di Bartolo Scandizzo
Le lungaggini che bisogna subire in aeroporto sono diventate un “calvario” di routine per i viaggiatori. Per chi come me viaggia raramente, in fondo sono un modo per mettere alla prova le capacità di resistenza e, soprattutto, quella di impegnare il tempo di attesa in modo attivo. Si legge, si gira sui siti, si posta sui social … così fan tutti. Pochi sono quelli che guardano ad altro. Siamo tutti piegati sugli smartphone a ricrearci un luogo che va oltre lo spazio fisico. In realtà non facciamo altro che tenerci aggrappati alla quotidianità che è entrata nel nostro vissuto e ci fa girare in tondo facendoci credere, invece di girare il mondo. Sull’aereo ho incontrato un giovane del Bangladesh immigrato a Roma dove lavora da 4 anni in un ristorante sulla Nomentana. Lui è il boss della grigliata sulla quale cuoce migliaia di spiedini di carne di pecora al giorno dalle 14:00 alle 2:00 del giorno dopo. Tornava a casa per due mesi dalla moglie e sperava di mettere in cantiere un figlio/a in questo frangente. È proprio strano, sono all’aeroporto intercontinentale di Dubai per andare a raccogliere testimonianze della migrazione cilentana, ed eccomi già preso da due storie, quella di Diodato e di Hamed che poco hanno a che fare con l’obiettivo. In realtà è tutto qua il senso dell’andare senza badare: imbattersi in storie che non ti si sarebbero mai rivelate se non avessi deciso di partire … Oggi è giovedì 12 gennaio e, andando verso l’aurora, ho trovato l’altro mondo che, per la verità, non è poi tanto lontano dal mio. Basta capirsi e rispettarsi.