Di Sergio Vecchio
La tomba del tuffatore, superstar di Paestum, dopo una lunga tournée, ritorna finalmente a casa, nella sala “Mario Napoli”, elegantemente ristrutturata e (ri)messa a punto a cura dell’aiuto di un privato Antonio Palmieri, che rappresenta un intelligente esempio di come un colto mecenatismo possa, nell’immediato futuro, contribuire alla valorizzazione e al recupero di beni culturali del territorio in collaborazione con le istituzioni.
Inoltre, all’esterno, di fronte alla tomba del tuffatore, ritorna al suo antico splendore l’opera di Carlo Alfano (realizzata nel 1970) commissionata dall’architetto Giovanni De Franciscis che, dopo Ezio De Felice, curò negli anni fine sessanta/settanta, l’ampliamento del museo e fortemente voluta dal grande archeologo Mario Napoli. Un esempio altissimo di dialogo tra un pittore del 470 a.C. (all’interno) e un artista contemporaneo (all’esterno).
L’opera di Carlo Alfano, finalmente ora valorizzata come merita, consiste in cinque cilindri di diverse altezze, due in plexiglas trasparenti ripieni d’acqua e tre in acciaio lucido che affondano con le basi nel supporto e nell’acqua. Un sesto cilindro, in acciaio, è posto fuori dalla vasca, sul lato sinistro del percorso tra il verde che procede dall’esterno, segnale spaziale d’ingresso ad un’area sacra, nella quale le antiche pitture si affiancano, attraverso un basso parapetto, sulla presenza storica di Carlo Alfano, tra i maggiori artisti europei del contemporaneo.
Il rapporto con la pittura della “tomba del tuffatore” è diretto, l’acqua è l’elemento ideale che unisce le due opere.
La cerimonia di presentazione del restauro si è arricchita inoltre delle dichiarazioni del direttore del Parco Archeologico di Paestum, Gabriel Zuchtriegel, che ha annunciato, a breve, ricerche archeometriche atte a stabilire l’esatta attribuzione delle lastre dipinte, in particolare quella del tuffatore (ma non è greca come sostiene Mario Napoli?) e quella delle “Palmette”, scoperta nel 1998 da Marina Cipriani, di almeno, vent’anni prima della più celebre del Tuffatore, appartenente ad una donna accanto alla quale due lekyton (contenitori di profumi). Ma ciò che più ha colpito nelle dichiarazioni di Gabriel Zuchtriegel è la sua determinazione nell’indagare su laboratori legati alla tradizione del territorio e dei decoratori locali atti a dimostrare una produzione in loco delle lastre. Una ricerca in questo senso abbastanza nuova e interessante, condivisibile tanto più che, a proposito di laboratori “locali” esistevano pure quelli delle fornaci per la cottura delle ceramiche (di cui si avvaleva, tra gli altri, il pittore Assteas) sui laboratori dei “decoratori, umilmente definiti tali, non ancora “pittori” e su quelli dei ceramisti esiste un lungo silenzio da parte dei ricercatori che per anni hanno snobbato, perché ritenuti irrilevanti, questi temi.
Auspicapile sarebbe dunque avere testimonianze di laboratori di pittura (per meglio dire di “decorazione”) qui a Paestum con una propria autonomia stilistica ed una propria scuola di pensiero. Infine ci sembra interessante l’idea del direttore del Parco, con i fondi a disposizione, e con l’auspicabile aiuto di privati, di continuare la lezione di Mario Napoli. Cioè creare un museo vivo e aperto al presente e al futuro, non chiuso in se stesso, che apra all’arte contemporanea, in cui antico e moderno siano un perenne dialogo. In questo senso è auspicabile che esperti del settore (dell’arte contemporanea) e dell’Antico, coordinati da Gabriel Zuchtriegel, collaborino con il direttore del Parco per una programmazione di alto profilo culturale per un grande futuro del dorico di domani. Ma di questo parleremo e svilupperemo l’argomento in altre occasioni. E di questa apposita commissione culturale e scientifica in questo senso e sulla metodologia di nomine della stessa. Un evento prossimo, in programma per fine ottobre 2016 nella ex-fabbrica CIRIO, promosso per l’appunto da Gabriel Zuchtriegel, può/potrebbe già costituire una prima pietra su come arte contemporanea, archeologia classica e industriale, possano camminare ancora insieme.