di Ilaria Longo
Il consumo della birra artigianale è in crescita e, a confermare questo trend, è anche l’Istituto Nazionale di Statistica che, a gennaio 2017, ha inserito questo prodotto nel paniere Istat dei beni per la rilevazione dei prezzi al consumo.
Sebbene l’accoppiata Italia-birra risulti poco in sintonia con la cultura alimentare del Bel Paese, la realtà registrata rivela che a fine 2016 i microbirrifici e brewpub italiani sono circa 1000.
Ovviamente anche il Cilento è coinvolto da questa novità. Vi sono, infatti, i birrifici Fiej (Castelnuovo Cilento) e Il Birrificio dell’Aspide (Roccadaspide) tra i 19 birrifici campani protagonisti del libro “Facce da birra” di Roberto Pellecchia, Antonella Petitti e Sabrina Prisco edito da Officine Zephiro.
Antonella Petitti, coautrice del libro e giornalista enogastronomica, sottolinea che “questo libro nasce dall’osservazione della crescita del mercato della birra artigianale. Quando abbiamo iniziato a lavorare su questo progetto abbiamo pensato di fare ciò che molti anni fa era stato fatto col vino, cercando di avvicinare gli appassionati ai luoghi in cui questa bevanda veniva prodotta e, di conseguenza, al territorio in cui erano situati vigneti e/o aziende vinicole”.
Con questo libro si è cercato di creare una sorta di “strada della birra campana” in cui sono protagonisti 19 birrifici e, di conseguenza, 19 percorsi turistici che gli appassionati della “bionda” possono seguire per assaporarla apprezzando e scoprendo i luoghi in cui viene prodotta.
“In Campania”, spiega Petitti “ci sono circa 50 birrifici che però non corrispondono a 50 luoghi di produzione. Noi abbiamo selezionato 19 storie di birrifici che ci sono sembrate le più interessanti in termini di qualità”.
Sicuramente se il rapporto Italia-birra appare insolito lo è ancora di più quello Cilento-birra. Tuttavia, come giustamente chiarisce Petitti, “la gastronomia in sé nasce dall’influenza. Uno dei piatti più noti dell’Italia è la pasta al pomodoro, ad esempio. Però il pomodoro è un cibo che abbiamo importato dal Sud America. Io sono convinta che sia necessario preservare le tradizioni, ma è giusto parlare di evoluzioni anche dal punto di vista enogastronomico. In questo momento molti giovani imprenditori hanno compreso che la birra artigianale è richiesta dal mercato e hanno fatto della loro passione un mestiere. I nostri birrai, però – compresi quelli cilentani – hanno capito che la birra italiana doveva diversificarsi rispetto a quella internazionale e hanno inserito dei prodotti tipici locali per aromatizzare la birra. In tal modo hanno creato prodotti identitari che coprono una fetta di mercato inesistente”.
Questo abbinamento tra la birra e l’identità locale è sicuramente un punto di forza del birrificio Fiej e del Birrificio dell’Aspide.
Il primo è gestito da due giovani fratelli, Stefano e Carmen Ridolfi, che a partire dal 2011 hanno deciso di investire sulla birra. Il nome scelto per il loro birrificio è il termine dialettale della parola “fiera”, poiché nella zona in cui è sorta la loro attività anticamente vi si svolgeva una fiera del bestiame. Stefano e Carmen, mescolando birra e territorio, producono – tra le altre – una birra che unisce questo prodotto al miele di castagno del Cilento.
Il birrificio dell’Aspide è nato ugualmente nel 2011 ed è gestito da Vincenzo Serra, definito da Petitti come “lo sperimentatore”, poiché Vincenzo ama sperimentare diversi modi per aromatizzare la birra coi prodotti cilentani. Tra le sue birre, infatti, ce n’è una realizzata con un lievito autoctono selezionato dalla buccia delle mele cotogne della sua azienda agricola e, tra un mese, produrrà una birra con mosto del vino Castel San Lorenzo DOC Moscato Lambiccato di Chiara Morra.
Questi giovani imprenditori nostrani hanno compreso sino in fondo che per essere competitivi devono aprirsi alle novità senza tralasciare la loro provenienza geografica ed enogastronomica. Così, al di là delle gustose birre create, sembrano essere questi, in realtà, i veri ingredienti che fanno del Cilento un territorio in cui ci sono ancora giovani che desiderano investire nelle loro radici cercando di mettere le ali ai loro prodotti e, di conseguenza, al loro territorio.