di Oreste Mottola
Era il 13 dicembre 2007 quando si fermò la vita di Luigi Di Lascio, professore universitario, politico ed intellettuale di Capaccio-Paestum. Entriamo quindi nel decimo anniversario della sua scomparsa, un tempo sufficiente per misurare la presa vera del suo messaggio. Non più di cinque anni fa il suo programma elettorale, quello della “Rinascenza” si trovò profuso in quello dell’amministrazione Voza. Fu un plagio oppure fu scelta voluta e meditata? Sempre qualche anno fa rimasi colpito da una canzone scritta per lui dall’amico comune Tonino Pecoraro e dalle note scritte per accompagnarla. “La vita di Gigino è stata un seme piantato nel nostro territorio. Ora l’albero è cresciuto. È un albero surreale, forse trasparente, un’ombra impalpabile, che a tratti va nel miscuglio della dimenticanza. Il suo albero traspira di legalità, giustizia sociale, folate di vento che sono un grido di rabbia o soltanto un argine verso il degrado ambientale, culturale, sociale. Prevenire e combattere, ci diceva spesso. A volte dei ragazzi passano sotto la sua casa come se calpestassero l’ombra del suo albero: fanno finta di niente, alcuni – ricorda Tonino Pecoraro – non sanno chi fosse, chi è stato, oppure sono soltanto distratti. Facciamo in modo che il suo nome, la sua memoria, il suo albero non cada nel dimenticatoio: dedichiamogli una strada, un edificio pubblico, mettiamo la sua faccia nell’aula del consiglio comunale. Se ricorderemo il suo nome, i suoi passi su questa terra, vedrete, il suo albero darà ancora dei frutti, sarà ossigeno per molto tempo”. Cercatela su you tube: “Gli occhi scuri della festa” di Tonino Pecoraro, Video e canzone scritta per Gigino. Chi può e chi deve cominci a raccogliere le idee e proposte per ricordarlo.
“Born in Magna Grecia”, era la frase con la quale si apriva il suo curriculum scientifico, on line nel suo sito da docente universitario. Nato nella Magna Grecia, perché al pragmatico uomo politico – Gigino è stato anche questo – si deve la pedonalizzazione della strada che ancora oggi attraversa l’area archeologica, il parco pubblico della “Collinetta” al centro di Capaccio Scalo, l’acquisto del primo computer deliberato da un comune del salernitano, il primo concorso pubblico comunale – in piena prima repubblica – non addomesticato. E poi una straordinaria stagione di lotte per difendere l’ambiente culminate nei giorni nei quali si andò ad incatenare alle piante d’eucalipto a rischio di taglio. Segue la “madre di tutte le battaglie”, la lotta per dare a Capaccio – Paestum il piano regolatore ideato dall’architetto Airaldi. Dal 1975 al 1990 mentre nei dintorni andava avanti la poderosa macchina da guerra della cementificazione del possibile, la fascia costiera, e dell’impossibile, le terre vicino ai templi, c’era un gruppo di giovani, guidati da un professorino brillante assai, che parlava un’altra lingua e voleva un altro sviluppo per le terre che circondavano la più bella delle città della Magna Grecia. Li guidava Luigi Di Lascio, figlio di braccianti agricoli che nel 1973 si laurea in fisica con specializzazione nelle particelle elementari con una tesi che meritò la lode. I genitori gli imposero il nome di un avo, conosciuto per la spiccata intelligenza ed arguzia. E lui onorò al meglio gli auspici onomastici. La scuola, l’informatica e la matematica, si presero subito il suo gran talento. La prima parabola politica finì così così. Di Lascio assiste finché può Airaldi. Lascia la politica attiva per animare “Menabò”, una bella stagione decennale d’informazione locale ancora insuperata. E’ attivo dentro la sua comunità: è nella parrocchia e nella Croce Rossa. Fino al 1994 insegna presso i licei scientifici di Buccino, Vallo della Lucania ed Agropoli. Per i successivi due anni gira l’Italia a fare il formatore per i docenti che dovranno portare l’informatica nelle scuole. Dal 1996 Antonio Gisolfi lo vuole con sé presso la cattedra di matematica ed informatica, a Fisciano. Dopo il 2003 gradatamente torna sulla scena politica locale. Accompagna le attività di Sergio Vecchio, Angelo Fasano ed Enza Marandino, si affianca alle lotte di Legambiente di Lucio Capo e Pasquale Longo. Lo fa sempre a modo suo. Un esempio? “La dimostrazione matematica dell’esistenza di Dio secondo K. Godel, conferenza a cura del professore Luigi Di Lascio”, diceva il cartello che dava appuntamento nella sala conferenze della biblioteca comunale di Capaccio Scalo. E’ il 30 marzo, di venerdì, con trenta – quaranta persone, discutere di religione e filosofia per un’intera serata. Sì, perché Gigino Di Lascio, come nella sua Capaccio era universalmente conosciuto, prima di tutto era francescano: a San Francesco D’Assisi fece intitolare perfino il suo condominio. Poi fuzzysta, un linguaggio che unisce matematica e logica, una disciplina che lui andava ad insegnare in serie università inglesi ed americane e che oggi serve per creare software biomedico. Sui sistemi fuzzy il primo corso universitario in assoluto, in Italia, lo ha tenuto lui. E poi? Era un “anticotrenista”, una strana congrega che discetta di binari e difende i diritti dei pendolari, con alla testa, “ma senza tessere, dirigenti e gerarchie” l’amico Sergio Vecchio, nato in una stazione, ed altri pendolari. La sua massima di vita? “Prima di tutto viene la modestia, perché così qualche cosa sempre l’accucchi”. Voleva dire l’accumuli, la metti assieme. E poi “Tutto si può fare”. Gigi Di Lascio amava incastonare la parola cilentana nel suo discorrere. Comunista? Da ex sessantottino lo era stato, e c’è ampio materiale per ricordarlo, ma la preminenza l’aveva data sempre al cristianesimo. Sempre accompagnandosi con l’ironia e la lievità. Nelle occasioni conviviali era trascinante. Era stato anche il fondatore della Croce Rossa locale, vi ha lavorato per anni, dalle 6 alle 14, ogni domenica. “L’unica cosa che mi dispiaceva era vedere che gli autisti delle autoambulanze che correvano troppo. Era necessario, però…”. Era anche fra i difensori della Costituzione del 1948, animatore della battaglia per riaprire il cinema Myriam. “Una vita tra scienza e politica”, titolò “Il Mattino” e sono sicuro che questa volta avrebbe approvato, magari usandolo come slogan per l’ultima campagna elettorale della sua vita, arrivata ad oltre trent’anni da quelle vissute ai tempi del “Passato davanti a noi”, il bel romanzo di Bruno Arpaia, edito da Guanda. Era arrivata a sorpresa l’ultima campagna elettorale. I soliti gruppi di potere però decisero di togliersi dalle scatole Enzo Sica, sindaco scomodo, e tutto ebbe un’accelerazione. Pieno d’energia ed entusiasmo Gigino si presentò alla battaglia. Candidato a furor di popolo. Anzi di manifesti firmati da centinaia di cittadini. Sulla soglia dei sessant’anni confessava di avere il sogno di avere la parte in un film o recitare in una commedia teatrale. Con Andrea D’Ambrosio e Alberto Franco ci lavorava ad un film – documentario sul pellegrinaggio a piedi – del 15 agosto – della gente della Piana del Sele verso la Madonna del Granato. C’era sempre, in prima fila, da semplice fedele. “Prima o poi incontrerò un greco antico, vestito di bianco e con i sandali ai piedi, che si unirà a me”, confida ad Andrea D’Ambrosio. Con quasi 2mila voti la gente di Capaccio gli dimostrò affetto. Non poteva vincere Gigino. Gli mancavano le truppe, poche e disorganizzate, ed i nemici sono ancora troppo potenti e, soprattutto, ricchi. Generose ed ardite le sperimentazioni che lui portò avanti. Si va dalla lista di sole donne ad un programma da tutti giudicato “bellissimo”. Ciò che gli stava a cuore era “la rinascenza”. Non molti hanno capito quel suo slogan tormentone. Era il voler infondere nella moderna Capaccio lo spirito che animava la più bella delle città della Magna Graecia nel suo periodo di massimo splendore. Quando vi venne inventata la democrazia. E nessuno si ammalava, lo raccontava agli interlocutori increduli. Ecco cos’è stato Gigino Di Lascio. Antico e moderno allo stesso tempo. Uno di quegli antichi pestani sapienti che lui sognava di incontrare e che invece noi avevamo fra di noi. E moderno. Born in Magna Grecia.