Di L.R. Domenica scorsa il Vangelo ci ha presentato l’incontro tra Gesù e i Sadducei motivato dal desiderio di vendetta di costoro per l’amaro di precedenti rimproveri. E’ un finto dialogo, senza possibilità d’intesa perché i benpensanti si propongono solo di umiliare il giovane rabbi. Questi è appena arrivato a Gerusalemme e viene interrogato dal potente gruppo di conservatori, i quali si distinguono nel panorama culturale e religioso di Israele per essere degli accesi ed intransigenti tradizionalisti legati ad una lettura fondamentalista delle Scritture, delle quali privilegiavano il Pentateuco, ritenuto santo, ridimensionando la portata religiosa e normativa dei libri relativi ai profeti e gli scritti sapienziali. Perciò, non trovando la parola resurrezione nella Torah ne rigettano l’idea, a differenza dei farisei e degli esseni, che la ritengono il destino ultimo dei giusti. Per mostrare l’assurdità dell’assunto i Sadducei utilizzano un apologo paradossale e citano il levirato per ridicolizzare la credenza senza rendersi conto che, in tal modo, proprio facendo riferimento al loro apologo riducono la vita a mera opportunità per la sopravvivenza del patrimonio genetico dell’uomo da trasmettere da padre in figlio. Per tutta risposta Gesù conferma l’importanza della fede nella resurrezione e le conseguenze per l’uomo. Del resto, Cristo è la primizia, il Risorto che rivela a tutti un aspetto decisivo e inevitabile dell’esistenza. Rispetto al mondo che passa, Gesù descrive la novità del Regno. Nel valutarne intensità e profondità dei rapporti occorre concentrarsi sul dono di amare con il cuore di Dio. Egli invita a volgere lo sguardo oltre l’orizzonte del visibile per trovare il Regno promesso come fa col ladrone pentito. Disponibili, in questa vita, all’impegno nelle opere di misericordia verso gli altri, si viene ammessi alla ri-creazione, alla trasfigurazione radicale, una situazione assolutamente nuova e diversa, nella quale cessa l’attività per la prosecuzione della specie in quanto non si morirà più. Gesù contrappone un mondo nuovo non per dire che finiranno gli affetti, ma per sottolineare che l’unico a persistere per sempre, quando non rimane più nulla, è l’amore. I risorti vivono la gioia umanissima e immortale di dare e ricevere amore perché amare è la pienezza dell’uomo e di Dio, che vince la morte e ci rende per sempre suoi figli. Questa premessa aiuta a comprendere dove si nascondono e come operano i sadducei odierni. Un dottore in teologia da trent’anni, facendo riferimento alla stessa fonte dei sadducei, ha ritenuto le tremila e più scosse di terremoto, che hanno angustiato da giorni tanti italiani, un meritato castigo divino. Anziani, donne e bambini sotto le tende, al freddo pungente e con un crescendo di paura man mano che la notte cala, sarebbero meritevole oggetto dell’ira divina e per colpe commesse da altri! Si è tentato con i pannicelli caldi di prendere le distanze da tali assurdità teologiche, ma la emittente radiofonica che ospita questo tipo di illuminanti omelie non è nuova ad affermazioni che lasciano stupefatti. Se va accolto l’invito del padre domenicano in questione a ripassare il catechismo, è opportuno anche consigliargli di dare per primo l’esempio rileggendo anche le opere di un suo illustre confratello. Intanto sarebbe auspicabile che l’emittente cattolica, la quale si è scusata dissociandosi dalle frasi incriminate con la motivazione che si tratta di espressioni di un conduttore esterno fatte a titolo personale, si proponga di non commettere più svarioni come quello che l’ha catapultata sulle prime pagine dei giornali. Nella settimana trascorsa sono stati all’opera anche sadducei più sofisticati, pronti a criticare il viaggio del papa in Svezia ed il suo anelito ecumenico temendo la deriva protestante. Eppure Francesco ha precisato che Riforma e Scrittura sono due aspetti della Chiesa di Roma, perciò la tradizione luterana potrebbe costituire uno stimolo a ricercare nella propria ulteriori tesori. In una prospettiva storica si può convenire che il gesto di Lutero sia avvenuto in un momento difficile per la chiesa ai cui vertici operavano personaggi i cui limiti morali sorpassavano quelli che biografie di parte hanno enfatizzato in Lutero. Inoltre occorre ricordare che la Chiesa non cresce per proselitismo, ma per attrazione, come ha ricordato il papa emerito. Invece, le parole ascoltate via radio hanno determinato una risentita e giustificabile repulsione! Francesco ha ricordato “Non si può essere cattolici e settari”, parole destinate a creare nuove discussioni tra chi sembra non gradire le sue aperture, posizione che si registra anche nella nostra diocesi tra laici devoti, sconcertati dalla franchezza delle parole del pontefice, e in alcuni esponenti del clero, i quali, eventualmente silenti e cinici, attendono l’evolversi della situazione ritenendo che il tempo possa far prevalere la loro asettica e per nulla misericordiosa verità.
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