di Bartolo Scandizzo
Un convegno sulla proposta di legge in discussione al Parlamento sull’organizzazione dei parchi è, ovviamente, cosa buona e giusta. Come è importante che si cominci ad andare oltre ciò che è stato nei rapporti tra sindaci, amministratori e presidente e consiglieri del parco. Ancora più positivo è il fatto che parlamentari scendano fino a Vallo della Lucania per confrontarsi con i soggetti destinatari dei provvedimenti per una valutazione critica dell’impatto che la legge potrà avere sulla loro vita.
Fa specie, però, che il tutto si risolva nella rivendicazione di vantaggi economici per pareggiare i cosiddetti “limiti e restrizioni” che i territori devono subire proprio perché area protetta.
Infatti, cos’è la rivendicazione di voler un’area franca per chi vive ed opera nella realtà compresa nel perimetro del parco? È sostanzialmente la mercificazione di un “sopruso” indigesto alla popolazione che, se non vi fosse costretto, non opporrebbe nessuna resistenza al dilagare di struzzo i, abbattimenti di alberi e caccia alla selvaggina senza distinzioni tra quella in larga diffusione (cinghiali) e quella a pericolo di estinzione (il lupo, la lepre italica, la lontra).
In realtà, si guarda alla luna per non prendere coscienza del pozzo in cui ci si sta dibattendo da tempo. Le priorità del nostro territorio sono sotto gli occhi di tutti: decremento demografico, deperimento del patrimonio abitativo, invecchiamento della popolazione, scarsa attrattività delle aree interne e accentuata delocalizzazione delle attività economiche sulla costa o nelle parte basse della valli.
Le questioni elencate sono strettamente concatenate tra loro e non sembra che gli sgravi fiscali e l’abbattimento delle accise sulla benzina possano fare la differenza.
Al contrario avviare un piano che attragga nuove e più giovani iniziative legate proprio alla peculiarità di un’area protetta su cui investire risorse potrebbe far scattare la considerazione anche tra i pochi giovani che ancora vi nascono e crescono ma, che certamente, raramente restano non certo per i vincoli paesaggistici tanto spesso richiamati da oratori che cercano solo l’applauso della platea è il plauso di un elettorato che parla e, forse, anche vive per luoghi comuni.
In sostanza, bisogna che venga più gente, magari giovani, a cui piace vivere nella natura rispettandola e, così facendo, traendone benefici e risorse per stare bene e sanare così la ferita che da troppo tempo si è aperta tra l’utile e il bello.