di Massimiliano De Paola
Stavolta la mia fame (o sete) di conoscenza mi ha portato lontano, molto lontano nel tempo, per scoprire un tesoro che si nasconde in posti a me molto vicini. E’ come se avessi preso la macchina del tempo per fare un viaggio nel tempo, di secoli, anzi di millenni… tornando indietro nel tempo e poi di nuovo ai giorni nostri. Può diventare uno sport affascinante, molto affascinante! Vi racconto il mio viaggio nel tempo alla scoperta di Menecrate di Tralles, un medico greco nella Lucania romana.
Un’iscrizione sepolcrale antica riassume in poche righe la storia di una vita: ogni singola parola può celare vicende complesse, un’identità sociale pazientemente costruita o un intero mondo di relazioni. È mio intento in questo contributo cercare di ricostruire nella sua ricchezza la storia che ci è raccontata da uno di questi modesti documenti, l’epitafio bilingue del medico Menecrate di Tralles rinvenuto nella regione del Vallo di Diano, nell’antica Lucania. Pur essendo solo una delle migliaia di epigrafi sepolcrali che il mondo romano ci ha lasciato, l’iscrizione di Menecrate è comunque un documento straordinario, soprattutto per la quantità di problemi interpretativi che pone in poche righe di testo, non tutti chiariti dai commentatori che se ne sono occupati in passato.
Le vicende della scoperta e il luogo di ritrovamento
Le prime notizie relative al testo si hanno nel 1837, quando Raimondo Guarini ne diede una prima edizione, curiosamente divisa in tre parti, ricordando tra l’altro l’iscrizione come «rimessami son pochi giorni da Auletta». Una preziosa precisazione sul luogo di ritrovamento dell’epigrafe si ha nel capitolo dedicato a Pertosa della monumentale opera pubblicata sotto la direzione di Filippo Cirelli sul regno delle due Sicilie, pubblicato a Napoli a partire dal 1853: le notizie si devono a un erudito locale, Alessio Lupo, nativo di Caggiano, una località a poca distanza da Pertosa e da Auletta. Nel riportare il testo dell’iscrizione, il Lupo ne ricordava il recente rinvenimento in contrada Massavetere, una località posta a circa metà del cammino della strada che conduce da Caggiano a Pertosa. Proprio a Massavetere, murata nella villa di Crisostomo Colonna, il pezzo era stato visto da Theodor Mommsen nel corso di una visita preparatoria per l’edizione del suo corpus delle iscrizioni latine del regno di Napoli. L’iscrizione si conserva tuttora nello stesso edificio di Massavetere, nella proprietà passata dai Colonna alla famiglia Lupo. Dunque le notizie in nostro possesso sul luogo di rinvenimento indicano una provenienza da Massavetere o dagli immediati dintorni. Le ipotesi di una sua origine aliena, forse da qualche centro maggiore della Campania o dalla stessa Roma, che pure potrebbero risolvere diversi problemi interpretativi, non sono autorizzate.
In età romana, la contrada Massavetere, collocata in posizione circa equidistante da Àtina (odierna Átena Lucana) e da Volcei (odierna Buccino) doveva ricadere piuttosto nel territorio di quest’ultima: in effetti, il centro, noto dalla Tabula Peutingeriana come Forum Popilii, localizzato presso l’odierna Polla, era compreso nel 323 d.C. nel vasto ager di Volcei: la famosa iscrizione nota come “catasto di Volcei” registra infatti anche le proprietà incluse in un pagus Forensis, che è da indentificarsi con il Forum di cui sopra. Il confine tra i territori di Volcei e Atina doveva correre poco a sud-est del Forum, lasciando Massavetere, che si trova qualche chilometro a nord-ovest di Polla, entro l’ager di Volcei.
Dopo essere stata trattata brevemente in altri scritti di respiro locale, l’epigrafe di Menecrate è rifluita nei maggiori corpora epigrafici, che ripresero l’edizione mommseniana per le Inscriptiones latinae Regni Neapolitani, come anche in alcune raccolte della documentazione epigrafica dedicate ai medici. Un’accurata riedizione, a seguito di autopsia, si deve infine a Vittorio Bracco per il volume delle Inscriptiones Italiae dedicato alle valli del Sele e del Tànagro.
Il supporto monumentale e il testo
L’iscrizione appare su una lastra di calcare, priva di corniciatura, alta 58 cm., larga 80 e spessa 11, che pare essere conservata integralmente su tutti i lati. Le proporzioni e le caratteristiche del supporto fanno pensare che l’epigrafe fosse relativa a un monumento sepolcrale di una certa importanza. Il blocco con cornice modanata in calcare murato a pochi metri di distanza dall’epigrafe, che Vittorio Bracco suppone appartenere a un monumento funerario ad ara, potrebbe essere pertinente allo stesso sepolcro. La tipologia monumentale della lastra è attestata nell’epigrafia sepolcrale dell’area da almeno un altro documento, l’epitafio di una balia, la liberta Otacilia Arbuscula, proveniente dalla località di Caggiano, non lontana da Massavetere, e certamente posteriore all’iscrizione in oggetto.
Ci sarebbe tanto altro ancora da dire ma mi fermo qui per questioni di tempo e spazio. Consideratelo un aperitivo capace di stimolare la vostra fame (o sete) di conoscenza, la stessa fame (o sete) di conoscenza che mi ha portato lontano, molto lontano nel tempo, per scoprire un tesoro che si nasconde in posti a me molto vicini, tanto forte da farmi scrivere quest’articolo.