L’economia dell’antica Paestum si sviluppava anche e, forse, soprattutto, al di là della ricca e prosperosa città chiusa e fortificata all’interno delle mura ciclopiche, che, ancora visibili, destano stupore ed ammirazione ai tanti visitatori della nota città della Magna Grecia.
Sulle mura si aprivano quattro porte: Aurea, Giustizia, Sirena e Marina, che consentirono la nascita e lo sviluppo di feconde attività economiche, legate soprattutto all’agricoltura ed alla pastorizia, ma non solo, in un vasto territorio, che dalla pianura trasmigrava verso le colline e fino alle montagne, e che gli studiosi del nostro mondo antico chiamano KORA PESTANA.
Ne furono coinvolti gli attuali comuni di Altavilla, Albanella, Roccadaspide, Capaccio, Giungano, Ogliastro Cilento, Cicerale, Trentinara.
E, come testimoniano le ricerche e le scoperte archeologiche, in questo vasto territorio vi erano numerosi luoghi di culto con notevole affluenza di devoti nelle occasioni delle feste.
E, a tal proposito, è da sottolineare che il FUOCO ebbe nella preistoria e, poi, nella storia, valore totemico e si caricò di simbologia come forza primigenia della vita. Se ne occuparono in trattati i filosofi presocratici e lo cantarono, esaltandone la potenza, i primi poeti.
I Greci gli dedicarono santuari e culti con appendici di fastose e festose ritualità. E costruirono templi per Efesto/Vulcano, Persefone, Prometeo ed Artemide, che, nella prismaticità della interpretazione del mito, furono riconducibili al fuoco, appunto.
Nel pantheon dell’antica Poseidonia/Paestum ci furono di sicuro culti e, probabilmente, santuari per Artemide e Persefone, che, nell’eterno alternarsi di luce ed ombra, notte e giorno, morte e vita, ritmavano e materializzavano, nell’immaginario collettivo, il mistero cangiante dell’esistenza, che si inabissava nelle tenebre degli inferi e riesplodeva nella solarità della resurrezione. Forse deriva da qui la intuizione felice della metempsicosi di Pitagora, che dalle nostre parti passò e, forse, vi tenne scuola. Ed il melograno, che è pianta sacra al territorio e che, nella festa dei fiori rosso/sangue a primavera e nel riso dei chicchi perlacei nell’esplosione della scorza in autunno, è simbolo della vita che si rinnova nel miracolo della rigenerazione della natura, si identificò nel culto di Era e Persefone, dee di vita e morte, regine nelle tenebre degli Inferi e signore della luce dei Superi. A prestar fede a qualche studioso rigoroso, Persefone ebbe tempio e culto alle sorgenti di Capodifiume, prima che il cristianesimo ne trasferisse la ritualità per la Madonna che veglia e protegge uomini e campagne dal santuario terrazza del Calpazio a volo di pianura. La religione greca inventò le IEROFANIE, feste in cui appariva e si materializzava il sacro nel volto processionante delle divinità. Tra le tante (olimpiche, nemee, pitiche, istmiche) ci furono le gare con fiaccole prevalentemente a squadre di cinque tedofori per venerare dee e dei del fuoco, ma non solo.
A margine è da notare che nell’antica Grecia lo SPORT, in tutte le sue manifestazioni, aveva un carattere meno profano di quanto non lo abbia per noi oggi. Le competizioni si svolgevano nell’ambito di una festa e nel recinto di un santuario; e questa investitura religiosa si saldava con i significati aristocratici di cui lo sport era carico in una società, come quella greca, in cui l’agilità e la prestanza fisica, esercitate nelle palestre, costituiva il corredo indispensabile dell’uomo di valore(xalòs xai agatòs). Le gare duravano più giorni ed il loro svolgimento era anche occasione di fiere, convegni, manifestazioni musicali e teatrali.
Ci si potrebbe riannodare all’antichità e riproporre LE IEROFONIE in chiave moderna, atticchendole di una serie di eventi collaterali e dilatandole nel tempo e nello spazio, con il protagonismo attivo dei comuni della Kora Pestana. La festa potrebbe avere, così, la durata di una settimana, con apertura ad ALBANELLA e chiusura a CAPODIFIUME,
che conservano testimonianza di due templi di notevole valenza mitologica, storica ed artistica, ma con articolazione nei paesi della vasta kora disseminata sui crinali delle colline circostanti: Eredita, Finocchito, Cicerale, Giungano, Trentinara, Roccadaspide, Albanella, Altavilla.
Una cosa è certa: sarebbe certamente uno spettacolo unico ed irripetibile la veloce processione dei tedofori per campagne e villaggi alle prime ombre della sera, lucciole d’amore e di cultura a recupero di radici con la sosta festosa nella piazza dei singoli paesi a veglia del tripode sacro, con l’allegro coinvolgimento di comunità piccole e grandi a riscoperta orgogliosa di schegge della propria storia pestana nelle tradizioni, nei saperi e nei sapori, per riprendere la corsa all’indomani con nuovi atleti per una nuova entusiasmante avventura per un’altra piazza con un’altra storia e diverse tradizioni, riconducibili, però, all’unica matrice poseidoniate/pestana.
E sì, perché, come già accennato in precedenza, ci fu Poseidonia grande e potente, approdo e snodo di civiltà sulle rotte del Mediterraneo e che viveva nel recinto delle mura a preghiera nei templi, a dibattiti nell’agorà, a socializzazione nelle terme, a fruizione di cultura nei teatri; ma ci fu anche una kora ampia e fiorente di attività economiche, di traffici e commerci che si dilatava nella pianura con masserie agricole (villae extraurbane) e trasmigrava su per le colline, dove popolava postazioni a protezione da barbari invasori, a difesa di sorgenti, a coltivazioni di poderi ridenti di uliveti e ficheti, a taglio di boschi per fornire legname per cantieri navali. Furono straordinarie le risorse della kora e contribuirono a fare grande, potente e prosperosa la città.
E, nell’ora della decadenza, quando i pirati a caccia di bottino e l’impaludamento dei corsi d’acqua resero inabitabile la pianura, furono proprio i villaggi della kora a dare rifugio e sicurezza ai fuggiaschi. E in tempi più recenti, quando la pianura esplose di rinata fecondità, furono i “pestani” della kora a prestare braccia e sudori nelle lente processioni dalle colline a conquista di lavoro stento. La storia antica e recente registra, perciò, un intenso “rapporto di dare e avere” tra pianura e colline, tra mare e montagna, tra la città antica e la sua kora. E, forse, è giusto e doveroso che una festa collettiva a recupero di storia e memorie comuni, coinvolga l’intero territorio, esaltandone l’orgoglio di identità e di appartenenza e sanando una frattura.
Ne guadagnerebbe la qualità e la diversificazione dell’offerta turistica, con una manifestazione di straordinario impatto spettacolare e mediatico, che, nel corso di una settimana, scaverebbe nel cuore più profondo ed antico del territorio, nella consapevolezza di innervarsi nel passato per esaltare il presente e per proiettarsi saldamente verso il futuro.
I costi non sarebbero eccessivi e, quel che più conta, suddivisi tra vari comuni che avrebbero motivazioni profonde e passionali per recitare al meglio il loro ruolo di coprotagonisti di un evento prestigioso e memorabile.