di L. R. Chi e cosa attendere? È la domanda che si ripete in questo periodo dell’anno riflettendo sull’Avvento. La Chiesa fornisce lo spunto per una pausa rispetto alla vita frenetica e a volte trasgressiva per il piacere di gustare una libertà senza limiti, scelta che, anche se non contraddistingue il nostro quotidiano, sovente appare senza meta e, di conseguenza, priva di gioiosa serenità. Nel profondo dell’animo non di rado si sente l’esigenza di cambiare mentalità. A sostegno di questo proposito viene l’Atteso, ma subito determina sconcerto nel nostro orgoglioso animo di uomini del XXI secolo baciati dal progresso. È un bambino, appena un germoglio, come da millenni ripete il profeta. Non è insolita la reazione di chiusura per la presunta offesa alla nostra intelligenza e così non poniamo attenzione alle avvincenti caratteristiche di questo infante dalla illuminante sapienza, abile nell’aiutare a discernere perché genera nell’animo fortezza grazie alla conoscenza che garantisce trasformandoci in timorati di Dio. Una lettura anche superficiale della Bibbia, fonte di perseveranza e di consolazione, aiuta ad infondere speranza e la generosa capacità di una vicendevole accoglienza per la disponibilità a servire il fratello bisognoso. L’Avvento diventa così tempo di attesa e di ricerca in grado di cambiare il cuore dell’uomo, il modo d’essere di una comunità se si riesce a vedere, sentire, agire andando oltre le apparenze alla ricerca di senso. Questo salto qualitativo viene raccomandato da Battista, uomo di penitenza e coerente rigore, virtù delle quali oggi si sente ancor più la mancanza. La sua voce attraversa il deserto dell’anima trasformandosi in impellente chiamata se, facendo silenzio intorno a noi, ci predisponiamo ad ascoltare il sibilo di questo vento-spirito che sollecita la conversione, cambiare mentalità e, facendo penitenza, impegnarsi per preparare le vie del Signore. È una scelta radicale che implica di cominciare a fidarsi meno di noi e più di chi ci prende per mano per guidarci lungo una via che impone di fare un salto qualitativo per acquisire un’attitudine di ascolto ed accogliere il Diverso, il cui Regno è vicino come, col Battista, asserisce anche Gesù. Ci si propone di divenire profeti con gli occhi fissi su un mondo nuovo intessuto di rapporti buoni e felici. Perciò vale la pena osare; del resto è legittimo ammantarci di speranza perché esso è prossimo. Ecco la buona novella: Dio è vicino, è accanto a noi, pronto a consolare mentre impianta una nuova architettura di rapporti. Molti potrebbero dire: illusioni, non è ancora realizzato! E’ vero, ma non importa. Il futuro ci porta Gesù, incarnazione di Dio, col quale realizzare una intima relazione come il pane che mangiamo. Egli battezza nello Spirito e così c’immerge nel mare di Dio. Perciò l’esigenza della conversione, la necessità d’iniziare il viaggio non è frutto di un comando, ma conseguenza della seduzione operata dalla Luce, che è già qui. La conversione è una opportunità per abbandonare ciò che fa male all’uomo. Ne consegue l‘efficacia dell’imitazione di Giovanni anche se si tratta di un marginale rispetto alla società e alla religione del suo tempo. La sua denuncia dei poteri religiosi e politici prova che egli non è stato un uomo integrato nel sistema, come tutti i grandi profeti è vissuto in un mondo alternativo parlando in modo ispirato e nuovo perché non era un epigono del contesto dominante dal quale, invece, si era autoescluso. Egli ha preparato la sua via senza esitare quando ha ritenuto necessari denuncia e rigore impartiti con la coerenza che gli derivava dall’autorità di non essere un integrato. La Bibbia ci mostra l’umanità in cammino verso il nuovo in una costante tensione tra promessa e compimenti successivi nella consapevolezza che i tempi non sono tutti identici. L’Avvento ci spinge a polarizzarci verso il futuro che ci attende oltre l’esodo. Su questo cammino della storia avvengono mutazioni straordinarie; c’è crescita e maturazione “verso Colui che viene” indicato appunto dal Battista. Egli sorprende sempre perché è il nuovo che arrivando crea problemi al nostro senso di sicurezza, ai nostri principi, certezze e abitudini per cui, nonostante le delusioni della vita, non osiamo cambiare e credergli perché ci fa paura. Giovanni svolge la missione di ricondurre verso ciò che nasce, ciò che viene, il Figlio, il Cristo, che è l’avvenire assoluto che ci libera dal passato e ci fa scegliere di vivere ad immagine di Dio. La conversione diventa così morte della morte, cioè vita nuova. Ne consegue che è veramente possibile festeggiare il Natale se ci apriamo al nuovo persuasi che è prossimo il Dio che viene.
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