di Giuseppe Liuccio Termina la sua corsa nella piana di Altavilla, ingrossando il Sele, le cui acque lente e paciose, vanno a miscelarsi, alla foce, nel mare dei miti e della storia, là dove approdò Giasone e scontò nel culto ad Era gli incubi della persecuzione/vendetta di Medea. Più su, nel pianoro vallivo di Controne e Castelcivita, accoglie le acque svenate dal cuore delle grotte con il carico di storia, leggende e miti dei primordi ingigantiti nell’immaginario collettivo. Nell’ansa di Mainardi, che nella bella stagione dimentica frane e smottamenti ed è festa di colorati pic-nic all’ombra amica di pioppi a carezza di brezza, rimanda l’eco antica di “signori” potenti nei castelli, Ettore Fieramosca in quel di Aquara, i Filomarino a Roccadaspide, e di pratiche devozionali esaltate in processioni affollate per San Lucido protettore, da un alto, e Santa Sinforosa con consorte e figli al seguito, dall’altro. Al Ponte Sette Luci è abbraccio a riso di trina d’argento con il Fasanella ed il Sammaro a conquista sospirata di vallata, dopo i percorsi tenebrosi nel ventre degli Alburni ed il successivo erompere a gloria di luce ed, infine, il tortuoso zigzagare tra uliveti e vigne. Nelle gole di Magliano e di Felitto è traslucida ferita dirupante nel verde della macchia, che brucia al sole essenze mediterranee, è tana sicura a ricovero di lontre, è musica/scroscio di cascata all’incanto dell’Oasi di Remolino, è fragore a dilavare rocce secolari alle radici del castello sull’abisso. A Ponto Rotto è litania per la processione di trote a libertà di nuoto nel letto ciottoloso, è sinfonia scrosciante nella gola a rievocare furori di ascetismo Santa Elena, Vergine Anacoreta di Laurino a pregustare felicità/estasi nei digiuni di Pruno a nuda roccia. È riso spumeggiante sotto il ponte, che è memoria di storia su a Piaggine con Santo Simeone sullo sfondo a gloria di sole alla facciata di chiesa antica a veglia di contrada. È rigagnolo murmure al Cervati a caracollo di petti di colline, a cantilena dolce nei fossati in gara/controcanto ai campanacci delle mandrie alla pastura brada. È il Calore, il fiume sacro alla Valle omonima, di cui raccoglie storie alle radici dei paesi e le racconta ad ondeggiante corso verso il mare. Chi pensa che sia un patrimonio solo della Valle sbaglia di grosso, perché nella storia e con la storia del fiume rivivono le gesta dei padri antichi ossificati nel dio guerriero dell’Antese a Costa Palomba e nell’arredo sepolcrale del lucumone Enotrio di Monte Pruno. Ed i ricordi del vissuto storico di un territorio più vasto si snodano per le antiche vie del sale e del grano con Velini e Pestani ad animare commerci fin lassù alla Sella del Corsicato per scivolare in comodo pendio verso il Vallo di Diano, risalire ancora verso Atena e, attraverso Grumentum, approdare alle coste ioniche di Sibari e Metaponto Oh, il percorso straordinario di sorprese della via antica a collegamento tra i due mari, il Tirreno e lo Ionio e che fu teatro della grande storia, di guerra e pace, di conflitti e tregue armate, di traffici sereni e razzie violente! È una storia da riscoprire ed esaltare anche per arricchire e diversificare la qualità dell’offerta turistica immettendo sui mercati un patrimonio straordinario, che dal mare penetra e si espande verso l’interno, Anche per questo, ma non solo, le comunità della Valle del Calore non sono, e non possono essere, indifferenti ai destini dell’Ospedale di Roccadaspide, che rischia un ulteriore declassamento o addirittura la chiusura/cancellazione. Sarebbe un palese ed eclatante atto di ingiustizia sociale, ad un territorio che ha già scontato e pagato la vergogna/scandalo alla lunga telenovela della Fondovalle, che nacque come strada di penetrazione dalla pianura alla montagna come occasione di sviluppo delle zone interne puntando sul turismo e non solo ed è, invece, diventata una macchina mangiasoldi ed un salvadanaio per imprenditori senza scrupoli e per politici d’ogni colore voraci e ed insaziabili “mazzettari”. E con il tempo i paesi dell’interno hanno registrato un continuo e preoccupante crollo demografico con nell’immediato futuro lo spettro pauroso della desertificazione. Sarebbe un ingiusto, ingeneroso, inqualificabile atto di ingiustizia sociale non solo, ma la morte civile di un territorio, che ha scritto belle pagine di storia e di economia nel Sud della provincia di Salerno, che da Paestum e Velia tracciò vie di comunicazione verso l’interno a prolungamento delle rotte del Mediterraneo che sapevano e sanno di Grecia e, quindi, di miti di dei e di eroi. Anche per questo, anzi soprattutto per questo, sono con cuore, anima e pensiero al corteo di protesta/proposta di Roccadaspide di sabato 19 p.v., e mi auguro e spero fortemente che ci sia una vasta partecipazione degli amministratori locali, a tutti i livelli, che una volta tanto potranno esibire la fascia tricolore con una motivazione più che nobile. Do per scontata la partecipazione massiccia della società civile e dei giovani che sono il nostro futuro. Spero che ci sia anche il Presidente del Parco del Cilento anche nella sua qualità di Sindaco di Sassano, che partecipa o dovrebbe partcipare attivamente allo sviluppo turistico e non solo del monte Cervati, che è il monte più alto della Campania ed una eccellenza del nostro turismo Ambientale. E il presidente del Parco lo sa o dovrebbe saperlo. Il problema non è o non dovrebbe essere indifferente al futuro politico amministrativo del comune di Capaccio/Paestum, così come uscirà dalle elezioni della prossima primavera, Se il turismo, soprattutto cuturale ed ambientale, è un segmento importante per l’economia del territorio, i futuri amministratori dell’antica Poseidonia debbono assolutamente colmare la lacuna da ANALFABETISMO DI RITORNO sul piano storico culturale sulle risorse delle zone interne, mettendo in rete un processo di osmosi e di interscambio tra costa, collina e montagna. Mi auguro fortemente che ne siano consapevoli e si attrezzino di conseguenza. Ma su questo tornerò a breve, anche perché sono fermamente convinto che è in discussione il futuro dell’intero territorio. Nella sera che annotta nella valle la lontra a fuoriuscita dalla tana Perlustra cauta anse del Calore. Vi si specchia la luna dal Cervati a gara di chiarore a prima neve. Aquara ride a grappoli di luci. Lucciole d’oro in volo sui coltivi: ulivi e vigne a scivolo di fiume. San Lucido protegge e benedice Federico furente alla vendetta della congiura/orgoglio di baroni. E Fieramosca, a gloria di eroismo, qui resse feudo a guida illuminata. E con la brezza alita la storia. Giuseppe Liuccio [email protected]
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