di Giuseppe Liuccio
Nell’antica Poseidonia visse e tenne bottega Asteas, una singolare figura di artigiano/artista. Si impose, pare, prevalentemente nella pittura vascolare di anfore ed oggettistica varia per arredo di templi e case e corredo di tombe. Non è da escludere che molti dei reperti non firmati siano da attribuire a lui e alla sua scuola. Il Maestro testimonia, comunque, che nella città antica fu fiorente l’artigianato che lavorava l’argilla, di cui il territorio era ricco. Oggi, disonorandone la memoria, noi consentiamo che negozi accorsati e chioschi improvvisati espongano paccottiglia, non tutti in verità, di basso conio, appannando e sfregiando l’alta cultura e la nobile tradizione storica di Paestum. Ed ignoriamo che spesso arrivano nell’area archeologica gruppi di turisti stranieri di buon livello culturale, che atterrano all’aeroporto di Capodichino, non ancora, purtroppo a Pontecagnano!, con voli charter e, irreggimentati in bus da escursione, approdano nella nostra città, s’inebriano dello spettacolo unico ed irripetibile dei templi dorici che catturano e rifrangono sole nell’ocra dei timpani e delle colonne scanalate, metabolizzano schegge di storia prestigiosa nella lenta processione a scoperta di reperti preziosi prigionieri in nicchie di bacheche trasparenti e di pitture a corredo di tombe di simposiarchi goderecci e nobili guerrieri. Ma si turbano anche all’esposizione sconcia ed ingombrante alle statue di ninfe e dee, di eroi e dei, di brocche stilizzate e di anfore panciute di varia dimensione. E se ne tornano ai propri paesi di origine con questa immagine ambigua dell’Italia del Sud:un nobile prestigioso passato violentato, però, impunemente nel presente in cui la fanno da padroni ai volte, dei cialtroni, tollerati e spesso protetti dai Pubblici Poteri. E, alla malora cultura e memoria storica, che sono, o dovrebbero essere, gioielli da esporre ed esaltare in un progetto di promozione del turismo di qualità.
E se ipotizzassimo un “MUSEO DELL’ARTIGIANATO DELLA KORA PESTANA”, da intitolare, manco a dirlo, ad Asteas, con annessa mostra mercato permanente, e che faccia leva sui mille mestieri e relativi prodotti della lavorazione della pietra e del ferro, del vetro e dell’argilla, dei vimini e del legno, del corallo e dell’erba sparto e dessimo, così, voce, visibilità e protagonismo a incisori e cesellatori, fabbri e falegnami,cestai e vetrai, come anche al variegato esercito di ricamatrici, che perpetuano,nel chiuso delle case, l’arte paziente di mamme e nonne? Sarebbe una bella scommessa da vincere per amore della tradizione, ma anche nella consapevolezza che, riannodando i fili con il passato, si riscoprono gli antichi mestieri, sì, ma si offrono ai giovani idee ed occasioni per nuova occupazione correndo l’avventura della piccola imprenditoria. Con il termine Kore (cosa ben diversa da Kora=regione, territorio) gli antichi greci indicavano la ragazza, bella, elegante, perfetta nell’armonia delle forme e per lo più vergine. Le ragazze con queste qualità veneravano la dea omonima KORE (Persefone e/o Proserpina?), nella cui bellezza si identificavano. Nella nostra società che privilegia l’apparire ed i clamori della pubblicità gli stilisti creativi hanno eletto KORE a dea simbolo della moda e nel suo nome organizzano sfilate che accendono i riflettori sulle modelle, forse non tutte vergini (come le fanciulle antiche), ma di sicuro bellissime elegantissime e perfette nell’armonia delle forme e delle movenze. Il tutto nella cornice magica dei siti archeologici o, comunque, di pregio monumentale, che abbiano il fascino sottile dell’arte e della bellezza, trasmettendo emozioni. Paestum, ma anche alcune località della kora, e penso a Piazza Tempone a Capaccio capoluogo, alla Piazzetta panoramica di Trentinara, al monastero benedettino, con annesso anfiteatro all’aperto di Giungano, hanno tutti i titoli per eventi del genere; e, quando, nel recente passato, se ne è organizzato qualcuno, ha avuto successo. Ma dirò di più:Paestum può offrire nome e punto di riferimento per una linea di moda:tuniche e pepli e tutto il ricco e vario abbigliamento di fanciulle e matrone che arabescano pitture vasc olari, metope e lastre tombali offrono ampia materia di ispirazione di ideazione e realizzazione di una “linea pestana” della moda e della cosmesi da far impallidire i più estrosi stilisti italiani e stranieri. Ci provò Palimuro con i “pareo” che furoreggiavano nel Club Mediterranèe degli anni sessanta ed invasero spiagge e coste di mezzo mondo. Ci ha provato Positano e con le “pezze” ha creato un “cult” ed architettato un business di proporzioni enormi. Perché non può farlo Paestum, che può spendere sul mercato un nome che vale un tesoro, attingendo allo scrigno inesauribile dei costumi degli antichi? Potrebbe collegarsi, tanto per cominciare, con le Scuole Nazionali e le Accademie di Moda o, molto più semplicemente, istituire una sezione staccata ad uno qualsiasi degli Istituti Professionali del settore (ce ne sono di buoni anche nelle vicine Salerno e Napoli, e qualcuna da non sottovalutare nella vicina Vallo della Lucania, dove insegnano professoresse creative e motivate( penso, tanto per fare un esempio all’amica Carmen Lucia, ma non è la sola, ovviamente). Di certo non manca sul territorio il materiale umano, le ragazze, cioè, vivaci di intelligenza e sveglie di fantasia, che vogliano tentare strade nuove ed originali per inserirsi con serietà e professionalità nel mondo del lavoro, realizzandosi, anche, nella orgogliosa scoperta delle proprie radici. E, allora, diamoci sotto. Sono sicuro che, buttando giù un progetto credibile ed affidabile, si troveranno porte aperte e disponibilità presso qualche sindaco con la voglia di fare onore alla fascia tricolore che indossa con etica della responsabilità, ed addirittura spalancate presso il giovane,intelligente e fattivo Direttore del Museo Archeologico di Paestum, Gabriel ZUCHTRIEGEL