di Massimiliano De Paola
Dalle nostre parti è un detto ricorrente il seguente: “Con un NO ti spicci, con un SÌ t’impicci”. In queste ultime settimane, per ovvi motivi, questa frase mi è rimbalzata in testa chissà quante volte e credo che sia capitato lo stesso anche a voi. Quella vocina risuonava eccome, pur senza far rumore, bussava all’orecchio con discrezione. In termini esemplificativi più o meno significa: Con un “no” ti liberi subito dal problema, con un “sì” ti c’infili dentro… Insomma, è meglio rispondere “no” che “sì”! Dalle nostre parti è un detto che va molto di moda.
Io sono un tipo molto curioso e non mi basta conoscere la risposta a una domanda, in genere non mi accontento. Voglio capire i motivi per cui si è arrivati a questo tipo di risposta e per scoprirli comincio a farmi io delle domande. Non è per complicarmi la vita o per complicarla agli altri, è per fare un po’ di chiarezza attorno alle cose. Molto spesso sono i dettagli che fanno la differenza!
Avete provato a fare un’analisi del voto del 4 dicembre che vada oltre il semplice SÌ o NO? Un’analisi fatta anche a livello territoriale, economico e sociale? Io si, ci ho provato dopo essermi posto alcune domande. Dai risultati delle urne è strachiaro, straevidente che i giovani e il Sud hanno bocciato la riforma costituzionale. Dalle nostre parti a bocciare la riforma sono stati i giovanissimi, soprattutto i 18enni e comunque gli under 34. Ma perché lo hanno fatto? Cerchiamo insieme di capire le reali motivazioni di questo risultato. A me appare del tutto evidente il fatto che i giovani del Sud stiano vivendo una situazione di disagio che non può essere ulteriormente sopportata e tollerata. Pochi sono i fortunati che hanno un lavoro stabile tanto da permetter loro di guardare al futuro oltre il mese o il trimestre. Per tanti giovani il futuro è quasi diventato un optional, è meglio non pensarci troppo così da evitare facili capogiri. “Dobbiamo guardare al presente e stare con i piedi per terra per il momento, domani si vedrà”, questo ti dicono! E poi, con la scusa della crisi, il lavoro sommerso è sempre lì pronto per essere occupato. Per quello non esiste crisi! Provi a chiedere a ragazzi e ragazze se hanno partita iva, 1 su 10 ti risponde di si. E gli altri che fanno? Beh, qualcuno è tra quei fortunati che possono guardare al futuro con una certa serenità. Costoro hanno tutte le competenze per fare bene un lavoro dipendente e soprattutto tutti i diritti grazie ai quali poter programmare qualche investimento per il futuro e pure qualche momento di svago fuoriporta nel corso dell’anno. Ma la maggior parte di essi o è fuori dal mondo del lavoro oppure ci sta dentro ma INPS e INAIL li conosce solo di nominata e quando nei tg parlano di APE per i neopensionati, se hanno a portata di mano il telecomando, tendono a girare canale, soprattutto quando dai tg esce fuori che “i giovani oggi sono più poveri dei loro padri e dei loro nonni e saranno i poveri di domani quando andranno in pensione”. Non c’è molto da stare allegri. Eppure il livello di istruzione dei giovani oggi è di gran lunga superiore rispetto al passato, sebbene qualcuno, vicino al traguardo, si perda per strada prima di concludere gli studi universitari, deludendo le proprie aspettative e quelle dei propri genitori che ci hanno messo pure tanti soldi.
Ci si sposa sempre di meno ed un terzo dei figli non ha genitori sposati, ma questo dato va letto in ottica nazionale. Comunque anche questa è la conseguenza di ciò che ho illustrato finora. Tornando a noi, i nostri sono paesi di piccole dimensioni. Ciò comporta un’arretratezza di fondo, essendo lontani dai grandi centri metropolitani. Ma se da un lato mancano le grandi opportunità che si possono cogliere nelle grandi città, dall’altro lato c’è almeno il sollievo che nei momenti di crisi puoi far ricorso al tuo pezzetto di terra (tutti bene o male ne hanno uno nei nostri borghi), basta avere buona volontà e spirito di adattamento. Dalle nostre parti non si può dire che ci si muore di fame, questo no, assolutamente no. Forse i nostri meravigliosi prodotti non sono adeguatamente valorizzati, ma questo è un altro discorso che affronteremo con i dovuti approfondimenti in un’altra occasione.
Con almeno una quindicina di anni di ritardo rispetto al Nord, stiamo assistendo alla nascita di diversi grandi Centri Commerciali. Credo che sia un buon segnale per il nostro territorio, daranno in parte ai nostri giovani quelle occasioni di lavoro che sono mancate negli ultimi anni. Saranno i nuovi Centri Commerciali a competere tra i loro d’ora in poi, mentre i piccoli negozietti dovranno reinventarsi se non vorranno chiudere. È l’altra faccia della medaglia.
Quando siamo entrati nel nuovo millennio ci avevano fatto credere che la globalizzazione ci avrebbe reso tutti più forti e meno vulnerabili, ma poi è arrivata la crisi e tutto è cambiato. La globalizzazione è un processo d’interdipendenze economiche, sociali, culturali, politiche e tecnologiche i cui effetti positivi e negativi hanno una rilevanza planetaria, tendendo ad uniformare il commercio, le culture, i costumi e il pensiero. Tra gli aspetti positivi della globalizzazione vanno annoverati la velocità delle comunicazioni e della circolazione di informazioni, l’opportunità di crescita economica per paesi a lungo rimasti ai margini dell’economia, la contrazione della distanza spazio-temporale, e la riduzione dei costi per l’utente finale grazie all’incremento della concorrenza su scala internazionale. Gli aspetti negativi sono il degrado ambientale, il rischio dell’aumento delle disparità sociali, la perdita delle identità locali, la riduzione della sovranità nazionale e dell’autonomia delle economie locali, la diminuzione della privacy.
Dietro a un SÌ o a un NO c’è la vita di milioni di persone in carne ed ossa. Io ho provato a darmi delle risposte più convincenti e articolate e ad illustrarvi il mio punto di vista sul referendum costituzionale del 4 dicembre scorso.