di Moncil
Come i nostri elettori sanno, Unico non ha trattato
nel merito la tematica referendaria in quanto ci è sembrato già abbastanza inflazionato il mondo dell’informazione sull’argomento.
Ma il risultato che ha visto prevalere le tesi dei NO contro la proposta del SÌ e le sue ricadute sulla vita quotidiana di tutti noi e, soprattutto, della realtà territoriale in cui viviamo la nostra quotidianità mi porta a fare alcune considerazioni.
La prima riguarda, ancora una volta, la scarsa partecipazione al voto da parte del Meridione, in generale, e dell’area compresa nel perimetro del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, in particolare. Anche in presenza di una oceanica partecipazione al voto a livello nazionale, il nostro territorio ha rilevato una partecipazione modesta al voto e, al contempo, chi è andato a votare ha premiato la compagine che militava sotto le bandiere dei NO.
La seconda si riferisce ai motivi che hanno indotto la maggioranza a preferire un voto che ha tolto di mezzo un presidente del consiglio e un governo che in 2 anni e mezzo ha approvato, a parte le riforme elettorale, una serie di leggi che erano da lungo tempo attese ma languivano nel balletto tra Camera e Senato. In sostanza, il popolo sovrano ha preferito l’articolazione infinita dei motivi della conservazione dello status quo ai “timidi” passi avanti fatti nella direzione dell’andare oltre.
La terza considerazione è su cosa accadrà con il ritorno ad una politica fatta di melina e che lascia marcire i problemi fino a quando non siano essi stessi a sopravanzare la realtà. In fondo, quello che abbiamo imparato da questa catarsi elettorale è che ci preferiamo insensibili al futuro preferendo stare fermi al bordo della strada a fare l’autostop invece di avanzare, anche se solo a piedi, in attesa che passino i traghettatori con i loro alquanto sgarrupati mezzi di trasporto incapaci di contenerci tutti.
Con la speranza anacronistica, però, di poter trovare posto accomodandoci sullo strapuntino più confacente al nostro pensiero. Lì in compagnia di chi, più o meno, la pensa come noi, potremo indicarci gli altri che si muovono accanto, restano indietro o ci precedono felici di essere stati uno dei tanti NO che hanno abbattuto forse l’unica vera esperienza di governo che voleva traghettare l’Italia nella modernità della politica mettendola al passo con le tante esperienze scientifiche, imprenditoriali e culturali di cui, nonostante tutto, è ricco il nostro paese.
La “coalizione dei NO” ha fatto il pieno di voti provenienti da ogni categoria sociale. Incredibilmente, sono stati proprio i giovani a riportare a galla la vecchia guardia diventata pasdaran della “costituzione” dopo che per decenni ne hanno fatto strame.
Ed è proprio questo che lascia almeno l’illusione che, unitamente al Senato della Repubblica, i tanti NO accorsi alla chiamata “alle armi” per garantire il bicameralismo perfetto non abbiano la spudoratezza di voler ridicolizzare i principi fondamentali della “Carta” che, quelli sì, danno il senso di uno stato che sa conciliare le esigenze dei singoli con gli interessi generali.
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