Di Giuseppe Liuccio
Sono tante le stazioncine ferroviarie del Cilento aperte al mare e alle brevi pianure o chiuse nelle valli a ridosso di torrenti, limacciosi d’inverno e aridi d’estate. I nomi hanno ritmato tappe importanti della vita dei cilentani: Capaccio/Roccadaspide, Ogliastro, Torchiara, Rutino, Omignano, Casalvelino, Caprioli, San Mauro La Bruca, Centola, Celle di Bulgheria, Torre Orsaia, ecc. Oggi niente o quasi resta dell’antica vitalità. Per molti della mia generazione, e non solo, erano il capolinea di un’avventura, una fuga verso la libertà e la civiltà. Per tanti una lacerazione verso l’ignoto dell’emigrazione. Per tutti i giovani il primo impatto con l’obbligo imposto dalla cartolina di precetto. Per una nutrita schiera l’appuntamento quotidiano con il pendolarismo del lavoro. Vi si scendeva dalle montagne e dalle colline dell’interno ai primissimi chiarori dell’alba, caracollando su mezzi di fortuna giù per povere campagne di agricoltura di sussistenza. Le complici confidenze nella sala d‘aspetto, il caffè sorseggiato tra fili di fumo (sigarette, aliti, vapori,ecc), la minzione ai gabinetti pubblici, i binari lividi, lo sbuffo svaporante degli stantuffi del treno in arrivo, la mitria rossa del capostazione, la paletta verde, il fischio, lo sferragliare della partenza e le campagne arabescate di brina con gli alberi a contagiarti di fredda solitudine o di fresca solarità da scialo di fioritura, a seconda delle stagioni e correrti contro a filo di finestrino: sfumati fotogrammi di poesia della memoria! Oggi, invece, lo spettacolo è molto diverso: sportelli chiusi, sale d’attesa nel degrado, sottopassi campi di esercitazione dei maniaci dei graffiti con la fregola dei messaggi. Si salvano i centri più grossi o baciati dal miracolo turistico: Agropoli, Vallo, Ascea, Pisciotta/Palinuro, Sapri ecc. Per il resto l’abbandono. Ai malcapitati viaggiatori lo squallore indifeso di soste senza un minimo di confort con gli annunzi metallici megafonati non si sa da dove né da chi. Una fredda lunarità tecnologica sperimentata nelle assolate e serene campagne del Sud. Eppure le tante solitarie stazioni ferroviarie cilentane costituiscono un patrimonio immobiliare di enorme valore e sarebbero ancora utilissime se ripensate in un riuso intelligente, fecondo e funzionale a supporto del territorio. Cominciamo con una constatazione addirittura banale, che vale la pena sottolineare: la ferrovia attraversa il cuore verde del PARCO ed il treno è un mezzo comodo e non inquinante per accedervi e fruire dei beni paesaggistici, storici, artistici, monumentali, enogastronomici. Il patrimonio immobiliare delle stazioni ferroviarie in disuso (uffici, sale d’aspetto, sottopassi magazzini) potrebbe essere trasformato in punti di accoglienza con tanto di pannelli luminosi e poster, uffici informazioni e vetrine dei prodotti tipici artigianali ed enogastronomici del territorio. Ecco una strada da percorrere fino in fondo come concreta opportunità per i giovani che vogliano correre l’avventura stimolante del rischio di impresa. Ma la rianimazione delle vecchie stazioni come centri di accoglienza e di smistamento verso le zone interne con una opportuna rete di eco bus (ecco un’altra opportunità di lavoro per giovani e non) presuppone un Protocollo di intesa con la Società delle Ferrovie, che troverebbe utile e conveniente, suppongo, immettere nel circuito della fruizione un patrimonio diversamente destinato al degrado totale. Così come sarebbe utile e necessario ipotizzare un TRENO VERDE, che partendo da Napoli traferisca nel territorio del PARCO carovane di turisti con itinerari prefissati e organizzati almeno nei weekend. Oh, se potessimo avere un Presidente del Parco che dedicasse parte del suo tempo a governare, con impegno, serietà, continuità e, soprattutto, fantasia e passione una delle aree protette più belle d’Europa!!! Ma l’unico, primo ed ultimo Presidente competente, affidabile, fortemente preso dall’Etica della Responsabilità è stato il Prof. Enzo La Valva. Poi il nulla o quasi. Oh, se potessimo disporre nel nostro Cilento di una Classe Dirigente NORMALE, che prevedesse sindaci che facciano i sindaci, assessori che facciano gli assessori, presidenti di enti sovra comunali che facciano i Presidenti e che non facciano, invece, contemporaneamente TUTTO (Sindaci, presidenti, e, magari, consiglieri regionali ecc e, comunque, sempre candidati a qualcosa di più importante e gratificante o, come è logico che sia, impegnati a svolgere una professione importantissima per i cittadini come quella di medico) con il rischio di non fare NULLA bene o al meglio delle proprie capacità e possibilità! Io SOGNO che tutti gli amministratori pubblici del mio Cilento svolgano ruolo e funzione nella logica elementare della NORMALITÀ. Sembra una richiesta scontata. Ma per il Cilento della pigrizia mentale, della rassegnazione, del fatalismo atavico la NORMALITÀ SAREBBE GIÀ UNA RIVOLUZIONE delle coscienze fecondate dall’ETICA DELLA RESPONABILITÀ. Ma così non è, purtroppo. Quella del Treno Verde potrebbe essere quasi a costo zero perché: conveniente alla Società delle Ferrovie che si liberebbero della gestione di un patrimonio improduttivo e che la carica, di responsabilità, utile e produttivo per Parco che potrebbe moltiplicare il numero dei visitatori, incrementare le attività e dar vita ad una rete di aziende della green economy con una ricaduta sulla occupazione giovanile e non solo. Ma così non è, perché tu sfuma e si perde nell’afasia, nell’abulia e nell’abulia. Che tristezza!!!