Di Oreste Mottola “Ci troviamo di fronte a interventi impropri su di un monumento moderno di grandissima valenza”. La denuncia è dell’architetto Alfonso Di Masi e riguarda lo stato della chiesa di Gromola intitolata a S. Maria Coretti, uno dei maggiori gioielli del “moderno” italiano. Il professionista, cresciuto a Gromola, che agisce a altissimi livelli europei, non ha mai distolto lo sguardo dalla sua terra. L’intero progetto del borgo Gromola, datato 1954, porta le firme di fior di tecnici dell’epoca: Colombo Aldo, ingegnere; Caizzi Ezio, architetto; Franzi Giuseppina, architetto; Gentili Francesco, geometra. La chiesa è invece tutta opera di Caizzi. Di Masi mi cerca per gridare il suo disagio. L’aveva fatto con un giornale on line, ma gli hanno “risposto” solo i suoi amici, e poi il cugino e il fratello. Ecco i termini della questione. “Nell’indifferenza generale, di recente, si sono perpetuati dei pseudo-intervento di manutenzione, privi della benché minima sensibilità, con la stessa logica con cui si interviene su un capannone agricolo o su uno dei tanti squallidi edifici che ci circondano, tingendo il campanile color cocozza o cingendo il lussureggiante volume della chiesa con canalette e gronde in lamiera color cacca. Ancora una volta trionfa l’ignoranza a scapito della storicità (o della modernità) e a spregio della qualità architettonica. Io mi domando dove è finito il grande lampadario centrale (che ricordava le opere di Juan Mirò), o le pregevoli panche degne del più ravveduto design, sostituite con anonime panchette lignee?”. A stretto giro di posta, via fb, arriva la risposta di Gianfranco di Iaconi, che è “l’imbianchino”. “Grande Alfonso, bellissimo articolo… e pensare che il campanile e la facciata della chiesa li ho pitturati io e i miei amici l’anno scorso. Il colore però, davvero orrendo, senza possibilità di scelta è stato deciso dal prete”. Poi è la volta di Vincenzo Di Masi, nella vita è un affermato grafico, uno di quelli che ha imparato con i pennelli e i pennarelli e poi è passato ai programmi dei computer e di software ne ha anche scritti: “Gianfranco tu sei assolto perché senza peccato, ma il parroco che fa da progettista, commissione edilizia, beni ambientali, vincoli paesaggistici e direttore dei lavori…mi lascia perplesso. (…) Gianfrà tu sei grande, generoso e ti voglio bene, però zi’ monaco s’avessa arrepusà nu poco! Tre pater noster e due ave Maria dovrebbero bastargli. Per chi glielo ha lasciato fare, qualche giorno al buio sarebbe educativo”. L’architetto, l’imbianchino e il grafico e nessun altro se ne è interessato e segnalano una situazione che è comune ai beni ambientali di proprietà comune o ecclesiastica dove l’arte di arrangiarsi la fa da padrone: il prete raccoglie i soldi dalle offerte dei fedeli e poi i lavori li fanno maestranze volenterose. L’incidente dialettico nasce dalla circostanza che vede la chiesa Gromola non come le altre recenti e quindi ritenute non soggetta a tutele. L’originale architettura della Chiesa, centro ideale del Borgo omonimo, conclude la piccola piazza ed afferma, nelle sue linee ascensionali, un simbolico senso di elevazione. Notevole è la leggerezza della struttura, tutta in cemento armato, che tocca le fondazioni in solo cinque punti di appoggio. La chiesa e la canonica coprono una superfice di 450 mq. L’interno della modernissima chiesa, nella sua lineare semplicità e nei suggestivi effetti di luce, crea una particolare atmosfera di raccoglimento. L’illuminazione è realizzata mediante una finestratura a piano di calpestio; una luce diffusa proviene dalle finestre in alto e si concentra sull’altare mentre la zona vicina all’ingresso rimane in penombra. Rappresenta – come spiega Alfonso Di Masi il migliore esempio di realizzazione del “moderno” italiano. “Taliesin West”, l’originale edificio progettato e realizzato dal più grande architetto moderno, Frank Lloyd Wright, per la sua scuola di architettura, è stata trasferita a Gromola! La chiesa di Santa Maria Coretti è sicuramente uno degli esempi italiani più emblematici dell’architettura organica italiana degli anni ’50”. E su un’opera d’arte di tale rilevanza non si interviene in maniera così pressapochistica! – è sempre il pensiero di Alfonso Di Masi – Questo strano paese, tanto attento alle reliquie del passato sembra altrettanto distratto rispetto a quei rarissimi esempi di vera modernità. Se non altro per la elevata qualità dell’impianto urbanistico e tipologico dell’intero borgo, la memoria si riporta a nostalgiche rimembranze o sul riconoscimento di una “modernità tradita”. Prevale lo sconcerto per la endemica ignoranza di “addetti ai lavori” e utenti, non tanto sul più generale ruolo dell’architettura, ma sul, più spicciolo, senso di una comunità più dedita a spicciole tradizioni che a una riflessione attenta sul rapporto tra storia e contemporaneità”. Continua poi l’analisi di Di Masi: ”Il sottile gioco di equilibri della chiesa di S. Maria Coretti e delle sue erudite geometrie; dei sapienti tagli di luce nella struttura; la incontrastata qualità dei sui spazi esterni ed interni di una modernità quasi pretestataria, non l’hanno sottratta al vandalismo e all’incuria nell’indifferenza generale. Forse la risposta sta nel fatto che, in un paese che non sa riconoscere e valorizzare il proprio passato, la modernità diventa addirittura irritante! O forse sta nel fatto che tanta qualità, per qualcuno, a Gromola, forse, era sprecata, sbagliandosi”. Fatta salva la buona fede di tutti coloro che hanno messo il loro tempo e la loro opera a disposizione di quello che non è un semplice luogo di culto è opportuno raccogliere l’azione di sensibilizzazione che si coglie dalle parole dell’architetto Di Masi e rendersi conto del rispetto da tributare all’opera che è scaturita dal genio di Ezio Caizzi, uno dei grandi dell’architettura moderna italiana.
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