Davide Combusti, classe 1978, è la personalità che palpita dietro l’involucro di The Niro, anche se spesso i confini tra crisalide ed essenza si sfiorano e coincidono. Cantautore e polistrumentista dal respiro internazionale, ha iniziato la sua carriera con un’intensa e fortunata attività live, dividendo addirittura il palco con Amy Winehouse, i Deep Purple, Carmen Consoli. Collabora con Chris Hufford, manager dei Radiohead e l’artwork del suo omonimo album di debutto porta la prestigiosa firma di Mark Costabi, autore di cover dei Ramones e dei Guns’n’Roses.
Il 16 marzo The Niro si è esibito al Draft di Vallo della Lucania e noi l’abbiamo incontrato per provare a penetrare i confini del suo mondo così vasto e dissonante.
Innanzitutto, la domanda più banale o più profonda (dipende dai punti di vista). Chi è The Niro e perché questo pseudonimo? The Niro e Davide sono la stessa persona o due facce diverse della stessa luna?
Il nome nasce dalla mia passione per il cinema e dalla volontà di trovare un suono nella pronuncia che potesse avere forza sia in un contesto italiano che internazionale. The Niro e Davide spesso sono la stessa persona. Quello che scrivo e che canto, tranne qualche eccezione, racconta piccoli frammenti della mia vita ed è curioso perché ogni volta che suono un brano provo le stesse emozioni di quando le ho scritte.
Quali sono state le tue maggiori influenze musicali? I padri che hai dovuto amare ed uccidere allo stesso tempo?
Ho sempre amato Badly Dawn Boy, Beck, Ed Harcourt e Tim Buckley. Fortunatamente qualcuno è ancora vivo!
Dicci com’è stato lavorare per il tuo album di debutto con Mark Kostabi, (autore delle cover di Use your Illusion I dei Guns’n’Roses e di Adios Amigos! Dei Ramones e cosa hai provato a dividere il palco con Deep Purple ed Amy Winehouse.
Mark si trovava in uno studio di Roma per registrare un suo disco e Gianluca Vaccaro, che è il mio produttore da sempre, gli fece ascoltare dei miei brani. Qualche giorno dopo Mark scrisse una bellissima lettera a Gianluca nella quale disse di aver ritrovato l’ispirazione grazie a quell’ascolto e che avrebbe disegnato un quadro che sarebbe andato sulla copertina della versione in vinile del mio primo album. Fu un regalo meraviglioso.
Cosa pensi del panorama della cosiddetta musica indie italiana odierna?
Provo a dirti che quando la musica non è ruffiana a me arriva meglio. Indie, se questa parola ha ancora un significato, è massima libertà espressiva, e ultimamente vedo sempre più progetti pensati per arrivare a orecchie più vergini. Ma la scena alternativa è così varia che è anche difficile analizzare tutte le sfumature di genere. Per me indie restano i Verdena, anche se sono con Universal. Loro non cercano il pubblico nella scrittura, sono ricercatissimi ma riescono ad arrivare comunque senza scendere a compromess.i Di contemporanei ce ne sono tanti ma mi piace citare quelli che produco artisticamente che sono Lopez e Sarah Dietrich.
A quale tuo brano o album sei più legato e perché?
Forse il primo perché è stato l’inizio di tutto.
Parlaci dei tuoi progetti futuri.
Sto lavorando al prossimo album che uscirà a settembre. Non posso dire molto di più, ma sicuramente sarà molto duro. È un viaggio in una personalità malata. Il titolo dell’album non lascerà dubbi a riguardo.