Il paracetamolo è considerato generalmente un farmaco sicuro in gravidanza. Tuttavia studi recenti sembrano suggerire che il suo impiego non sia del tutto privo di rischi per il nascituro. Il segnale è stato evidenziato da ricercatori delle Università di Bristol e di Cardiff che hanno analizzato gli esiti a lungo termine di un gruppo di bambini arruolati alla nascita (7.796 gravidanze negli anni 1991-1992) e seguiti oltre l’età scolare (anni 2015-2016) all’interno dell’Avon Longitudinal Study of Parents and Children. Alle gestanti è stato somministrato un questionario per verificare l’esposizione a paracetamolo alla 18a settimana di gestazione e alla 32a settimana di gestazione. Sono state richieste anche informazioni sulla presenza di infezioni, dolori articolari e cefalea. Quando i bambini hanno raggiunto l’età di 7 anni, alle madri è stato chiesto di riferire eventuali problemi comportamentali. L’esposizione prenatale nel 1° o nel 2° trimestre si associava a un aumento del rischio di disturbi comportamentali e di deficit nell’attenzione o iperattività. In caso di esposizione nel 2° trimestre è stato riscontrato anche un aumento del rischio di sintomi emotivi e di difficoltà generali.
Anche se il paracetamolo è annoverato tra i farmaci utilizzabili in gravidanza, questi risultati suggeriscono un minimo di cautela e senza dubbio ulteriori verifiche. I risultati dello studio consentono di ipotizzare un effetto specifico del farmaco in fase prenatale, in linea con quanto già riscontrato in altri studi.
L’effetto sembra essere correlato alla durata dell’esposizione, pertanto se l’uso di paracetamolo non può essere evitato durante la gravidanza è opportuno limitare la terapia al minimo indispensabile. Ulteriori studi sono comunque necessari per confermare le evidenze attualmente disponibili.