiamata “Fontanelle” ed è stata palesata dal sindaco l’intenzione di collegare quell’acquifero alle vasche del paese, aumentando, anzi raddoppiando la portata d’acqua, risolvendo così l’annoso problema. La questione della mancanza dell’acqua al capoluogo è stato il braccio armato di molti politici, la protagonista di tante campagne elettorali, compreso l’ultima, è tutt’ora argomento di dibattito, ma resta soprattutto un gravissimo disagio a cui sono stati sottoposti i cittadini per anni. L’insofferenza aumenta con le lamentele dei villeggianti, con l’impossibilità degli anziani a gestire la crisi, con le imprecazioni di chi ha un malato in casa da accudire.
Un forte augurio alla nuova amministrazione affinché agisca con empatia e con decisione sulla questione, che oramai è troppo datata per essere tollerata ulteriormente, al di fuori dell’emergenza siccità, realtà conclamata, ma che non sempre è stata la causa principale dell’insufficienza idrica al capoluogo.