Sono in tanti ad essere venuti fino a Torino per guardare in faccia Matteo Renzi e il PD che lui si appresta a “scalare” per la 2^ volta. Sono qui anche per capire se vale la pena spendersi per la sua idea di Italia. Sono al Lingotto per osservare i volti degli altri partecipanti arrivati nella 1^ capitale d’Italia per sostenerlo è condividere con lui la speranza di correggere la falsa partenza della stagione delle riforme, comunque, necessarie al nostro paese. Sono entrati nello spazio dei pensieri delle aree tematiche dove uomini e donne si confrontano su 12 argomenti estratti dal trolley di Renzi per farli contaminare dalla base per riporli nella valigia. Con essa ripartirà per camminare nella piccola e grande Italia con lo scopo di rifarsi una “verginità” politica persa nell’azzardo di aver voluto piantare la speranza alimentata dalla vittoria nelle ultime primarie del 2013. Me ne torno alla mie faccende quotidiane con la consapevolezza che schierarmi in modo esplicito per un partito, anzi per una parte di un partito, va oltre quello che, pur implicitamente, ho fatto finora: votare costantemente per l’idea di una sinistra riformatrice che sappia guardare agli ultimi senza demonizzare primi.
Renzi ha preso atto della volontà popolare espressa con il voto referendario lasciando il governo e dimettendosi da segretario del partito. Non ha però rinunciato a battersi per tornare prima alla guida del PD e poi di competere alle prossime elezioni politiche da primo ministro.
La “paura” che ci fa arretrare dall’essere civili. Questa per Renzi è il primo nemico da abbattere. Per farlo ha voluto ripartire dal Lingotto dove Walter Veltroni tenne a battesimo il PD nel 2007. Quel partito che raccolse l’eredità dei cattolici democratici e del Pci con lo scopo di andare oltre la nostalgia di tempi impossibili da procrastinare ma utili per rimanere con i piedi piantati nei valori della Costituzione democratica.
Nel futuro dell’Italia non c’è la catastrofe ma l’idea di essere eredi e non custodi di una tradizione di partito che affonda i piedi nel novecento e tiene la testa alta nel 3° millennio.
Ecco perché la visione che Renzi ha del partiti democratico va oltre la contingenza e lo steccato nazionale ma si proietta nei prossimi 20 anni e, pertanto, anche oltre la sua stessa presenza in politica. Per fare ciò parte dall’Europa e fa dell’Unione Europea il campo si “battaglia” dove si decideranno le sorti dell’intero continente. Comincia con la scelta di indire primarie europee per la scelta del candidato socialista alla presidenza della Commissione Europea per dare al Parlamento e alle istituzioni europee l’autorevolezza per parlare senza tentennamenti alla nazione continentale.
Il programma del PD uscirà dal Lingotto dalle 12 sale dove si incontrano i gruppi di lavoro tematici. Sarà il confronto congressuale, con ogni forma di partecipazione, a correggerli o a confermarli, ma nessuno può dire che non c’è stato lo sforzo di coinvolgere chi vuole portare il suo contributo.
La dimensione umana del della convention di Lingotto17 è forse il miglior messaggio che chi ha vissuto dal di dentro questo incontro è forse la migliore sensazione che i presenti accorsi da ogni angolo dell’Italia si porta a casa dopo il discorso di chiusura di Matteo Renzi che, da quello che si è visto a Torino, non ha nessuna intenzione di farsi mettere da parte o dentro una parentesi della storia politica del PD e dell’Italia.