di Bartolo Scandizzo Non sempre si riesce a mantenere una promessa fatta a se stessi. Ed è ancora più raro se l’impegno preso si proietta in un tempo di là da venire. Si tratta dell’intenzione che ho manifestato nel lontano 2003 quando ripartii dall’Australia dopo un viaggio fatto con Gina, mia moglie, per realizzare un sogno cullato fin dalla giovinezza. Ed eccomi, dopo 13 anni, alla vigilia della partenza che mi riporterà nell’emisfero australe a ripercorrere un’esperienza che, sia pur con me e Gina come protagonisti, sarà completamente diversa dalla prima con aspettative che vanno al di là del viaggio turistico diportistico. Certo, ci sarà anche tutto questo, ma soprattutto parto con la speranza di riportare con me storie di vita vissuta di persone che, invece, la traversata dal Nord al Sud del pianeta l’hanno fatta per ben altri motivi: quello della sopravvivenze e dell’affrancamento da una condizione di inferiorità culturale ed economica in cui la realtà in cui erano nati e cresciuti da bambini li avevano predestinati. Oltre a ciò, vorrei anche cercare di capire come i figli di chi arrivò da migrante hanno saputo andare oltre la sopravvivenza e l’agiatezza economica frutto di sacrifici e determinazione per approdare a ciò che oggi da noi definiremmo classe media. Nello scrivere questa premessa, non posso fare a meno di ricordare delle persone che mi accolsero nel 2003, pur non conoscendomi, come figli e fratelli. Zia Maria Scandizzo, figlia di Giovanni fratello di mia nonna Carmela, e suo marito Emilio che la sposò per procura nel 1956 e le staccò il biglietto sul piroscafo che partì da Napoli e la portò nell’altro mondo. Insieme hanno superato ogni avversità e difficoltà che sono facili immaginare. A cominciare dei primi due anni che Emilio trascorse nelle piantagioni per onorare il contratto imposto dall’immigrazione. Mi piace anche ricordare il sorriso e l’allegria di Demetrio, fratello di Maria e di altri sei figli di Giovanni, alano di Rofrano, tutti residenti a Melbourne. Formalmente era un mio zio di 2°, ma nella realtà un vero fratello e compagno di un breve tratto vita. Ci ha lasciato alla fine del 2016 lasciando un grande vuoto nella sua famiglia e un pungente rimpianto nel cuore di chi lo ha conosciuto. Non lo troveremo ad aspettarci all’aeroporto al nostro arrivo. Né potremo rivivere momenti di vera euforia come quelli già passati nel 2013. Partiremo mercoledì 11 gennaio dall’aeroporto Leonardo da Vinci di Roma, lasciandoci alle spalle un inverno gelido con il pensiero che nell’altro mondo ci aspetta un’estate da vivere e tanta gente da incontrare. Raccoglieremo racconti di vita, di speranze trasformate in realtà, di successi e di sconfitte, di storie diventate “leggende” e di fantasie diventate verità. Insomma, se ne saremo all’altezza, vorremmo registrare per noi e per quelli che lo vorranno, uno spaccato di Cilento trapiantato, in molti casi innestato, alla fine del mondo. Non sarà un “cammino” come quello di Santiago di Compostela fatto a piedi a luglio del 2014, nemmeno sarà solo un viaggio come quello fatto in Australia nel 2003. Vorremo che fosse un’esperienza di vita che comprenda tutto durante la quale metteremo alla prova noi stessi e molte delle certezze che ci illudiamo di avere acquisito finora. Chi vorrà seguirci, potrà farlo, sulla pagina Facebook “IO in cammino con TE” oppure sul sito www.unicosettimanale.it , e ancora sul nostro settimanale UNICO.
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