di Adriana Coralluzzo
Oggi incontriamo un giovane cestista classe ’99 che porta alta la bandiera del basket salese oltre oceano. Precisamente a Stanton, Contea di Montcalm, Michigan. Il play-guardia originario di Sala Consilina ha vinto una borsa di studio che gli ha dato la possibilità di giocare nella patria della pallacanestro mondiale: USA. Ma leggiamo le sue parole: Qual è la squadra in cui hai cominciato a giocare a basket? “La mia carriera cestistica è iniziata nella Polisportiva basket Sala Consilina, per poi proseguire e continuare tutt’ora nella Pallacanestro Trinità, con cui ho partecipato ai campionati giovanili di categoria e alla Promozione”. Qual è stato il tuo primo allenatore, cosa ti ha trasmesso? “Il primo allenatore è stato ed è Gennaro Durante, il quale, sin dall’età di 6 anni, quando iniziai a praticare questo sport, mi ha cresciuto in palestra come un figlio. So che posso sempre contare su di lui, c’è un gran bel feeling fra di noi! (ride)”. In quale high school americano giochi e quale è stato il percorso per arrivare lì? “Qui in America gioco per la Central Montcalm High School. Avendo avuto la possibilità di frequentare un semestre in una scuola americana, non potevo lasciarmi scappare questa grande opportunità. «Make The team» non è per niente facile, in quanto molti ragazzi provano ad entrare in squadra ed altrettanti ne rimangono fuori. Io sono stato bravo e fortunato, e dopo aver superato 2 intense settimane di test fisici e pratici, coach Basom (mio attuale coach) mi confermò la presenza in squadra. Emozione indescrivibile, perché il sogno di qualsiasi cestista che si rispetti è quello di giocare in USA!” Cosa ti manca di Sala Consilina? “Di Sala Consilina mi manca l’odore del ragù di nonna la domenica (ride ancora, il ragazzo è felice). (S)fortunatamente il mio percorso qui sta per giungere al termine, e finalmente potrò tornare alla buona cucina di nonna. Tralasciando gli scherzi, la lontananza dalla famiglia, gli amici e la squadra ogni tanto si facevano sentire. ma qui ho creato una seconda vita, ho messo in stand-by per 6 mesi la mia «daily life», creando rapporti con nuove persone, nuove cose e nuovi odori che porterò sempre nel cuore, e questo mi ha aiutato moltissimo parlando di mancanza e nostalgia”. Quali sono le differenze, in ambito cestistico, che hai riscontrato tra l’Italia e l’America? “Le differenze sono abissali. Qui principalmente è un gioco molto più fisico, e il livello è notevolmente più alto. Il basket è considerato, come qualsiasi altro sport, momento di aggregazione per la comunità, ed è fantastico vedere un così grande numero di persone, DI TUTTE LE ETÀ, seguire una squadra liceale, e casomai essere fermato da una signora totalmente sconosciuta che ti riconosce al fast food in un paese vicino e ti fa i complimenti riguardo la prestazione della partita della sera prima. Un’altra grande differenza sono le infrastrutture: la mia scuola ha una palestra con tre campi da basket uno di fianco all’altro, e le altre scuola sono più o meno sullo stesso livello. Questo permette di avere allenamenti ogni giorno e di conseguenza una pallacanestro di maggior rilievo”.